Progetto di Massimiliano e Doriana Fuksas
Foto di Gianni Basso
Testo di Antonella Boisi

Una gigantesca bolla trasparente, un escamotage scenico, e tra i pittoreschi tetti da cartolina della Roma rinascimentale e delle sue cupole barocche.

Bisogna dirlo subito. L’imponente struttura in acciaio e vetro ‘atterrata’ come un ufo sul tetto dell’austero palazzo fine Ottocento dell’Ex Unione Militare, tra via del Corso e via Tomacelli, per opera dello studio Fuksas, era pre-destinata a far parlare di sè. Come sempre, quando un intervento progettuale coinvolge il tessuto della città storica in un contesto delicato, restituendo un innesto linguisticamente contemporaneo, forte e di carattere, declinato nella ristrutturazione-riqualificazione-riconversione di un edificio di 6.000 mq di superficie complessiva, commissionato dal gruppo Benetton (e che poi il gruppo veneto ha venduto al marchio svedese H&M. [NdA]). La determinazione al dialogo con la storia dell’architettura dei luoghi, anche la più impegnativa, sostenuto da un sapiente vocabolario di forme, materiali, tecnologie che è scuola dei nostri tempi, non fa certo difetto alle opere di Massimiliano e Doriana Fuksas così come il coraggio di scegliere. Certo, le forme fluide della nuova copertura ‘bolla- nuvola-cupola-lanterna’ impongono riflessioni sull’impatto del segno nel contesto, sull’equilibrio di pesi tra antico e nuovo, sulle nuove armonie e prospettive tracciate. Ma, tanto è innegabile che la nuova presenza si appropri del ruolo espressivo di altro segno iconico nello skyline urbano – accanto alla cupola barocca firmata da Pietro da Cortona nel 1669 per la Basilica dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso –, quanto è indubbio che non sia soltanto una figura d’innesto ad alto grado di spettacolarizzazione. Nelle sue complesse geometrie triangolari, dalla grammatica performante, la bolla propone infatti l’indicazione di nuove fruibilità spaziali e narrative. Non resta fine a se stessa. In copertura svolge la funzione di uno spazio panoramico di circa 300 mq alto al culmine 7,50 metri (dove sarà realizzato un ristorante-caffetteria), vibrante di luce naturale durante le ore diurne e con gli effetti cromaticamente mutevoli di una grande lanterna al crepuscolo e di notte. Nel suo sviluppo compositivo complessivo, invece, si materializza dal piano terra dell’edificio – recuperato nell’architettura delle facciate tramite un intervento di light design –, ne attraversa tutti i quattro livelli e racchiude, dentro un grande vuoto avvolgente, il nucleo dei collegamenti verticali, dei vani di servizio e parte degli impianti del nuovo flagship store, diventando ‘snodo’ dinamico di apertura lungo la struttura dei vari piani, interconnessi tra loro tramite passerelle. “Sul piano tecnico abbiamo sperimentato l’innovativa tecnica denominata top-down” spiegano gli architetti. “In altre parole, i solai preesistenti sono stati interamente demoliti e ricostruiti, procedendo dall’alto verso il basso. Quelli nuovi composti da travi metalliche lunghe fino a 24 metri risultano sostenuti da otto colonne in acciaio distribuite nel perimetro di ciascun piano, nel completo rispetto delle pareti perimetrali”. Questo prezioso telaio ingabbia la luce in piani successivi che, nel rispetto del Benetton style, risultano contraddistinti da colori differenti veicolati dalla pavimentazione decorata con ‘bolle’ rosse, arancio, viola di grandezza diversa e dai controsoffitti che si ‘accendono’ in un range cromatico corrispondente. Piani contraddistinti anche dagli arredi: dai tavoli ai desk, dagli espositori alle ‘trottole’ per abiti e accessori che si aprono a ventaglio, tutti su disegno dei progettisti, “come elementi ludici ispirati ai giochi dei bambini” che cercano equilibrio, leggerezza e morbidezza in una punteggiatura di materia liquida. Alla stregua di installazioni artistiche queste presenze scultoree di vetroresina bianca lucida si riflettono, infatti, in specchi di forma ovale che dilatano percettivamente luci e colori degli ambienti: una miscellanea evanescente alimentata dal contrappunto scenografico della scala di collegamento tra i livelli, con gradini in vetro e specchio illuminati dai led. Alla fine, proprio gli arredi-protagonisti sembrano configurare ulteriori ‘bolle’ spaziali metaforiche, una diversa dall’altra. Quasi che questa figura magica già sperimentata nell’esperienza del progetto dello spazio commerciale d’alto livello (basti pensare agli Armani flagship store di New York, Hong Kong e Tokyo) o dello spazio ricettivo privato/pubblico (dal Centro Ricerche e Auditorium Nardini a Bassano del Grappa al recente Nuovo Centro Congressi EUR di Roma) non smettesse mai di sorpendere con effetti speciali. Nella fattispecie, c’è un ulteriore quid: il coup de théatre del piano terra pensato per ospitare un bazar di oggetti, colori e accessori, un autentico regalo per gli occhi: rende leggibile attraverso la pavimentazione vetrata uno scorcio dei resti archeologici del monumento sepolcrale in blocchi di tufo e lastre di travertino databile alla prima metà del II secolo a.C. riportato in luce a seguito degli scavi preliminari. Come se, sotto il cielo della città eterna, il dialogo fisico-mentale della bolla-lanterna sul tetto cominciasse proprio da lì.