Giovanni Levanti

È architetto nato a Palermo nel 1956. A Milano ha collaborato con Andrea Branzi e aperto il suo studio nel 1991. Ha lavorato con firme importanti del design come Cassina, Campeggi, Edra e Memphis, ed esposto in alcune delle principali istituzioni e gallerie italiane. Ha un cognome che racconta l’origine di tutto e un legame speciale con la bellezza, in cui vuole credere.

Se la Sicilia fosse un oggetto, che cosa sarebbe?
Un treppiedi, su cui mettere di tutto. Oggi ci poggerei una macchina fotografica per scattare fino a che la memoria (millenaria) non risulti piena.

Meglio la leggerezza ironica o l’ironia leggera?
La leggerezza ironica, la delicatezza e il buon senso che ammiccano, la levità che porta al pensiero, la grazia che sorride.

Meglio il buonamente bello o il bellamente buono?
Meglio il bellamente bello: dobbiamo crederci. Se il bellamente bello vincesse non avremmo bisogno del buonamente bello (che ha le sue buone ragioni) e del bellamente buono (che ha le sue belle ragioni). Come non dare ragione al siculo e geniale Nino Frassica: “Non è bello ciò che è bello… ma che bello, che bello, che bello!” Ah, la bellezza….!!!

Se un siciliano pronunciasse “industrial design” come suonerebbe?
C’è del sadico in questa domanda… (!) Forse “intrusriàl desìgni”? Suonerebbe comunque come qualcosa di strano ai più, ma accolto sempre con sguardo curioso.

Con quel cognome, meglio est o ovest?
Al mattino occhi appiccicosi davanti a un sole abbagliante: la tua linea diretta e speciale con l’universo! Poi, la sera, la luna che sorge sempre da quelle parti. Forse un po’ assolato, forse un po’ lunatico… con lo sguardo a levante.

Legno o maiolica?
Oggi dico maiolica con un certo senso di colpa perchè credo di averla negli anni trascurata molto. Adesso mi piacerebbe davvero immaginare le maioliche più belle insieme a qualche produttore siciliano.

Cosa vuol dire “Cu mancia fa muddichi”?
“Chi mangia fa briciole”. Chi fa qualcosa lascia tracce, concetto questo da considerare sia in positivo che in negativo. Comunque, sempre meglio “fare”, anche perché  “A jaddina chi camina s’arricampa cu a’ vozza china”, “la gallina che cammina torna sempre col gozzo pieno”: chi non sta fermo torna sempre con dei risultati. Da applicare ovviamente in qualsiasi campo, dal sociale al sessuale.

Altri Giovanni illustri siciliani, chi scegli? Lentini, Verga o Falcone?
Quando 25 anni fa Giovanni Falcone veniva ucciso dalla mafia ero a Milano e quelle immagini devastanti mi arrivarono da un piccolo televisore in bianco e nero che avevo in casa. Fuori dalla finestra, intanto, il rampantismo euforico e il glamour della Milano da bere si stava consumando. Non so… In quegli anni ho cominciato a vedere sia la Sicilia che Milano in maniera più profonda e critica: amare sempre più il bello – non sempre conosciuto, talvolta trascurato o dimenticato – della Sicilia ed esplorare sempre più il bello – ignoto e aperto al futuro – che Milano mi alimentava.

 

Gaetano Di Gregorio

Nasce a Catania, vive a Caltagirone e si trasferisce a Venezia per studiare architettura. In bilico tra Venezia, dove insegna allo IED, e la Sicilia, tra tradizione e ricerca, si interessa al design di edizioni limitate, piccole serie e autoproduzione. Si definisce “irrimediabilmente terrone”, non sa cucinare il fegato alla veneziana ma ha idee molto precise su dove sta andando il suo progetto.

Non guardare su Google, con che verdura si fa la pasta alla siciliana?
C’è chi la vuole asciutta e chi la vuole in brodo. Per non scontentare nessuno, nel primo caso con il finocchio selvatico, che è l’ingrediente speciale della pasta con le sarde. Nel secondo, con le cime della pianta di zucchina, con cui si fa una minestra il cui nome mi piace più del piatto in sé: tenerume.

E con che frutto, il fegato alla veneziana?
Ammesso che sia un frutto, la cipolla, soffritta.

Sbagliato! Col fico… e comunque no, la cipolla non è un frutto! Cosa si vede in una cartolina della Sicilia?
Si vede una bustina simile a quelle che pubblicizzano i cosmetici: si apre e si annusa. Perché la percezione della Sicilia è sensoriale: profumo della prima pioggia di settembre nella campagna arsa, di limone appena colto, di mare al mercato del pesce di Catania, di fiori d’arancio a marzo, di zolfo di vulcano, di casa nei bassi poco illuminati…

Meglio Gaetano nel design, de Gregorio nel giornalismo, Gregoretti nel cinema, Gregotti nell’architettura o De Gregori nella musica?
Per avere un Gaetano nel design ci vuole un po’ di ciascuno di loro: Concita per promuoversi, Vittorio per vivere, Ugo per fare un po’ di cinema e di didattica (memorabili le sue “Lezioni di design”), Francesco (o meglio la musica) per disegnare.

Meglio essere un designer siciliano a Venezia o il designer (siciliano) Vittorio Venezia a Milano?
Meglio la prima, i ritmi lenti ed acquatici di Venezia sono più congeniali per un designer siciliano, a Milano si rischia di diventare produttivi come Vittorio (Venezia, ndr).

Il prodotto artigianale siciliano preferito?
Anche se sono di recente diventate un po’ di moda, le teste di Caltagirone. Sono ironiche ma anche utili, secolari ma sempreverdi. Raccontano la storia d’amore tra un moro e una palermitana, una passione che sfocia in crimine. Cosa di più autenticamente siciliano?

Prodotto di design industriale preferito?
Sicuramente un archetipo è la lampada Tizio di Artemide, che sin da bambino mi colpiva per il suo essere diversa da tutte le altre lampade da tavolo. Un piccolo trattato di design che mi ha ispirato molto.

 

Vittorio Venezia

Si laurea nel 2005 in architettura presso la facoltà di Palermo. Nel 2007 si trasferisce a Milano e collabora con diversi designer di fama internazionale e con con numerose aziende, tra le quali InternoItaliano, Moleskine, Alcantara, Falper, Meritalia. Ha vinto moltissimi premi importanti e non si è mai dimenticato della sua Sicilia, prendendo al volo ogni occasione di collaborare con le scuole, come l’Accademia Abadir di Catania, e artigiani locali. Nel 2015 fonda lo studio MartinelliVenezia con la compagna Carolina Martinelli.

Granita o falanghina?
Non rifiuto mai un buon bicchiere di vino, ma il confronto non regge. Nei pressi di Sant’Agata Li Battiati, vicino Catania, al Bar Alecci fanno una granita eccellente al gusto di cioccolato e pistacchio con panna, da accompagnare con una brioscina calda.

Tessuto o terracotta?
Entrambi, anche se ho più esperienza con la terracotta. Lavoro spesso con il caro Andrea Branciforti, un bravissimo ceramista di Caltagirone. Penso sia un materiale primordiale e ogni volta che immagino e poi realizzo un progetto in terracotta, ho come l’impressione di conoscerlo da sempre e toccarlo mi sembra un gesto familiare.

Perché hai scelto la foto del Cretto di Burri per raccontare la tua Sicilia?
Ricordo un giorno in pieno agosto; era il periodo in cui stavo preparando la tesi in progettazione: il sagrato della Cattedrale di Lipari. Ero molto stanco e non mi convinceva la gran parte di tutto quello che avevo studiato, non mi aveva appassionato. Per caso, con un amico decidemmo di andare a vedere il Cretto di Burri. Quel posto ha avuto la capacità di svelare gli aspetti emozionali che da sempre, anche se inconsapevolmente, stavano dietro i miei studi: forse in quella immensa tomba di cemento potevo ripensare a cosa significasse per me progettare. Il giorno successivo chiamai il mio relatore e decisi di cambiare tesi.

Cos’è via dei Calderai a Palermo?
Via dei Calderai è un posto fondamentale per la città, è un luogo dove si lavorano i metalli e si effettuano quasi tutte le loro possibili lavorazioni. In quelle botteghe credo abbiano preso forma gran parte dei tradizionali utensili usati nelle cucine siciliane: pentole quarare in rame stagnate, brocche metalliche per trasportare l’acqua, teglie.
Oggi via Calderai è un posto complesso, dove lo spirito e l’atmosfera paiono immutabili. Due anni fa realizzai con un anziano artigiano, Nino Ciminna, una collezione di lampade in lamierino di 4 decimi di spessore. Porterò sempre con me quell’esperienza e quella persona che mi ha insegnato moltissimo.

Cos’è un aranciu piluso?
Lo può sapere solo un siciliano: è un granchio ricoperto di setole come fossero peli, che si trova negli scogli quasi ovunque nel Mediterraneo. Credo che a Palermo si dica “granciu pilusu”.

Esiste un design siciliano?
Esiste una storia industriale che corrisponde al periodo d’oro della famiglia Florio a Palermo. Si fabbricavano navi e aerei, ma eccellevamo anche nella produzione di arredi e manufatti.
Oggi esistono progettisti siciliani, alcuni anche molto conosciuti e che stimo, come Mario Trimarchi, Giovanni Levanti o Andrea Trimarchi dei Formafantasma.
Esistono aziende che producono o che riforniscono vari marchi europei; esistono eccellenti maestranze artigiane; esistono grandi negozi e piccole gallerie; esistono università e accademie che si occupano di design, come Abadir a Catania o come la recente Made a Siracusa; esistono materiali unici, come la pietra lavica, e molto altro ancora. Sì, il design siciliano esiste, ne sono certo.

Testo di Chiara Alessi

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Giovanni Levanti in un ritratto di Efrem Raimondi.
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Giovanni Levanti, Mozia, Diamantini&Domeniconi, 2009
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Giovanni Levanti, Sneaker, Campeggi, 2006
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Giovanni Levanti, Nido, Cassina, 1991
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Giovanni Levanti, Nativo, Azzurra Ceramica, 2012
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“Trappola per idee, Marettimo”, foto di Giovanni Levanti del 2008.
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Un ritratto di Gaetano di Gregorio
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Un’immagine scelta da Gaetano di Gregorio che rappresenta “la bellezza sonnolenta di una casa siciliana, oppure il sonno della bellezza o il sogno di ritornare in Sicilia con un po’ di Venezia”.
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Gaetano di Gregorio, testa di moro di Caltagirone con sembianze di doge veneziano un dialogo tra due territori italiani, 2017
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Gaetano di Gregorio, interventi su porcellana prodotta in serie in Cina, 2015.
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Gaetano di Gregorio, servizio da tè in grès, feltro e legno, interamente fatto a mano, 2016.
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Vittorio Venezia
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Vittorio Venezia, “La rocca dei vasi”, design Martinelli Venezia, realizzazione Andrea Branciforti, 2016
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Vittorio Venezia, sgabello 01 della collezione Ferro, 2015
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Vittorio Venezia, paralumi “4decimi”, realizzati da Nino Ciminna in via Calderai, 2015
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Vittorio Venezia, sedia 01 della collezione Ferro, 2015.
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Il “Grande Cretto”, l’opera di land art realizzata da Alberto Burri nella città vecchia di Gibellina, 1984-1989.