Le estetiche bidimensionali hanno un ruolo sempre più importante nella nostra esperienza quotidiana. In particolare, il tipo di visual reso comune da schermi e interfacce è fatto per ‘reagire’ non solo all’occhio (come le immagini di epoca analogica), ma anche al tatto.

Tanto pervasivo è diventato questo rapporto ‘reattivo’ con il profilo formale del quotidiano, che anche gli oggetti solidi sono chiamati a confrontarsi con esso, sia tramite progetti ‘di opposizione’ (come nel caso di corpi oggettuali volutamente materici e neo-artigianali), sia tramite progetti esplorativi, che indagano le declinazioni assunte dal bidimensionale quando viene ‘deviato’ sul tridimensionale.

Proprio questo è il caso di un recente trend nel design dell’arredo caratterizzato da elementi epurati da ogni apparente fisicità e distribuiti nel vano domestico con la qualità di un segno grafico, filiforme, bidimensionale appunto. Così è l’armadio a parete COM:POS:ITION 2.2 dello studio tedesco GobyMM; e così sono le fantasmatiche presenze della serie Border Table di Nendo, accennate nello spazio come disegni svettanti più che come ‘cose’ soggette alla forza di gravità.

Va detto che, nonostante la derivazione digitale, questi oggetti sono tutt’altro che semplici riproduzioni di un codice visivo estraneo alla tradizione del progetto. Al contrario, i telai neri e sottili rappresentano un ‘meme’ di lunga data nella storia del design, che risale almeno ai primi passi del razionalismo e, attraverso le successive aperture post-razionaliste, giunge fino al design etereo del XXI secolo.

Non è allora un caso che quei combinati disposti di ragione e struttura, pulizia e necessità che sono le lampade Geometry Made Easy di Sara Bernardi (studio MICROmacro) si ispirino proprio a quegli stessi quadrati, cerchi, triangoli che fornirono al nascente razionalismo il suo primo alfabeto formale, qui disposti come altrettante filigrane aeree in uno spazio reso terso e, allo stesso tempo (e questo non c’era nel razionalismo tradizionale) carico dei valori ‘mistici’ propri di un’epoca in cui le connessioni elettriche hanno assunto vere e proprie proprietà rabdomanti.

Anche lo specchio Mask (oggetto ‘misterico’ per eccellenza) di Federico Floriani per Petite Friture si posiziona in direzione analoga. Mentre la mistica geometrica diventa apertamente tecnologica nella serie Non Linear di Scott Franklin e Miao Miao (studio Nondesigns), collezione di apparecchi modulari Led aperti a formare infinite combinazioni illuminanti.

Quanto, poi, al dialogo in corso tra tradizione ‘strutturale’ del progetto e sua evoluzione nell’epoca della visibilità olografica, esso appare particolarmente evidente nel progetto Três del giovane designer brasiliano Gustavo Martini, un appendiabiti privo di viti in cui l’elemento a scaffale sembra reggersi nel vuoto.

Mentre una declinazione più giocosa è quella proposta dalle lampade a soffitto Lines & Dots di Pablo Figuera e Álvaro Goula, segni danzanti che sembrano usciti dall’universo visivo di un Mirò e, simili a ‘orecchini’, adornano lo spazio domestico come le lampade Node di Els Woldhek e Bulgarian Georgi Manassiev (studio Odd Matter) lo addobbano con grandi ‘spille’ d’arredo: mistiche, grafiche, lineari.

Invero, proprio questi ultimi esempi mostrano come si sia qui di fronte a una sorta di Art Nouveau 2.0 che traduce in segno bidimensionale non già le curve fitomorfiche del mondo naturale, ma le linee virtuali delle interfacce digitali.

In tal senso, il ‘graphic living’ rappresenta l’evoluzione più recente di altre tendenze emerse negli ultimi tempi, di cui già si è dato conto su queste pagine (“Digital Matters”, Interni 641; “Il design sottile”, Interni 654) e che sono accomunate dall’assunzione dell’estetica digitale non come contrapposta, ma letteralmente incorporata nell’oggetto solido: non mimesi reale del virtuale ma mutuata leggerezza dello spirito vettoriale nella struttura sottile, e tuttavia tangibile, delle cose d’arredo

Testo di Stefano Caggiano