Lavorano in alta quota, ma ora sono approdati anche a valle: Stefano Testa e Luca Gentilcore, founder nel 2012 di LeapFactory, hanno ottimizzato l’esperienza maturata in luoghi estremi e difficili.
Con costruzioni rapide, leggere, performanti nei materiali (quali a 2.835 metri, il bivacco Giusto Gervasutti nel gruppo del Monte Bianco, a Courmayeur), e nello spazio esterno della sede di Cleaf a Lissone, hanno mostrato l’esito della loro nuova ricerca: una casa concepita e realizzata come un unico processo integrato di produzione industriale che supera la distinzione tra involucro edilizio e allestimento interno. Ciò che la contraddistingue da un prefabbricato tradizionale.
Consegnata ‘chiavi in mano’ e declinabile in altre tipologie, forme, finiture. Personalizzabile dall’abitante in termini di configurazione e mood secondo i propri gusti. La filosofia di Frame, come è stato denominato il primo modello di LeapHome, è infatti quella del Lego o del Meccano, la scatola di montaggio corredata di manuale d’istruzione.
“Tutti i componenti derivano da una progettazione ingegneristica che ha previsto l’utilizzo di macchine a controllo numerico nella realizzazione” hanno spiegato. “E vengono assemblati a incastro a secco sul posto. Senza necessità di lavorazioni ulteriori, maestranze specializzate, grandi gru e ulteriori ricadute sui costi. Un fatto che sposta, anche dal punto di vista ecologico, la prospettiva, a favore di una riduzione di impatto ambientale”.
In pratica, sulla struttura a telaio in legno microlamellare (di produzione tedesca) si integrano gli impianti, dai tecnologici (progettati in base all’ubicazione geografica della casa e alloggiati in cavedi ispezionabili) a quelli elettrici precablati, fino agli arredi fissi (guardaroba, cassettiere, librerie, dispensa). Questi ultimi sono tutti volumi compatti definiti con superfici materiche Cleaf.
“Abbiamo adottato i loro pannelli nobilitati, laminati e bordi decorativi”, continuano, “perché sono semilavorati industriali dal profilo tecnologico elevato, con garanzia di provenienza e prestazioni note in termini di affidabilità, precisione, leggerezza e resistenza”. Come dire: una filiera certificata in termini di qualità e sostenibilità, in sintonia con lo spirito del progetto.
Prossime sfide? “Il mercato italiano”, concludono i progettisti, “dove resiste una forte tradizione all’immagine della casa costruita in pietra e in mattoni. A oggi, i più recettivi restano quelli nord americani, l’Australia e la Nuova Zelanda”.
Testo di Antonella Boisi