Progetto di Tense Architecture Network
Progetto team: Tilemachos Andrianopoulos, Kostas Mavros, Nestoras Kanellos
Strutture: Athanasios Kontizas
Foto di Filippo Poli
Testo di Alessandro Rocca

Eleganza di materiali ruvidi, pareti cieche, cemento tinteggiato di scuro e pavimenti in pietra nera.

L’alternativa al bianco patinato dei minimalisti di tutto il mondo è il ritorno a materia, peso, tettonica, al contrasto violento delle differenze in un’atmosfera che mette insieme postindustriale del loft americano, cemento faccia a vista del modernismo e indifferenza estetica dell’arte minimalista.   Una testimonianza efficace di questa tendenza si incontra a Kifissia, sobborgo residenziale di Atene, dove il giovane team di Tense Architecture Network, i soci sono ancora sulla soglia dei quarant’anni, ha realizzato una villa apparentemente strana, una specie di nudo blocco di cemento in cima a un solido muro di sostegno.   A prima vista, si direbbe una costruzione rozza quasi come un fabbricato industriale o come una cisterna dell’acqua ma, a guardare meglio, si scopre che il blocco elementare è fantasiosoe ricco di sorprese come un cubo di Rubik.   La sorpresa sarà completa solo quando le piante invaderanno il reticolato metallico e al cubo di cemento si aggiungeranno altri due volumi, altrettanto precisi e squadrati, di vegetazione rampicante.   All’interno, l’articolazione volumetricasi proietta in una sequenza semplice di spazi caratterizzati da un controllo molto attento dell’illuminazione naturale: il soggiorno ha la fresca penombra di un portico che contrasta con il vano delle scale che è sovraesposto in piena luce.   Cucina e sala da pranzo sono riparate da un muro continuo che produce una luce densa, rafforzata dai cristalli bruniti del lungo tavolo da pranzo in quattro elementi componibili disegnato appositamente dagli architetti, e nel soggiorno del piano inferiore la luce piove abbondante attraverso il vano trasparente delle scale.   Al piano superiore le camere da letto, quella dei genitori e quella più grande, trasformabile in salone unico, dei due figli ancora piccoli; qui la luce naturaleentrerà (quando le piante saranno cresciute) abbondante, ma filtrata e smorzatadal pergolato pensile, il traliccio metallico che sarà colonizzato dalla vegetazione.   Per ora, a edificio ancora nudo, emerge il poderoso sistema tettonicoche trasforma una costruzione di dimensioni ridotte in una struttura autorevole e imponente, quasi un monumento.   A bilanciare il rischio retorico subentra un approccio brutale, rude, che enfatizza la materialità scabra e ruvidadelle superfici come in un bugnato contemporaneo.   Il brutalismo,che nacque con il cemento armato grezzo utilizzato da Le Corbusier nel secondo dopoguerra, si ripropone con un segno completamente diverso. Non c’è più l’enfasi tecnologica dei materiali industriali, oggi nessuno resta incantato dall’estetica della macchina e della produzione meccanica, il cemento è diventato il materiale di base e forse ne abbiamo visto anche troppo.   Al contrario, il neobrutalismodi oggi appare come contestazione, o perlomeno alternativa, del minimalismo degli anni Novanta, del suo total white, della sua ossessione per la levigatezza e per la necessità di oscurare la densità dei materiali, lo sforzo della struttura e i dettagli della costruzione.   Si lascia l’immagine pura per una materialità scultoreain cui la dimensione sensoriale ed emozionale diventa predominante. Nella casa di Kifissia la percezione dell’edificio passa dal visivo al tattile, dall’occhio alla mano e al piede, con le ruvide pareti di cemento grezzo, i pavimenti in basalto nero, le superfici lisce in acciaio della scala e del pergolato pensile.