Il lavoro dell’architetto Annabelle Selldorf spazia dalla piccola scala dell’arredo su misura alla costruzione ex novo di un museo o di una biblioteca. Nella fattispecie, Selldorf si è misurata con la ristrutturazione di uno splendido loft su due livelli, 550 mq, nel quartiere di Chelsea a New York. L’abitazione – pensata per una donna con due figlie adolescenti – si trova all’interno di un palazzo in stile rinascimentale francese progettato nel 1869 dal noto architetto James Renwick Jr.
L’edificio, ora suddiviso in nove appartamenti, era stato concepito come sede newyorkese dell’YMCA (Young Men’s Christian Association), secondo uno schema distributivo che dedicava molta attenzione all’educazione fisica, attrezzando l’ultimo piano – quello dell’attuale loft – come una palestra dotata di campi da basket e piste per la corsa, un giardino pensile e una piscina (fu qui che, nel 1913, si conobbero Charles Merrill ed Edmund Lynch, entrambi membri di spicco dell’encomiabile istituzione).
Nel 2002 il palazzo è stato acquistato dallo Stato di New York e ricovertito in blocco residenziale. La ristrutturazione aveva occultato gran parte degli elementi strutturali originali del palazzo che Selldorf ha sapientemente recuperato e valorizzato con un vero e proprio lavoro di archeologia: l’aspetto industriale dello spazio risulta esaltato dall’acciaio brunito dei serramenti e delle ringhiere disadorne o dalle piastrelle in cemento che conferiscono carattere e personalità all’abitazione.
“Nei progetti residenziali è molto importante conoscere le esigenze del committente. Anche se ho una mia idea personale, ogni casa resta un piccolo ritratto della persona che la abita”. Questo approccio è applicato con rigore nel lavoro complessivo di Selldorf: l’architetto è sensibile al contesto e alla funzione, sa ascoltare i clienti e comprenderne le necessità, crea per loro ‘abiti su misura’ che trascendono il tempo. In questo modo si è creata una reputazione internazionale.
I suoi progetti si distinguono per l’essenzialità estetica e l’architettura lussuosa quanto disadorna. Nello specifico, la sfida era quella di conservare le grandi proporzioni e l’apertura spaziale della struttura, restituendo lo spirito dell’epoca in cui era una palestra.
L’abitazione è ripartita su due livelli; al piano superiore si trovano gli spazi comuni: un ampio soggiorno-sala da pranzo e una cucina a pianta aperta. Attigua alla cucina, la zona pranzo, per la quale l’architetto ha disegnato un tavolo con panca angolare in noce, molto easy anche per svolgere i compiti o trascorrere tempo libero con i ragazzi.
L’isola dai piani in Corian®DuPont della cucina organizza le diverse funzioni senza interrompere la continuità visiva dello spazio aperto. L’atrio a doppia altezza (8,5 metri) accoglie la scala che collega i due livelli dell’abitazione e rimarca la spazialità fluida e immacolata dell’involucro.
Al piano inferiore, gli spazi privati: la camera da letto padronale dotata di guardaroba e bagno, le camere delle ragazze e quelle per gli ospiti, uno studio e le aree destinate al gioco, al cinema e alla musica. Le pareti, dipinte di bianco, irradiano ovunque – come pannelli riflettenti – la copiosa luce catturata dalle grandi finestre che corrono sui tre lati dell’edificio.
Ai materiali neutri del paesaggio architettonico si contrappongono i vivaci colori degli arredi, come il divano di Gaetano Pesce nel soggiorno o le librerie verde-lime di Piero Lissoni. I grandi classici dell’arredamento moderno si accostano a mobili contemporanei o di antiquariato; e si fanno notare, tra gli altri, il tavolo da gioco rotondo in legno di Gio Ponti collocato in un angolo del salotto, gli splendidi pezzi di Carlo Mollino, BØrge Mogensen e George Nakashima o quelli – davvero rari – di Jacques Adnet e Philip Lloyd Powell.
foto di Manolo Yllera – testo di Cristina Gimenez



