Immensa e lontana, la Cina spaventa e attrae progettisti e industrie dell’indotto del design da tutto il mondo. Nel Paese sta emergendo una società giovane e globalizzata che sta rivoluzionando a tempi record i propri riferimenti culturali.
Per fuggire facili cliché, chiediamo un’opinione sullo stato dell’arte del design in Cina a Beatrice Leanza direttore creativo della Beijing Design Week, ma anche direttore strategico del Baitasi Remade Urban Plan, un programma di rigenerazione urbana che interessa il distretto storico di Baitasi a Pechino.
Prima di tutto qual è, se si può generalizzare, il problema più urgente per il design in Cina?
Nuove sinergie tra istruzione, cultura e spirito imprenditoriale è ciò di cui la Cina ha più bisogno. Per consentire alle nuove generazioni la creazione, in modo congiunto, di un ambiente sociale e costruito migliore e, di conseguenza, permettere un dialogo intellettuale più profondo con i loro coetanei nel mondo.
Qual è il livello di formazione universitaria nell’ambito del design?
Le iscrizioni nelle scuole di design – da architettura e urbanistica alla produzione digitale – sono salite alle stelle negli ultimi cinque anni per le prospettive occupazionali e per la natura tecnica della preparazione.
Anche se il ‘design thinking’ è avvallato dal governo, le scuole rimangono grandi istituti tecnici che raramente si avventurano in pratiche concettuali o speculative. La verticalità disciplinare inibisce la comunicazione tra le diverse aree di conoscenza che arricchirebbero, invece, la comprensione del design come forma del fare e del pensare.
Tuttavia, ci sono segnali di cambiamento. L’Università Tongji di Shanghai sta stringendo scambi con controparti internazionali, così come quella di Tsinghua a Pechino ha tentato, in modo discontinuo, collaborazioni con l’industria, ad esempio, nel settore medico. Ciò è dovuto a una relativa immaturità delle imprese nella gestione dei processi di R&S che, invece, sono famigliari alle sempre più numerose start-up di imprenditori più giovani.
Un’eccezione è il corso ‘Everyday Social Issues’ presso la Scuola di Design di CAFA (Accademia Centrale di Belle Arti), che incoraggia gli studenti a lavorare su problematiche della vita quotidiana cinese, con soluzioni che spaziano dalle applicazioni digitali all’infografica e la grafica di prodotto.
Se in architettura ci sono progettisti con una propria identità, nel design sembra che si fatichi a trovare una propria strada espressiva.
Le industrie cinesi stanno migliorando la qualità dell’offerta con prodotti e servizi dagli standard più elevati, che avranno un impatto positivo sulla crescente domanda di specializzazione professionale. Ciò sta mettendo pressione anche sulle istituzioni educative locali, dato il gran numero di studenti che ancora opta per lo studio all’estero.
Tuttavia, i professionisti più giovani stanno esplorando modi per sostenere le proprie tradizioni all’interno di forme espressive che integrino risorse locali, artigianato e tecnologie contemporanee. È una generazione in crescita, interessata a collaborazioni aperte e sperimentazioni su scale e settori differenti che consentono di testare idee non ancora pronte per il mercato.
Come è visto il design italiano?
Anche se il design italiano rimane sinonimo di raffinatezza e di valore storico in termini di aziende, le generazioni nate dopo gli anni Ottanta sono sempre più attratte da un design contemporaneo che attinge a tradizioni diverse, dal Giappone o dai Paesi nordici, per esempio. Gli abitanti più giovani delle città sono onnivori in termini di gusto e spesso spinti verso settori di nicchia o marchi indipendenti che si identificano per accessibilità, possibilità di personalizzazione o eclettismo. Ciò è evidente anche nella crescita dei media indipendenti che parlano ai Millennials digitali.
In quali ambiti si sta maggiormente sviluppando il rapporto tra design e industria?
Il settore della moda mette in mostra un’incredibile varietà di espressioni e sperimentazioni creative, rese possibili dalla disponibilità di risorse e dai servizi online che consentono la vendita al dettaglio e una distribuzione capillare.
La tecnologia e l’industria digitale open-source stanno plasmando una nuova nicchia di clienti e un’’ecologia’ di prodotti, di cui Shenzhen è un epicentro. I cinesi sono industriosi, culturalmente orgogliosi e desiderosi di mettersi alla prova su un palcoscenico internazionale.
Sono inoltre dotati di una forma pragmatica di pensiero e di determinazione, data dalla relativa stabilità economica del Paese. Sono convinta che la Cina porterà una visione aggiornata e nuovi significati alla cultura contemporanea del design, a livello globale.
Testo di Valentina Croci