A Milano, nello storico quartiere Ticinese, un ex silos granario rinasce inaspettatamente come appartamento contemporaneo. Negli spazi, disegnati da volte scultoree, l’antico accoglie il contemporaneo, senza mortificare la ricchezza e il fascino dell’architettura industriale originaria
Progetto di FTA Filippo Taidelli Architetto – Ha collaborato Bianchi Rossi Lighting Design
Foto di Andrea Rossetti – Testo di Laura Ragazzola
Se è vero, come diceva il grande storico dell’architettura Bruno Zevi, che gli architetti nel loro lavoro cercano costantemente di catturare lo spazio, Filippo Taidelli in questo progetto ha dovuto ingaggiare una battaglia non facile.
Classe 1972, firma emergente del panorama italiano dell’architettura ma lanciatissimo all’estero con lavori di ampio respiro internazionale (suo l’Humanitas University Campus, recentemente inaugurato a Rozzano, Milano), Filippo Taidelli ama cimentarsi in differenti scale di progetto, mostrando sempre grande capacità di controllo in ogni sua fase, chiarezza di linguaggio ma soprattutto originalità interpretativa dei temi scelti.
A partire da questo: il ri-uso di un ex silos granaio dell’Ottocento, convertito ad appartamento contemporaneo. “Siamo a due passi dalla Darsena dei Navigli, cuore di uno dei quartieri storici di Milano,” dice Taidelli; “qui venivano immagazzinate le sementi. Questo spiega la presenza delle massicce colonne di granito, chiamate, infatti, a sorreggere carichi eccezionali… e anche la mancanza di finestre”.
Ma proprio i limiti del progetto sono diventati occasione per trovare soluzioni fuori dall’ordinario. “Non è stato semplice trasferire qui un appartamento ‘borghese’, con i suoi libri, i suoi quadri, i suoi mobili…insomma, sto parlando di tutti quegli oggetti che parlano della storia e delle passioni di una famiglia.
Si trattava, infatti di lavorare in uno spazio imprevisto”, continua Taidelli, “lontano dalle tipologie canoniche, ma sicuramente ricco di fascino. La chiave dell’intervento è stata quella di riqualificare il silos ma senza annullarne l’anima. Così le colonne, preservate in tutta la loro scultorea presenza, sono diventate il segno forte del progetto: ne scandiscono il layout, che rifugge da rigide ripartizioni per conservare il sapore dell’originario open space”.
Senza mai rinunciare alla privacy. Chiarisce l’architetto: ”Nell’area notte e negli spazi di servizio ho lavorato sui volumi concepiti come scatole che si incastrassero all’interno del silos, inserendosi nelle campate esistenti con una loro evidente geometria”.
E la luce? “Quella naturale, poca, è stata potenziata da una luce artificiale diffusa, calda e avvolgente, che scandisce le volte, enfattizzando la presenza e la funzione originaria degli spazi” conclude Taidelli.