Gli ingredienti per una storia di successo non mancano. A cominciare dal luogo: Plan de Corones, un ‘balcone’ a duemila metri affacciato sulle Dolomiti e sui grandi massicci delle Alpi dello Zillertal, nel cuore dell’Alto Adige.

Qui i protagonisti della storia, gli architetti Zaha Hadid e Patrik Schumacher, e l’alpinista Reinhold Messner danno vita a un progetto unico, speciale, visionario: mille metri quadrati scavati nella roccia per raccontare la grande avventura della montagna. Li abbiamo incontrati per parlare del ‘loro’ nuovo museo. Iniziamo con Patrik Schumacher.

Qual è stato il suo rapporto con la montagna prima di questo progetto? Era interessato all’alpinismo e che cosa sapeva delle imprese di Reinhold Messner e della sua attività a sostegno della cultura della montagna?

Sono sempre stato affascinato dalle montagne. Dovunque mi trovi nel mondo, se sono vicino a zone montuose, mi piace fare delle escursioni. Per tutta la vita ho considerato Reinhold Messner un eroe e una figura di riferimento, ed essere stati scelti per realizzare il suo ultimo museo della montagna è stato per me e Zaha davvero un grandissimo onore.

E lei signor Messner, ha mai visitato uno dei musei firmati dallo Studio Hadid? Conosceva già le sue opere?

Si certo. Mi viene in mente la futuristica funicolare di Hungernurg, e poi il trampolino olimpico di Innsbruck, sempre in Austria, solo per citare i luoghi più vicini a dove vivo. La ‘firma’ dello Studio Hadid è unica, sempre riconoscibile e non si cela mai. È proprio questo che mi è subito piaciuto: il fatto che la modernità non sia mai nascosta ma contemporaneamente risulti ‘soft’ perché sposa il paesaggio grazie alle sue forme morbide e arrotondate. Proprio come è successo con il Museo di Plan de Corones.

Architetto Hadid, questo progetto è in qualche modo differente dai più recenti lavori del suo studio, legati principalmente a contesti urbani. Qual è stata la sfida, e anche la motivazione per affrontare questo impegno?

Di fatto, il rapporto con la natura e in particolare con la montagna lega questo progetto alla fase iniziale della mia carriera di architetto. Penso in particolare alla proposta che feci per l’Hong Kong Peak Club nel 1982, modellata sulle caratteristiche geologiche e topografiche del Victoria Peak, il monte che sorge in posizione dominante sulla città. In seguito, abbiamo disegnato anche altri progetti che si collegano ad ambienti naturali, e in particolare ad ambienti alpini. Il Bergisel Ski Jump e la Nordpark Cable Railway di Innsbruck, a cui anche Reinhold Messner ha fatto riferimento, che sono i più significativi sotto questo aspetto. Il Messner Mountain Museum rappresenta una nuova eccitante tappa di questo filone della nostra attività.

Signor Messner cosa ha pensato quando ha visto per la prima volta il progetto del museo dello Studio Hadid?

Che era perfetto. Sin dall’inizio ero convinto che in un paesaggio alpino di grande bellezza come Plan de Corones, a più di 2000 metri d’altezza, un museo dedicato alla montagna non poteva che stare nella montagna. Ma gli architetti Hadid e Schumacher hanno avuto l’idea geniale di ‘scavare’ proprio nel cuore della roccia: più scendi in basso (sono 3 i livelli di sviluppo sottoterra, ndr), più in alto vedi. Ecco la magia di questa architettura. Mi spiego meglio: quando si entra nel museo, attraverso le vetrate, si scorgono malghe e pascoli ma poi, a mano a mano che si raggiungono i tre livelli interrati, il paesaggio coltivato dall’uomo lascia il posto al bosco, quindi alla roccia e, infine, su tutto vince la neve delle vette più belle del mondo… Lo scenografico percorso museale, infatti, culmina magicamente in due grandi finestre panoramiche e in una terrazza (siamo al livello più basso, ndr) che puntano come un cannocchiale sulle mie montagne natie: dal Sasso di Santa Croce, dove ho fatto l’arrampicata più difficile della mia vita, al Sasso Putia, sino all’Ortles, che è la montagna più alta dell’Alto Adige. Insomma, siamo riusciti a realizzare il sogno di ‘costruire’ un museo sottoterra, che salvaguarda e contemporaneamente valorizza il paesaggio, portandolo dentro e offrendolo in tutta la sua bellezza al visitatore. Che qui potrà vivere un’esperienza difficilmente ripetibile altrove.

Architetto Schumacher. Anche per lo studio Hadid è questa l’idea vincente del progetto?

Si. L’idea chiave per noi, come ha ben evidenziato Reinhold Messner, è stata quella di scavare nella montagna da un lato, creando una sorta di grotta naturale, per poi riemergere proprio in cima all’altro versante. In questo modo si trasmette al visitatore l’eccitante sensazione di penetrare nella montagna stessa, scendendo lungo uno spazio cavernoso, e poi affiorare sulla parete della montagna godendo di una vista spettacolare.

Signor Messner, quale aspetto dell’alpinismo vuole mettere a fuoco nel suo museo? Su cosa ha deciso di puntare per coinvolgere il pubblico?

Racconto l’apinismo tradizionale, che significa spiegare cosa succede quando l’uomo incontra la montagna. Il museo di Plan de Corones è l’ultimo in ordine di tempo di un circuito museale, il Messner Mountain Museum, fatto di sei diverse strutture, tutte in Alto Adige, che vogliono offrire un percorso interdisciplinare dedicato alla montagna. Qui, in particolare, mi sono concentrato sull’arrampicata, la regina dell’alpinismo: le ‘grandi pareti’ rappresentano il tema centrale del museo, che ho esplorato esponendo collezioni uniche, raccolte nei quattro decenni della mia attività di alpinista ed esploratore. Ma non vuole essere un museo d’arte, né tantomeno un museo di scienze naturali: quello che mi preme raccontare è la tensione fra l’uomo e la montagna. E l’architettura, grazie a questo fantastico contenitore pensato dalla genialità dello Studio Hadid, mi aiuta in questo scopo. Perché qui il pubblico ‘sente’ il paesaggio che c’è fuori, vede la montagna, la vive. Si emoziona, insomma…

Architetto Hadid, che cosa si aspetta da questo museo? In che modo lei e l’architetto Schumacher ne misurerete il successo?

Un museo in cima a una montagna è davvero una magnifica idea! Noi pensiamo che costituirà una meta fantastica, capace di ispirare le persone e dare loro sempre maggiori motivazioni per visitare, capire e godere delle montagne. Il successo del progetto si misurerà non solo in relazione al contributo che darà alla comunità locale, ma anche alla sua capacità di trasmettere ai visitatori la passione, l’emozione e il rispetto che Reinhold Messner ha per questa zona e per l’alpinismo. Il numero di visitatori è certo importante, ma per noi è ancora più importante che la costruzione che abbiamo integrato in questo splendido scenario naturale possa arricchire ulteriormente l’esperienza che esso è in grado di offrire a chiunque lo visiti.

E lei signor Messner, che aspettative ha?

Sono pieno di speranza che tutto vada bene, naturalmente. D’altro canto, come le ho già detto, questo è il mio ultimo museo e l’ho fortemente voluto perché non voglio che si dimentichi cosa sia stato l’apinismo tradizionale. Parlo al passato perché già negli anni ‘60 stava morendo, come aveva ben sottolineato Walter Bonatti. E aveva ragione: oggi il 90 per cento delle persone che arrampica lo fa in palestra. Oppure scala il Monte Bianco o l’Everest su piste già ‘preparate’. Forse bisogna ritornare a quella pratica che ho seguito per tanto tempo, e che io chiamo ‘l’alpinismo della rinuncia’, che significa ridurre gli artifici, le infrastrutture, i costi. Per usare una parola oggi molto di moda, significa essere più sostenibile: io lo ero a vent’anni perche già a quella età lo avevo imparato dalla montagna. Ed è questo che voglio raccontare nel mio museo. Grazie anche a Zaha Hadid e Patrik Schumacher, naturalmente.

testo di Laura Ragazzola – foto di Werner Huthmacher

gallery gallery
L’ingresso del museo. Skirama Plan de Corones è il committente dell’opera.
gallery gallery
Dei 1000 metri quadrati di sviluppo solo una minima parte è fuoriterra come mostra la sezione.
gallery gallery
Il livello superiore ospita l’area d’ingresso. Da qui, un sistema di scalinate a cascata conduce ai tre livelli espositivi sottostanti, completati da una mini sala cinematografica.
gallery gallery
Sia all’interno che all’esterno, la superficie è composta da uno scenografico puzzle di moduli e pannelli prefabbricati, uno diverso dall’altro, in cemento e fibra di vetro stratificati.
gallery gallery
All’interno, il museo ripercorre l’evoluzione dell’alpinismo moderno attraverso dipinti, scritti, ‘reliquie’ e sculture.
gallery gallery
L’edificio attraversa la roccia come un tunnel, che si apre al livello più basso con tre ‘occhi’: una terrazza e due maxi vetrate panoramiche.
gallery gallery
Una terrazza di 40 metri quadrati offre un affaccio a 240 gradi sullo splendido panorama montano dalle Alpi dello Zillertal alle Dolomiti. È uno dei tre ‘occhi’ con cui il museo si proietta nel paesaggio.