TESTO DI ALESSANDRO ROCCA
Grande esperto di tecnoecologia, sostenibilità e fonti energetiche alternative, Mario Cucinella ha ricevuto numerosi premi e menzioni ma, soprattutto, ha realizzato edifici importanti come il palazzo uffici del comune di Bologna (2008), la sede della 3M a Pioltello (2010) e il complesso terziario in via Santander a Milano (2012).
Il suo percorso di vita ha seguito la sua traiettoria professionale: ha studiato a Genova con Giancarlo De Carlo e poi è entrato nel Building Workshop di Renzo Piano, lavorando sia a Genova che a Parigi. È qui che, nel 1992, fonda il proprio studio di progettazione, MCA Architects, che nel 1999 si trasferisce a Bologna. Una visita alla sua nuova residenza bolognese, un loft nel quartiere operaio della Bolognina, mette in evidenza un approccio di personalità, in cui si nota una certa allergia agli interni patinati e il piacere degli accostamenti imprevisti e del métissage. Abitata da oggetti raccolti in luoghi e tempi diversi, la casa si presenta fin da subito come uno spazio già intriso di quella stratificazione temporale che, di solito, i luoghi acquistano solo attraverso lo scorrere del tempo. In omaggio al credo della sostenibiltà, Cucinella adotta tutti quei sistemi energetici che consentono di produrre più energia di quanta se ne consumi: una pompa di calore alimentata da un impianto fotovoltaico (con pannelli di Fabbrica del Sole), un sistema di recupero dell’acqua piovana e a un efficientissimo cappotto isolante termo-robusto, 14 cm di lana di vetro, che la Saint-Gobain produce riciclando gli scarti di lavorazione. In questo caso però, a differenza che in altri progetti, l’estetica sostenibile resta sottotraccia perché Cucinella ha voluto riabilitare l’identità industriale del capannone anni ’70, con la spartana essenzialità dei suoi spazi e delle sue strutture. La superficie del pavimento, sotto cui sono alloggiati i pannelli radianti del riscaldamento, è un cemento industriale al quarzo, alle pareti sono portati in vista i mattoni originali, ricoperti da una pellicola protettiva trasparente, e resta com’era anche il soffitto a volta di mattoni con costole di cemento e tiranti in ferro, un classico delle officine meccaniche del secolo scorso. In questa impostazione conservativa, un punto importante è il disegno degli infissi in cui bisogna conciliare il contenimento della dispersione termica e il mantenimento di quell’immagine, tipicamente industriale, delle vetrate sorrette da esili montanti di ferro. Perciò Cucinella ha preferito disegnare da sé i nuovi infissi, realizzati poi in modo artigianale, con profili in acciaio crudo, saldature a vista e vernice antiossidante trasparente. “Per me oggi è impensabile – spiega Cucinella – vivere in un appartamento tradizionale in cui a ogni funzione corrisponda un ambiente separato” e, in effetti, lo spazio abitabile è assolutamente unitario e fluido e anzi si estende al di fuori del perimetro del capannone per andare a occupare, con un soggiorno/ giardino d’inverno, un patio esterno. Negli elementi di arredo, selezionati con il contributo di Chiara Castelli Casa, si mescolano oggetti di modernariato, soprattutto divani e poltrone, frammenti da collezione, come i presepi o gli animali imbalsamati, oggetti d’affezione, come la Moto Guzzi acquistata in gioventù e mai abbandonata, e il ritratto a olio della nonna; e poi objet trouvé recuperati in giro per il mondo, come le statuette propagandistiche cinesi e il tappeto di Gerico, e come il telo militare appeso al muro che pare l’opera di un minimalista americano. Non manca il design d’autore, come il tavolo Arc di Norman Foster e pochi pezzi storici: l’intramontabile Lounge Chair degli Eames e le mitiche A Chair, che, dice Cucinella, sono le prime sedie impilabili nella storia del design moderno.