Ottant’anni e una collezione di arredi intramontabili. L’azienda di Helsinki, creata dalla coppia Alvar e Aino Aalto, la mecenate Maire Gullichsen e lo storico e critico d’arte Nils-Gustav Hahl, è tanto longeva per l’obiettivo dei fondatori di “commercializzare mobili e promuovere una cultura e un modo di vivere moderni”.
Dal 1935 Artek manifesta un impegno programmatico che coniuga le innovazioni tecnologiche, soprattutto quelle del legno laminato curvato, e la produzione seriale con una filosofia del vivere ispirata da funzionalità e nuovi canoni estetici. I coniugi Aalto, ma anche maestri del design nazionale come Ilmari Tapiovaara e Tapio Wirkkala, ne hanno fatto il manifesto della modernità interpretato secondo lo spirito finlandese.
Per celebrare l’ottantesimo compleanno, Artek ha realizzato in soli 80 esemplari uno dei più raffinati esperimenti degli Aalto con il legno: il tavolo disegnato per la Maison Louis Carré (1958). Caratteristiche sono le gambe ‘a ventaglio’ in legno di betulla naturale, combinazione di cinque sottili listelli a L, e il piano laccato nero che riprende i chiaroscuri degli interni della villa. Il sistema di giunzione tra gambe e piano è uno dei temi di studio degli Aalto, si vedano anche le invenzioni delle gambe a Y e piegate a L, quest’ultime divenute paradigmi del design contemporaneo per efficienza e linearità.
Spiega Marianne Goebl, managing director dell’azienda: “Che il design giochi un ruolo importante nella promozione di un nuovo e migliore modo di vivere è un assunto del movimento modernista, tuttavia quell’ideale ancora definisce la nostra concezione di azienda e lo si applica alle collaborazioni con i designer. Contraddistinti da chiarezza, funzionalità, sostenibilità e semplicità poetica, i lavori degli Aalto esprimono perfettamente l’identità di Artek. E, essendo l’espressione di soluzioni essenziali, hanno un design senza tempo. Oggi che le persone chiedono sempre più oggetti che durino e siano autentici, tali arredi acquisiscono una rinnovata importanza”.
Tra le più recenti collaborazioni quelle con Hella Jongerius, che ha introdotto il colore in alcuni classici, Konstantin Grcic e i fratelli Bouroullec che hanno reinterpretato l’eredità degli Aalto nel design. “Nella seduta girevole Rival di Grcic” prosegue Goebl “il riferimento è nella costruzione visibile e nei differenti elementi chiaramente assemblati. Segue il principio che lo schienale, realizzato in laminato di betulla curvato con la tecnica dei mobili degli Aalto, sia giuntato direttamente alla seduta.
Con la collezione Kaari, i Bouroullec si ispirano ai designer finlandesi nell’approccio costruttivo del sistema d’arredo: un principio semplice applicato a svariate tipologie di prodotto. Kaari si basa su un unico componente, una fascia di metallo, impiegata a supporto di tavoli, scrivanie, consolle e ripiani. Il sistema combina in modo nuovo i materiali tradizionali di Artek con i laminati lucidi, che per noi sono una novità. Rival, invece, è la prima sedia girevole della collezione e introduce tecniche per noi inedite come la plastica a iniezione e l’alluminio pressofuso”.
Il futuro dell’azienda punta dunque a costruire sulla sua eredità culturale anziché stravolgerla: “Ciò significa” conclude Goebl “rispettare i classici – molti dei quali hanno ancora rilevanza, altri devono essere riadattati agli usi contemporanei, mentre altri ancora non sono più attuali – ma anche sviluppare nuovi prodotti con designer che condividano l’approccio al design degli Aalto. E in tempi e modi che rispettino la dimensione dell’azienda e la longevità della collezione”.
di Valentina Croci
Il laboratorio di Aalto
Alvar Aalto progettò il suo ‘paradiso’ per lavorare nel 1954 a Helsinki, nella verdissima oasi di Munkkiniemi, a dieci muniti a piedi dalla sua casa, il suo secondo ‘paradiso’, dedicato alla vita domestica e familiare (1935/1936). Che dietro ogni sforzo progettuale ci fosse la “volontà di dimostrare che per l’uomo è possibile costruire il paradiso in terra… e che è questo l’unico scopo delle nostre case” lo disse durante una celebre conferenza tenuta a Malmö nel 1957 e intitolata appunto ‘Il paradiso dell’architetto’.
Oggi come ieri, quell’armonia del vivere si avverte immediatamente non appena si varca la soglia dello studio del grande maestro finlandese: un luogo fatto di luce, di natura e design, che trascende il semplice concetto di spazio geometrico. “Qui Alvar Aalto studiò ogni dettaglio, non solo dal punto di vista funzionale ma anche sensoriale ed emotivo”, ci spiega Annukka Pakarinen della Alvar Aalto Foundation mentre ci accompagna fra le luminosissime stanze dello studio in occasione di uno speciale tour organizzato per la Helsinki Design Week (8/11 settembre 2015).
Ci indica i posti (e i mobili) preferiti dal grande maestro per lavorare: un tavolo candido con poltrona in legno curvato e pelle davanti a un’ampia finestra sul verde del giardino al primo piano; una panca d’angolo nella saletta-mensa al piano terreno con vista sui tavoli dove mangiavano amici e collaboratori, per poter chiacchierare con tutti ma anche ‘sbirciare’ fuori, fra le fronde delle piante; il mini teatro outdoor, con i gradini scavati nel prato che guardano il candido muro esterno dell’edificio, trasformato all’occorrenza in schermo per proiettare foto e filmati; o, ancora, la piccola sala-riunioni dove modelli e disegni sono magicamente illuminati da una lama di luce tagliata nel soffitto.
Ma l’aspetto più sorprendente è che lo studio sembra ancora abitato. Perché ogni pezzo d’arredo (qui nacque tutta la collezione Artek, sperimentata sul campo), ogni singolo oggetto (righe, squadre, matite, rotoli di carta da lucido…) emana una singolare energia, una sensorialità unica, una carica di emozioni: insomma, sono tanti ‘dettagli’ di paradiso, che mostrano ancora oggi quanto fosse nuova, originale – e valida ancora oggi – la ricerca sul senso dell’abitare da parte del grande architetto finlandese. Che fu capace di realizzare una straordinaria sintesi fra tecnica, forma e poesia.
di Laura Ragazzola