Con garbo e misura, operando per sottrazione linguistica, riduzione formale e materica, gli architetti dello studio berlinese Sauerbruch Hutton hanno guidato la complessa opera di riconversione e rigenerazione urbana di un’area di 8.775 metri quadrati, che per oltre un secolo è rimasta inaccessibile al pubblico in quanto sede di una caserma militare. Hanno lavorato su sette corpi di fabbrica, di cui tre di nuova realizzazione.
Diversi sono stati i livelli della loro riflessione e dell’intervento: il sito stesso e la sua memoria stratificata nel tempo, gli edifici vecchi e nuovi con i loro contenuti e programmi funzionali correlati al museo (caffetterie, ristoranti, negozi, libreria, children entertainment), l’articolazione spaziale e visiva dell’impianto complessivo nel contesto urbano di oggi.
“Abbiamo cercato il dialogo, in chiave di apertura e partecipazione inclusiva, innanzitutto con la comunità di riferimento, sia dal punto di vista territoriale che architettonico”, spiegano i progettisti, “riprendendo forme ed estetiche del preesistente e del paesaggio circostante. Siamo ormai nell’era post-Bilbao: si può essere spettacolari anche operando per frammenti.
Con il colore, per esempio, un elemento che gioca un ruolo determinante in chiave percettiva, modulando la trama spaziale del puzzle compositivo anche mediante effetti ottici. I prospetti del nuovo edificio museale sono infatti rivestiti con una texture policroma di oltre 20 mila elementi di ceramica in 13 tonalità, cangiante a seconda dell’incidenza della luce, che rimanda alla varietà cromatica di ciò che sta intorno”.