Un’immagine vale più di mille parole. Specie se il soggetto del racconto è la bellezza del nostro Paese. Ma se a parlarne sono Andrea Illy e Davide Rampello, che su questo principio hanno creato Panorama, la videoinstallazione che per tutta la durata di Expo racconta in piazza Gae Aulenti l’unicità dell’Italia, allora le parole acquistano il loro peso, un significato che va al di là della narrazione e dell’intrattenimento.
Perché entrambi della bellezza hanno fatto un valore fermo della loro professione: per Andrea Illy è un ideale che si combina con quello di bontà e diventa un principio guida sia nel suo ruolo di presidente e amministratore delegato di Illycaffè che in quello di presidente di Fondazione Altagamma; per Davide Rampello è una vera e propria missione del suo lavoro di operatore e divulgatore culturale.
Ci potete spiegare come nasce questo vostro approccio e qual è l’idea di bellezza a cui mirate?
Davide Rampello: Parliamo di un concetto che ha assunto un significato mutevole nella storia dell’uomo. Credo che la prima ad avere utilizzato il termine di bellezza sia stata Saffo, parlando della luna. Nella cultura spartana, invece, la bellezza significava morire per la patria. Nel Rinascimento il concetto del bello non esisteva, mentre dominava quello del fare. Lo dimostrano i commenti di Aleandro Alberti, un frate bolognese che, nel ’500, fece il primo grande viaggio in Italia: ciò che lo colpì fu la meraviglia del fare e la preziosità delle cose, per le quali, tuttavia, non usò mai il concetto di bellezza.
Il termine rinasce nell’800, all’interno di una serie di dibattiti sull’estetica di cui Benedetto Croce fu uno dei grandi protagonisti. Per me è bello tutto ciò che è frutto della creatività, dell’ingegno e del saper fare: dalla Cupola del Brunelleschi a una calzatura, per arrivare alla macchina che consente un’invenzione tecnologica È proprio quello che ho voluto esprimere con Panorama. La Cupola del Brunelleschi è stata realizzata per volontà dei lanaioli di Firenze, ovvero da dei commercianti che desideravano rendere più bella la loro città e farla sembrare tale agli occhi di chi veniva da fuori. Questo vuol dire che i lanaioli avevano un tale senso di appartenenza al loro territorio, da pensare di spendere dei danari a questo fine…
Oggi purtroppo nella nostra società c’è una grande frattura e manca una visione unitaria. Si è venuta a spezzare quell’armonia che prima esisteva tra le varie categorie professionali e del bello si occupa solo chi lavora nell’ambito della creatività; questo perché è venuto a mancare il senso di appartenenza a una comunità che determina la visione unitaria delle cose. Noi oggi ci meravigliamo del genio di Leonardo, eppure un tempo l’Italia era percorsa da tanti personaggi simili a Leonardo. Pensiamo a Bernini: noi lo conosciamo come architetto, scultore e pittore, eppure ha scritto anche commedie di cui seguiva la regia. Questi erano personaggi che non necessariamente sapevano tutto, ma avevano il senso del tutto. Ecco, alla base dei discorsi e dei progetti che io e Andrea cerchiamo di sviluppare assieme c’è proprio l’idea di una visione complessiva delle cose.
Andrea Illy: Io preferisco stare su un piano più scientifico e razionale. Io non so cosa sia esattamente la bellezza; per me si tratta essenzialmente di un metro di misura. Le nostre conoscenze prendono le mosse dalla natura e in tal senso a noi risulta bello ciò che non ha difetti, quindi tutte le forme di simmetria come quelle dei cristalli o delle foglie. Una cosa che è priva di simmetria a noi risulta difettosa. Il secondo principio a cui riconduciamo l’idea della bellezza è l’armonia, che ha a che fare con le proporzioni. Quindi noi giudichiamo la bontà e la bellezza di un manufatto in base a una serie di misurazioni.
La bellezza, oltre a essere un metro di misura, è diventata anche una forma di linguaggio: più colto sei, più sei in grado di cogliere la bellezza e di esprimerla attraverso la creatività. L’Italia, assieme alla Grecia, è il Paese che ha ricevuto in dono e sviluppato il maggiore senso di bellezza, da cui deriva la sua grande potenza culturale. Sono principi che ho recentemente espresso in un libro, intitolato “Il sogno del caffè”: dal sogno alla felicità passando attraverso la bontà e la bellezza. Bontà non solo per i sensi, ma anche per il corpo e per lo spirito. E la bellezza è una forma di linguaggio per esprimere la bontà.
D.R.: Anche il progetto del Refettorio Ambrosiano, che abbiamo voluto realizzare in occasione di Expo, si ispira a questi stessi principi, quelli della bontà e della bellezza, che per me sono fondamentali. Perché abbiamo voluto che al progetto di una mensa per i bisognosi partecipassero i più bravi designer e grandi artisti? Perché secondo me non è importante solo ciò che si offre, ma il modo con cui lo si fa. La bellezza è anche il gesto che noi compiamo.
A.I.: La bellezza figurativa come nutrimento dell’anima: è la stessa idea che abbiamo sviluppato con il progetto di Panorama, per esprimere un concetto di nutrimento che va la di là del solo cibo per il corpo. Fino alla fine del XVII secolo la parola bello non aveva un significato figurativo, ma si riferiva al concetto di bene. Non a caso si dice: quella è una bella persona… La bellezza fa riferimento a una dimensione spirituale.
Il vostro lavoro testimonia che l’arte e la cultura in generale possono essere anche uno strumento e un modo per fare impresa…
A.I.: Io mi occupo di stile italiano con Altagamma, che rappresenta i nomi più prestigiosi dell’industria creativa italiana, per le quali la bellezza è core business. Però in Italia ci sono anche eccellenze incredibili dell’industria meccanica o di quella farmaceutica, che non si occupano di stile ma che attraverso la bellezza possono comunicare la qualità dei loro prodotti e dei loro servizi. In questo senso la bellezza diventa un linguaggio, l’espressione del brand. La bellezza deve essere anche uno strumento per rafforzare la propria credibilità. Chi esprime le proprie radici attraverso la bellezza, agisce per costruire qualcosa che possa rimanere in futuro e che quindi gli consentirà di arricchire progressivamente il patrimonio culturale su cui si base la sua identità.
D.R.: La cultura è la capacità dell’uomo di coltivarsi. L’uomo si coltiva e così evolve, prendendo sempre più coscienza di se stesso. Una coscienza che è senza fine. Io, per esempio, ho capito che se una cosa mi sembra non essere interessante è solo perché non gli ho prestato abbastanza attenzione. In realtà a me interessa tutto perché ogni cosa mi aiuta a entrare dentro a un’altra.
Per questo quando mi sono occupato del Padiglione Zero ho voluto raccontare il percorso evolutivo dell’uomo ma anche il meglio delle artigianie e delle arti italiane che hanno segnato questa evoluzione: falegnami, fabbri, scultori, pittori, scrittori, registi, compositori, musicisti. E quando ho dovuto affrontare il tema delle addomesticazioni delle specie vegetali, ho scelto di fotografare tutti i semi che fanno parte delle colture dell’uomo e di farlo secondo un racconto di bellezza, mettendo i semi e i vegetali in progressione cromatica perché io stesso sono rimasto colpito da quanta bellezza riservassero, al loro interno e al loro esterno, a un’osservazione più attenta.
Cos’è che vi accomuna e che vi ha portato a sviluppare assieme vari progetti, tra cui Panorama?
A.I.: Come abbiamo detto, la bellezza non è superficiale, patinata, figurativa. Questi sono stereotipi estetici, che puoi riscontrare, per esempio, confrontando le pubblicità di tanti marchi che essendo tutte uguali tra loro non esprimono quell’unicità che la gente va invece cercando. Se cade nell’omologazione e copia, l’industria culturale e creativa viene meno alla sua missione. Per questo io ritengo, sia nel mio ruolo di imprenditore che in quello di presidente di Altagamma, che per esprimere la bellezza vera sia necessario avere un forte background culturale. E questa conoscenza in Davide è un pozzo senza fine: non per caso, ma perché è frutto di migliaia di ore di studio.
Qual è l’intento di Panorama?
D.R.: È quello di risvegliare, in chi lo vede, l’amore per l’Italia. La cosa che più mi colpisce è che ogni volta, alla fine delle proiezioni, la gente applaude e tanti si emozionano. Questo vuol dire che il nostro è un popolo assuefatto alla vita e alla bellezza.
A.I.: Sono due gli obiettivi: creare orgoglio ma anche consapevolezza, perché la bellezza è la nostra vera economia. L’Italia non ha altro da vendere, se non la sua bellezza e la sua cultura, che è esattamente quello che tutto il mondo si aspetta da noi e che nessun altro è in grado di offrire meglio. Solo che il mondo ha un’immagine molto stereotipata dell’Italia: Armani, la Ferrari, Roma, Firenze, Venezia e poco più. Il colpo da maestro, messo a punto da Davide, è stato quello di non filmare le cose note e a tutti, ma di andare a scoprire i tesori nascosti.
Di recente ho accettato di far parte del comitato fondatore e del consiglio di amministrazione di una fondazione che si chiama Italia Patria della Bellezza. L’ho fatto con due obiettivi: il primo è quello di favorire un risveglio dell’orgoglio e della consapevolezza della cultura della bellezza in Italia; il secondo è quello di contribuire a un censimento del patrimonio della bellezza così atomizzato sul nostro territorio, che è quasi impossibile da ricostruire. A oggi non esiste una biblioteca, un catalogo, un portale, un’application che ti consenta di sapere tutto quello che puoi trovare in un determinato luogo.
È come avere un conto in banca e non sapere quanti soldi ci sono. Si tratta di iniziare un percorso, di tracciare una linea guida. Perché se è vero che l’Italia deve essenzialmente vendere la sua bellezza, allora occorre che venga definita una vision che ci consenta di costruire un’immagine identitaria per il brand Italia. Io credo che quello che Panorama comunica in 10 minuti sia qualcosa di assolutamente inedito.
D.R.: E poi c’è un’altra cosa importante, un primato che Panorama ha permesso di raggiungere e che ha una grande rilevanza in termini di futuro. Per la prima volta, una serie di associazioni – Ministero Sviluppo Economico, ICE, SIMEST, Comune di Milano, Camera di Commercio di Milano, Camera della Moda, Federlegno/Salone del Mobile, Altagamma – si sono messe insieme per realizzare un progetto. Io spero che questo rappresenti un inizio, la rinnovata voglia di una progettualità integrata che restituisca l’immagine del ‘signo’ italiano.
Davide, raccontaci del tuo rapporto con il territorio italiano e dei video girati per “Striscia la notizia” che ti porta a raccontare i luoghi del nostro Paese, visti attraverso la natura, il cibo oltre che l’arte…
D.R.: Si tratta di un progetto di conoscenza vera. Ogni volta che incontro uno dei personaggi a cui dedico ciascuna puntata, mi rendo conto che dietro ogni piccola cosa e ogni piccola storia si cela una rete di persone e un sistema di conoscenze che ne fanno una scoperta straordinaria. Che si tratti di un allevatore, di un coltivatore o di un artigiano, ciascun personaggio rivela una sapienza che si innesta nel territorio in cui vive e di cui rappresenta un prezioso elemento di valorizzazione. Esprime inoltre la varietà incredibile rappresentata dall’Italia. Il poeta Peter Russell ha scritto “Ogni uomo è una specie umana”. Trovo che questa sia una verità meravigliosa, esemplificata appunto dalla sapienza che ciascuno di questi personaggi rappresenta.
Con i suoi progetti di comunicazione legati al mondo della cultura e dell’arte, Illycaffè ha avuto l’intuizione di diffondere a livello popolare una cultura elitaria, facendo conoscere designer e artisti che la gente comune prima non conosceva. Penso, per esempio, alla collezione di tazzine d’artista, inaugurata ben 23 anni fa che ancora oggi prosegue e si arricchisce.
A.I: Con le tazzine d’artista abbiamo voluto aggiungere una componente sensoriale, quella della vista, alla percezione polisensoriale del caffè, data da gusto, olfatto e tatto. La vista è una fonte di piacere molto più immediata rispetto agli altri sensi. L’occhio decodifica infatti segnali elettrici che vanno direttamente al cervello, mentre il gusto e l’olfatto, che sono sensi più basici, sono segnali chimici che vengono tradotti in elettrici, con una dispersione della velocità e dell’intensità dell’esperienza sensoriale.
A questi si aggiunge poi il tatto, che dipende da una sensibilità meccanica che viene poi tradotta in segnale elettrico. Da qui altri tipi di progetti che abbiamo voluto sviluppare, come quello basato sulla sinestesia che abbiamo proposto l’anno passato in Triennale assieme a Ludovico Einaudi. Siamo partiti dal laboratorio e dalle neuroscienze e a ciascuno dei nove ingredienti di cui è composto il blend del caffè Illy abbiamo associato un colore e successivamente una nota individuata da Einaudi. In questo modo abbiamo proposto un’esperienza olistica del caffè, dove il blend veniva assaporato assieme ai nove colori che si mischiavano tra loro e alla melodia che Einaudi aveva appositamente composto.
Questo è il genere di esperienze che vanno oltre al caffè e che ci piace esprimere. E c’è una ragione ulteriore che ci stimola a svilupparle: quella che, dall’illuminismo in avanti, il caffè è la bevanda ufficiale della cultura. Una vocazione che va rafforzata sviluppando contenuti che siano fonte di ispirazione.
Qual è il nuovo progetto che vedrà nuovamente collaborare Andrea Illy a Davide Rampello?
A.I.: Ci aspetta una nuova e importante sfida: far sì che Expo venga patrimonializzato dal Paese, andando ad arricchire la sua immagine identitaria. Parlo della valorizzazione del sito, così come della sua eredità culturale. E’ importante trovare un’idea forte.
D.R.: È un capitolo che non si deve chiudere ma deve continuare. Non sarà facile ma bisogna farlo.
intervista di Gilda Bojardi – a cura di Maddalena Padovani