Ci sono progetti che più di altri consentono agli autori di esprimersi con libertà, senza troppi compromessi e vincoli, restituendo nei risultati il grado di divertissment e di piacere che ha accompagnato il briefing da cui sono nati.
Questo vale anche per Paola Navone, architetto e designer di statura internazionale, da sempre in viaggio infinito nei territori della creatività e degli stili di vita fuori da schemi precostituiti. Nella fattispecie, la sfida era impegnativa. Il pennuto Dodo, originario dell’isola di Mauritius, non ama stare solo e cerca sempre nuovi amici: la gallinella, il coniglio, il serpente, il panda, l’agnello, la tartaruga marina, la farfalla, il delfino, il falco, la rondine, la balena, il pinguino…un’allegra compagnia. Soprattutto ha ben chiaro lo spirito della sua casa, ‘come scrive all’adorata Dodà: “Finalmente siamo in due, le mie coccole e le tue, vivere insieme ora è il progetto. Bagno, cucina, due sedie, un letto. Ci arrangeremo in qualche modo. Porta fortuna la casa di Dodo”. Resta un ‘piccolo’ dettaglio: Dodo non è riuscito a sfuggire all’estinzione per mano dell’uomo. “Estinto, ma fortunato, ha trovato casa ovunque” racconta Paola Navone che, intenerita dalla storia del povero pennuto esotico, committente piuttosto esigente ma simpatico, deve avergli sussurrato: “Esprimi un desiderio… e sarai esaudito”. Ed è così che la sua fata turchina, torinese di nascita ma milanese d’adozione “da buona sognatrice eclettica con un’inesauribile curiosità per ogni cosa” come ama definirsi, ha pensato per lui tante case sparse nel mondo, piccole e grandi. Le ultime in ordine di tempo sono quelle di Milano in Corso Matteotti e di Londra in Sloane Square, due monostore inaugurati quasi in contemporanea lo scorso anno. “La mia avventura professionale-regressione infantile con il brand del gruppo Pomellato e concepito come una linea di gioielli giovani e ironici che nel 2010 ha celebrato i suoi 15 anni al fianco di WWF Italia nella difesa della natura è iniziata nel 2008, con il negozio di Firenze” ricorda. Ma come si fa a progettare la casa di un Dodo che incontra una Doda ed è subito 100% Amore (suggellato da una collezione di anelli con un cuore rosso di rubino ecologico, una pietra di sintesi)? “ L’ho fatto anche questa volta, restituendo, con una serie di elementi ricorrenti – la natura, il colore, l’acqua – il collegamento con il suo habitat elettivo e il quadro di riferimento compositivo corale” spiega. Se queste tre parole-chiave restano per Dodo i segni di una ‘rinascita’ che esce dall’antinomia tra locale e globale per ritrovare la dimensione di un’unicità universale (Unique & Universal, nella visione del sociologo Francesco Morace sui paradigmi per il mercato dei prossimi venti anni), per Paola Navone sono state ancora una volta la conferma del valore di un’interpretazione: i luoghi di vendita hanno bisogno di una stretta relazione con il brand che rappresentano in termini comunicativi per dare ai prodotti una maggiore opportunità di affermazione. Anche quando si tratta di animaletti, in forma di ciondoli da regalare e da collezionare. “Sono quasi degli sms ante-litteram: ogni disegno di questo gioiellino nano ha infatti una storia, un significato, un messaggio da inviare: mi piaci, mi sei antipatico, non ti perdere, ecc.”. Ecco allora a Milano, in un importante spazio sviluppato su tre livelli, gli espliciti riferimenti alla natura: enormi fili d’erba appesi al soffitto “un prato verde alla rovescia fatto di filamenti in silicone traslucido, un materiale ignifugo reso mutevole da giochi di luce e di ombra”; e poi fiori rossi e fucsia a parete, muri finiti come sabbia bagnata modellata dal vento. Il colore è rappresentato dal grande ‘cuore rosso’ di neon – il logo per l’appunto della linea 100% Amore – sulla romantica parete a pois del piano inferiore e dai pouf rossi, che, in un sapiente mix-and-match, si affiancano ad altre punteggiature cromatiche-materiche-figurative: dalla scultura-lampadario di un giovane olandese al grande tavolo con forma a bacello in legno di recupero. A Londra il registro percettivo della mise en scene non cambia: il paesaggio da fiaba si snoda ancora su tre livelli (con un piano interrato concepito come spazio-eventi), ma forse qui in un esercizio progettuale di accostamenti più estremi, i materiali organici e alternativi adottati sperimentano con maggiore intensità le gamme di riferimento percettive: il pavimento del piano d’ingresso è diventato una superficie di ceramica monocottura simile a una fusione di alluminio intercalata a sentieri in ciottoli di fiume. La cromia appare più forte: il prediletto blu, un rimando diretto al mare, all’acqua e al cielo, si declina con prezioso mosaico veneziano blu klein sulle pareti a contrasto che incastonano le vetrine. Il rosso, l’altro colore primario guida insieme al verde, si accentua infuocato sulle teche espositive in metallo, e poi sulle panche e sui pouf in pelle ecologica. Al centro dell’ambiente principale, un massicio bancone di legno grezzo attorniato da sgabelli in metallo nero, catalizza un’attenzione che al piano superiore è veicolata dal soffitto a mosaico di specchietti. Ma, l’effetto sorpresa maggiore resta ben impresso sulla facciata del building, dove una grande struttura protetta da cristalli e rivestita di brillanti fili d’erba realizzati sempre in silicone verde sembra perennemente irrorata da una sorgente d’acqua che dall’alto cade a terra per poi nascondersi nelle fessure del pavimento.