SPECIALE EXPO

Ce n’è per tutti? Forse sì o forse no: il bilancio a fine Expo. È questa la sfida lanciata dal Padiglione Svizzero partendo da un’idea di rispetto e di condivisone delle risorse (mele, acqua, sale e caffè) che riempiono quattro torri. A mano a mano che i visitatori le consumano (ciascuno è libero di prenderne quante ne vuole), i quattro piani delle torri si abbassano, grazie a piattaforme, modificando completamente la percezione del Padiglione. Che darà al pubblico la possibilità di visualizzare in modo concreto il suo comportamento (più o meno etico) in relazione ai propri consumi e alla collettività.

Concept e architettura portano la stessa firma: lo studio svizzero Netwerch Architektur fondato a Brugg (piccolo borgo a Nord della Svizzera) nel 2004 dai giovanissimi Noah Baumgartner e Daniel Christen (60 anni in due) che hanno sbaragliato ben più noti e importanti studi di architettura svizzeri (103 in totale) chiamati a partecipare al concorso indetto dalla Confederazione Elvetica per Expo.

Sorpresi per questa vittoria?

DC: Sì molto. Per noi è stata davvero una sorpresa: nessuno ci conosceva, veniamo da un piccolo centro dove abbiamo aperto nel 2006 il nostro studio (due stanze) dopo aver lavorato per alcuni anni part time presso altri progettisti per mantenerci ma…

NB: … il responso della giuria del concorso è stato unanime. Il concept ha attirato subito l’attenzione per la sua immediatezza, la semplicità del suo messaggio, chiaro, comprensibile, pulito. Non ci siamo mai scoraggiati: eravamo convinti che l’idea fosse buona, davvero speciale.

Ma come è nata?

NB: Molto in fretta e anche in un modo piuttosto divertente, perché abbiamo pensato: “facciamo un Padiglione che possa essere mangiato”. Lo step successivo è stato quello di dare a questa idea una dimensione etica, come chiedeva il tema di Expo.

DC: Abbiamo quindi pensato di coinvolgere in modo diretto il pubblico: ogni visitatore doveva far parte integrante del progetto ed esserne ‘toccato’ personalmente. L’obiettivo? Stimolare la riflessione sulla responsabilità individuale e sull’equa ripartizione dei beni alimentari. Dal concept, poi, è nata la forma architettonica che si è concretizzata nelle 4 torri/magazzino.

E dentro cosa ci avete messo?

NB: Mele (rondelle essiccate), caffè, sale e acqua ma è stata una vera sfida individuare i 4 generi alimentari: c’è voluto del tempo. E anche in questo caso, penso che abbiamo sorpreso i visitatori (Svizzeri compresi). Non volevano, infatti, cadere nei soliti stereotipi che vedono la Svizzera come il Paese dove pascolano le mucche e si mangia solo cioccolato.

DC: Abbiamo scelto il caffè perché non tutti sanno che ha superato largamente il formaggio e il cioccolato in termini di esportazione; l’acqua, invece, perché non solo è il vero capitale della Svizzera ma la sua tutela rappresenta una sfida planetaria; le mele, perché rappresentano la biodiversità e, quindi, il ruolo fondamentale dell’agricoltura nella tutela dell’ambiente; e, infine, il sale (pochi conoscono le nostre miniere di sale…) nell’ottica di offrire un messaggio importante per la nostra salute: la riduzione del suo consumo stimola una dieta sana.

Ma basteranno le ‘scorte’ sino alla fine di Expo?

NB: In poco più di un mese dall’inaugurazione abbiamo esaurito le scorte di mele e acqua e scenderemo già di un livello a breve (l’intervista è stata raccolta a giugno, ndr). Se si continua con questo ritmo, entro la fine di ottobre le torri saranno del tutto vuote. E il Padiglione cambierà completamente il suo look…

DC: …  rinnovando, quindi, la possibilità di riflettere seriamente sui nostri comportamenti individuali e sulle conseguenze sull’ambiente e sulla collettività.

di Laura Ragazzola – foto di Luca Rotondo e Netwerch Architektur

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L’esterno del Padiglione Svizzero
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Uno dei 4 ‘magazzini’ con le scorte dei generi alimentari conservate in scaffali metallici (nella foto quelli ancora pieni di mele). Alla realizzazione del Padiglione hanno contribuito, tra gli altri, Nussli, Geberit, Vitra, Mapei.