Cinque anni di cantiere, ed eccola, finalmente. Inaspettata, ibrida e curiosa. A partire dal fronte-strada celato a occhi indiscreti dalla densità di una texture in fibre di palma, dimora privilegiata di pappagalli selvatici, che reinventa l’utilizzo delle Piaçava solitamente impiegate per la copertura dei chioschi sulla spiaggia. E non poteva essere altrimenti.
È la prima casa, costruita da zero, progettata da Fernando e Humberto Campana, celebri designer che hanno firmato, tra gli altri, sale d’esposizione, gli interni del ristorante-caffetteria del Theatro Municipal di São Paulo e alberghi.
La sperimentazione materica in chiave creativa è la cifra del loro design davvero ‘atipico’ e noto in tutto il mondo. Chi non ricorda la poltrona Banquete vestita di ricchi peluche e, di contro, la poltrona Favela costruita con gli scarti del legno che ricordano le baracche degli slum brasiliani?
Ma, a oggi, i fratelli non si erano ancora confrontati con il tema della casa, l’abito su misura per eccellenza. L’hanno fatto, nella prestigiosa zona Jardins di São Paulo, disegnando un palcoscenico domestico di alto profilo e carattere, che riflette il lifestyle di una coppia di professionisti al vertice di aziende note in tutto il mondo, Stefano Zunino e Solange Ricoy, lui italiano e lei argentina, che qui vivono con i loro figli.
“Abbiamo goduto del porto franco di una ricerca libera, in virtù di un’amicizia professionale di lunga data”, spiegano Fernando e Humberto, “e questo ci ha consentito di affrontare il salto di scala, dall’oggetto all’architettura, rispettando i paradigmi di riferimento del nostro lavoro, che sposano l’utilizzo di materiali locali e di tradizioni artigianali dimenticate.
Certo, l’oggetto è meno legato al contesto e consente rimodellamenti, mentre l’architettura è immanente e richiede un attento studio dell’ambiente in cui si colloca. Di fatto, i nostri committenti desideravano la chiusura del fronte–strada a favore della massima privacy e, altresì, la massima apertura di quello opposto al dialogo con il giardino interno e con la permeabilità di trasparenze, leggerezza e luce negli spazi interni.
Per questo abbiamo scelto di orientare a nord il prospetto introverso della scatola rettangolare di cemento con cui ci siamo misurati compositivamente, 600 metri quadrati complessivi, imbrigliando le fibre delle palme (provenienti dalla regione nord-est del Brasile) a doghe di legno sostenute da griglie di alluminio”.
Questa tecnica vernacolare ha consentito di definire una superficie isolante e idrorepellente che diventa anche di comfort termico durante le torride giornate estive, attenuando il caldo ma anche i rumori della strada, mentre un muro di Mandacaru definisce un ulteriore filtro di recinzione fatto di cactus dai fiori giganti e dal profumo vellutato.
Il fronte estroverso sul giardino posteriore si è declinato, invece, con intere pareti vetrate a tutt’altezza, ritmate dal contraltare di terrazze e camminamenti continui: integrano dentro e fuori, in un gioco di fuochi visivi, che attenuano il senso del limite ed estendono l’abitabilità allo spazio esterno, consentendo di alternare momenti di relax nella natura e con le attività all’aria aperta.
Queste ultime ruotano intorno a mobili in fil di ferro, appositamente disegnati, che sembrano essere cresciuti nel paesaggio; insieme agli alberi di mango, di pitanga e di corallo Erythrina. “Abbiamo cercato di raggiungere un equilibrio” spiegano i progettisti, “configurando uno sviluppo architettonico che dissolvesse i confini tradizionali e si aprisse al rapporto intenso con l’ambiente naturale.
Anche nei muri esterni dipinti di verde e ricoperti di rampicanti. L’idea è stata quella di dare forma a un volume neutrale, bianco e fluido che, nella linearità ortogonale di una pianta lunga e stretta, larga soltanto 14 metri, vivesse di vuoti e di luce. Come Le Corbusier e Oscar Niemeyer ci hanno insegnato”.
Negli interni, l’elemento ordinatore del progetto si affida a una libreria, ancora un ospite inatteso, che, integrata alla scala di collegamento interno, attraversa e connette tutti e quattro i piani della casa, svolgendo una funzione di spina e non soltanto di contenitore di oggetti e libri.
La sua struttura in legno rivestita interamente in cuoio lavorato a mano, disegna una sorta di frammentato guard rail organico dei percorsi fino alla cupola di luce restituita dal lucernario centrale, mentre lo specchio oversize a forma di nuvola (un altro elemento protagonista) sulla parete del living riflette e amplifica le suggestioni del verde outdoor.
“La libreria è stata una specifica richiesta dei clienti, che possiedono circa un migliaio di volumi”, hanno commentato i Campana brothers. “Ci sono state diverse fasi di studio prima della costruzione, l’abbiamo riprogettata almeno sette volte. Meno complessa è stata la scelta degli altri pezzi, che mixano nostri mobili collezionati nel tempo dai committenti con selezionati arredi di design italiano”.
Il layout ha organizzato al livello interrato gli spazi per le auto e il personale; al piano terra quelli di ampio respiro destinati alla convivialità, dal living alla cucina comunicanti con la terrazza e il giardino; al primo, le camere da letto dei figli e degli ospiti che si aprono sulla profonda loggia in cemento estesa lungo tutta la facciata posteriore; nel sottotetto, la master suite con il pavimento in legno di recupero (da una fazenda di Londrina), il camino sospeso al soffitto che può ruotare di 360° per effondere calore in qualsiasi direzione; e, a sua volta, corredata di una terrazza dedicata, estremo belvedere sulle rigogliose chiome degli alberi tropicali intorno.
Senza colore non si può però parlare di una geografia ambientale tropical design. E i colori degli arredi in armonia con quelli dei quadri e di alcune superfici, come il pavimento della cucina in quarzo rosso-arancio o dei bagni (uno nelle tonalità rame, uno blu, uno rosso scarlatto) rafforzano, in una vivace ma dosata palette cromatica, lo spirito brasiliano della casa. E il suo mood organico, espressione di una qualità abitativa senza tempo.
Foto di Leonardo Finotti/Courtesy Estudio Campana – Testo di Antonella Boisi