Progetto Vincent Van Duysen
Foto courtesy of Frederik Vercruysse, Mark O’Flaherty
Testo Antonella Boisi

Una bella piazza lastricata, coronata da alberi ad alto fusto, nel centro storico di Anversa, in Belgio. Un luogo calmo, verde, rilassante. Come Graanmarkt 13, curiosa equazione di concept store ibrido e tipologicamente desueto che cela dietro l’austera facciata di un palazzo neoclassico, vincolata e dunque lasciata intonsa, tre funzioni: shop gallery, ristorante, appartamento in affitto. Tutto sotto lo stesso tetto. Nessuna vetrina o insegna.

È solo quando si entra che si percepisce di essere in una ‘casa delle meraviglie’, foriera di continue sorprese, che Tim Van Geloven e Ilse Cornelissens hanno voluto aprire e condividere, affidandone la trasformazione all’architetto fiammingo Vincent Van Duysen. “È stata radicalmente spogliata, rispettando il genius- loci, ma spingendo in avanti la progettualità verso una nuova dimensione di ospitalità” spiega. “Abbiamo ridisegnato il fronte sul retro, il ritmo delle solette, le pavimentazioni, i collegamenti verticali che gravitano ora intorno alla scala di cemento faccia a vista, inserito l’ascensore.

Poi, al top level, abbiamo esteso The Apartment integrandovi il living room concepito come una serra vetrata, con l’infilata di finestre panoramiche protese verso l’ampia terrazza belvedere sulle chiome degli alberi e sulla città. Uno spazio unitario organizzato intorno al camino e dotato di zona pranzo e cucina attrezzata per gli ospiti”. Sul retro dell’edificio, un piccolo giardino, con un vecchio albero di ginkgo, l’orto, una serie di alveari, fornisce quotidianamente erbe e miele, che il premiato chef Seppe Nobels utilizza per preparare i suoi piatti gourmet nel ristorante, ospitato nel seminterrato.

Al piano terra si trova invece la shop gallery che propone abbigliamento fashion di brand internazionali e accessori scovati dalla coppia globetrotter dei proprietari durante i loro viaggi, insieme a desiderabilia come gli oggetti per la casa di Michael Verheyden e i notebook di Astier de Villatte.

“Abbiamo sempre coltivato il sogno di aprire a selezionati ospiti quella che in origine era la nostra casa di famiglia. E che doveva restare una casa ospitale. È stato un segreto ben custodito, fino a quando abbiamo fatto le valigie e ci siamo trasferiti in una dimora con il giardino, insieme ai bambini” racconta Cornelissens. “All’inizio c’era l’idea di farne un Bed & Breakfast, ma visionato il progetto di Vincent è maturata quella di trasformarla in un lussuoso appartamento disponibile per l’affitto”.

Con quattro camere da letto, due bagni, soggiorno, zona pranzo e cucina, il duplex è ora un appartamento accogliente e molto sofisticato. Correlato ma anche indipendente dall’insieme. Una vetrina d’eccellenza con la firma secca, quasi brutalista, nell’espressione architettonica, di Van Duysen che così commenta la collaborazione al progetto: “La mia partecipazione è stata prima umana e poi professionale. Sia con Ilse e Tim che mi hanno scelto dopo aver visitato la mia casa, di cui si sono innamorati, che con Dimitri Saddi – Founder and Managing Partner di .PSLAB, il brand libanese con cui ho realizzato il progetto illuminotecnico.

C’è stata una chimica tra di noi – condividevo con loro una serie di affinità elettive: l’amore per i materiali onesti, anche di recupero, per il fatto a mano con cura, un approccio emozionale al progetto, in termini di esperienza da vivere, anche tattile, che tenga conto della memoria, ma proiettata in una visione innovativa. Ho percepito subito che avremmo fatto dei progetti insieme, anche se non sapevo ancora bene quali. Quando Ilse e Tim mi hanno chiesto di trasformare questo edificio in una casa per sé e in un posto dove potessero anche iniziare una nuova attività, come un negozio, una galleria, un ristorante, ho pensato anche che sarebbe stata l’occasione ideale per sviluppare l’intero concept delle luci con .PSLAB – volevo portare il Libano e il suo spirito cosmopolita nella mia città.

Nel ristorante l’idea è stata invece quella di portare il feeling del giardino e della piazza sovrastante nel basement. Con le panche che ricordano quelle da esterni, le poltroncine verdi da bistrot, le lampade-fiore intorno ai due pilastri strutturali che ridisegnano lo spazio con un’espressione dinamica e poetica. La mia architettura poi resta molto contemplativa. Anche in questo caso, ho immaginato spazi aperti, dilatati, dove la mente è libera di vagare, e una composizione di volumi che cercano di ‘fondersi’ armoniosamente attraverso una particolare attenzione alle qualità intrinseche dei materiali, con l’intento di creare calore, atmosfera e una bellezza tranquilla. Gli arredi sono una conseguenza. Anche la luce. E questa è stata la prima volta che ho progettato una collezione di apparecchi illuminotecnici”.

Da dove nasce questo approccio all’architettura? “Da fattori ambientali, innanzitutto. La tranquillità è nel DNA dei fiamminghi. Anversa stessa è cosi, calma, con poco traffico, anche se vive una dimensione internazionale. Poi ci sono fattori personali, un percorso che mi ha portato a sviluppare una precisa sensibilità: ho studiato durante l’epopea del post-modernismo, sono stato in Italia negli anni Ottanta, dove lavoravo allo Studio Associati, ho respirato un contesto straripante di stimoli visivi e di accenti espressivi. Ero alla ricerca di serenità, quiete e purezza. Non sono un minimalista (come spesso è stato etichettato il mio lavoro).

Minimalista è il movimento artistico nato negli USA negli anni Novanta. Nei miei viaggi in Marocco e nel nord America ero rimasto affascinato dalle case di fango nel deserto, strutture primarie, artefatti in mezzo al nulla. Ma lo sono da sempre anche dell’architettura romanica, delle abbazie degli ordini circestensi nel sud della Francia. Mi ritrovo nelle forme essenziali degli oggetti, dell’arredo, dello spazio e dei volumi. Penso che Graanmarkt, anche se è un progetto commerciale, possa restituire questo senso di tranquillità e serenità”.

 

Antonella Boisi

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Vista dell’area living integrata nell’appartamento duplex (in affitto) di Graanmarkt 13. Concepita come una serra vetrata, con l’infilata di finestre panoramiche protese verso l’ampia terrazza belvedere, si compone di tre zone salotto-pranzo-cucina riunite in un ambiente unitario ed essenziale, segnato da travature lignee, pavimentazione in cemento e pareti in mattone faccia a vista finito bianco.
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Arredi su disegno di Vincent Van Duysen. Imbottiti di Imperial Collection, sedie Gebrüder Thonet Vienna. (foto di Frederik Vercruysse)
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Una delle quattro camere da letto per gli ospiti organizzate in The Apartment, al livello inferiore rispetto al living. Austera ed essenziale nell’atmosfera e nelle forme degli arredi secondo il design di Vincent Van Duysen, viene riscaldata dal calore del legno naturale del pavimento, posato a grandi doghe. (foto di Frederik Vercruysse)
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La salle de bain principale, con gli armadi in legno sbiancato a tutta altezza e il desueto cabinet attrezzato, su disegno. Al centro, la vasca freestanding è inquadrata da due lavabi di Volevatch che guardano sul giardino interno.
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Scorcio della scala che collega il livello d’ingresso al basement: crudo cemento ‘acceso’ dall’installazione luminosa a parete formata da una serie di fari automobilistici collegati da un reticolo ortogonale di cavi. Tutto il progetto illuminotecnico è stato curato da Vincent Van Duysen e realizzato da .PSLAB, con l’intento di conferire a ogni piano una propria identità specifica.
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Grazie al cannocchiale disegnato dalla parete vetrata trasparente, la vista spazia dal negozio, al piano terra, sul cavedio che accoglie il corpo scala e, oltre, sulla piazza nel centro storico di Anversa, affaccio privilegiato di Graanmarkt 13. Lo spazio di vendita accoglie pezzi di design e di moda internazionale attentamente selezionati e valorizzati dalla mise en scene giocata con lineari elementi espositivi in ferro nero.
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Vista del ristorante ospitato nel basement, in cui spicca il progetto illuminotecnico di Vincent Van Duysen realizzato da .PSLAB. Si notano gli elementi in tubolare di acciaio cromato installati a raggiera in modo parallelo rispetto ai pilastri preesistenti e curvati di un angolo di 90° verso l’alto, a richiamare l’immagine di un fiore. Tra le travi lignee dipinte di bianco, sono state invece ritagliate una serie di cavità circolari che contengono piccoli proiettori flessibili. (foto di Mark O’Flaherty)