La ricerca di Daniel Libeskind copre senza flessioni di riuscita espressiva e con la stessa passione progettuale ogni scala d’intervento; torri e grattacieli, musei e grandi strutture pubbliche, sono affrontati dall’architetto vincitore del concorso per la ricostruzione di Ground Zero a New York con la stessa intensitàriservata a progetti di scala minore come nelle opere di design, o come in questa sorprendente costruzione domestica calata nel paesaggio del Connecticut. Non si tratta per Libeskind di ripercorrere in senso ideologico lo slogan modernista “dal cucchiaio alla città”, ma di estendere una ricerca progettuale all’intero ambiente che ci circonda da quello privato a quello pubblico, dallo spazio museale a quello urbano.

All’interno di questa propensione a pensare al progetto in chiave globale si inserisce il disegno di questa casa privata che denuncia l’idea di superare la tradizionale serialità e sommatoria delle componenti dello spazio architettonico (pavimenti orizzontali, pareti verticali e copertura) per rileggere la lezione delle avanguardie artistiche del ‘900 sullo ‘spazio totale’ che è stata più volte ripercorsa e interpretata sia in campo artistico, sia architettonico per oltre un secolo.

In questo progetto ciò che risolve lo scarto concettuale è l’idea generale di pensare al volume abitabile come a uno spazio interno ottenuto da una serie di studiate torsioni di un nastro di riferimento ripiegato su se stesso e chiamato a disegnare la complessa geometria d’insieme. Il ‘nastro’, rivestito all’esterno da lastre di acciaio inox trattate chimicamente in modo da risultare brunite e di offrire dei riflessi cangianti secondo le ore del giorno e l’angolazione della luce del sole, si sviluppa dal prato, proponendosi come piattaforme d’ingresso, per poi piegarsi in verticale secondo diverse e stridenti angolature, per disegnare pareti e copertura che risultano una superficie unitaria e continua, scandita però da un dirompente susseguirsi di incastri che ne fanno una sorta di cristallo geometrico simile a quelle rocce spigolose che emergono nei boschi come contrappunti naturali, parte di un ambiente complesso. Lo sviluppo del nastro di acciaio compone nell’interno un grande ambiente unitario cui si affianca, tra una piega e l’altra della ‘pelle architettonica’, la stanza da letto padronale in posizione angolare. Alle porzioni piene dei fronti inclinati, superfici in scaglie d’acciaio, che ricordano in chiave contemporanea la tradizionale tecnica di rivestimento shingle style, corrispondono le parti aperte e vetrate che riempiono i vuoti disegnati dall’andamento avvolgente del nastro di riferimento rivestito all’interno da tavole di legno. Questa scelta materica richiama a livello domestico la calda atmosfera del cottage americano rendendo monomaterico l’intero spazio abitabile ad eccezione del pavimento in pietra chiara, illuminato da strisce di luce radente che sottolineano gli andamenti geometrici dei mobili su disegno. Questi si affiancano ai setti inclinati che definiscono la soluzione planimetrica e diventano parte integrante del progetto architettonico; arredi che ‘disegnano lo spazio’, come il grande divano a zig zag bifronte che separa la zona living da quella pranzo in cui si sviluppa anche il bancone cucina attrezzato. Per isolare la sola camera da letto dall’ampia zona giorno, un blocco multifunzionale insiste in posizione centrale, accogliendo al suo interno il wc, un grande bagno con vasca su disegno e una cabina armadio. Verso la zona pranzo la parete lignea di questa piccola architettura accolta all’interno di quella principale si trasforma in una grande nicchia libreria. Il forte andamento geometrico della costruzione si estende dalla configurazione esterna nell’ambiente della casa stemperandosi a diverse scale, dall’involucro agli arredi, accogliendo porzioni del nastro di acciaio che interrompono le vetrate entrando con forza, come scaglie architettoniche, nello spazio privato. Per ricordare il carattere d’insieme e per sottolineare il rapporto, non solo visivo, tra casa e paesaggio.