È la ricerca di orizzonti più ampi che ha spinto Peter Pichler, giovane architetto altoatesino, a gettare lo sguardo oltre le Alpi.
Per esplorare i nuovi mondi del progetto: dalla Cina ai grattacieli di Abu Dhabi.
Senza mai dimenticare le cime innevate della sua Bolzano
Foto di Oskar Dariz e Jens Rüssman – Testo di Laura Ragazzola
Ne ha fatta di strada Peter Pichler, lanciatissmo architetto altoatesino. E non solo in termini di carriera, ma anche di viaggi e di esperienze in giro per il mondo. 35 anni, uno studio a Milano aperto nel 2015 con la moglie Silvana Ordinas, Pichler non ha mai smesso di confrontarsi con contesti sempre diversi a livello internazionale, guadagnandosi la stima di una prestigiosa committenza e un palmares di importanti premi e riconoscimenti.
Architetto Pichler, vuole raccontarci le tappe del suo viaggio professionale?
Sono nato a Bolzano, ma mi sono formato come architetto a Vienna e Los Angeles.
Tornato in Europa, ho fatto esperienza da Rem Koolhaas a Rotterdam e lavorato nel team di Delugan Meissl a Vienna. Poi sono stato a Londra, una tappa importantissima per la mia formazione professionale e umana, grazie all’architetto Zaha Hadid, già mia insegnante a Vienna e poi mia mentore: dopo la laurea, infatti, mi scelse come project architect ad Amburgo e Londra. Mi ha insegnato molto e sicuramente la sua prematura scomparsa (nel 2016, ndr) è stata una grandissima perdita.
Quindi, a un certo punto è tornato nella ‘sua’ Bolzano…
Sì, ma ci sono rimasto soltanto qualche mese: il tempo di capire che non avrei messo lì le mie radici professionali… Avevo vissuto per tanti anni all’estero e mi sentivo più cittadino del mondo anche se volevo restare in Italia. Milano mi è sembrata una scelta perfetta, è la capitale del design e accoglie importanti studi internazionali di architettura.
Quante persone lavorano nel suo studio?
In questo momento ci sono dodici architetti, oltre a mia moglie Silvana e a me. Ma siamo un po’ stretti e stiamo ampliando gli spazi…
Dopo solo due anni e mezzo?
Sì, abbiamo vinto due importanti competition: una in Olanda e l’altra in Cina; e ad Abu Dhabi, nel Golfo Persico, stiamo realizzando delle ville residenziali.
Quindi il lavoro la porta oltre le Alpi?
Sin dall’inizio ho avuto la fortuna di occuparmi di commesse internazionali. Ricordo che ero tornato da poco a Bolzano quando mi scrisse un cliente dagli Emirati Arabi perchè desiderava che gli progettassi una villa. Ero talmente sorpreso che addirittura pensai subito che si trattasse di una e-mail sospetta sfuggita all’anti-spam. Invece è stata solo la prima di una serie di ville che stiamo progettando ad Abu Dhabi.
Altri lavori oltreconfine?
In Cina, abbiamo vinto una competition per realizzare quattro torri mixed use. Sorgeranno in un’area residenziale immersa nella foresta, a circa 30 chilometri da Kunming, nel sud-est del continente cinese: è un luogo dove gli abitanti di Pechino vanno in vacanza…
Una sfida lavorare in un Paese così lontano, non solo geograficamente…
Certo, ma è anche una grande opportunità, perché porta a immergersi nella cultura di un altro popolo, a capirne le tradizioni, a studiarne il territorio, il clima… Insomma, l’architettura è l’occasione per comprendere meglio un luogo. Ed è interessante osservare la diversità, che è sempre carica di nuove esperienze e fonte di ispirazione…
Le capita anche in Alto Adige?
Certamente, anche se qui sono cresciuto e sin da bambino ho frequentato queste valli e queste montagne. Ma l’impegno, lo sforzo è sempre lo stesso.