Materie prime, sostenibilità dell’industria e salute del pianeta: il design, della cucina e del cibo, per un mondo più sano

Veganuary è un’associazione non-profit americana con un obiettivo intelligente: convincere le persone a provare la dieta vegana per un mese. È una sfida che dall’inizio del 2021 hanno accettato 500mila persone. Più o meno la stessa cifra descrive il numero delle persone che, nel mondo, hanno fatto una scelta in questa direzione, meno estrema ma anche a tempo indeterminato: i vegetariani. Il primato va all’India, che sul cibarsi di carne ha dei consistenti bias religiosi. Il resto dei vegetariani è serenamente distribuito nel resto del mondo, con quote intorno all’ 8%. Le ragioni della scelta sono soprattutto di ordine etico, e la pandemia ha accelerato persino questa transizione. La pausa forzata e il ritorno massivo alla cucina casalinga hanno convinto molti a chiedersi da dove viene davvero quello che mangiamo. E le risposte non sono quasi mai piacevoli.

Un dato inaspettato: l’Italia ha un numero di vegetariani leggermente maggiore di molti altri Paesi europei. E soprattutto mangia generalmente meno carne. Un fenomeno che si sta diffondendo rapidamente soprattutto fra i giovani, più sensibili agli argomenti etici e meno proni a fidarsi ciecamente dell’industria alimentare. Con buona pace dei fast food, che si attrezzano e offrono alternative vegane. Piacciono? Non è “the real thing” ovviamente. Ma i dati dicono che entro il 2050 metà della popolazione mondiale sarà prevalentemente vegetariana. Si spiegano così io 20mila follower di Andrea Capodanno, giovane instagrammer milanese che con attitudine zen disarmante e occhio sgranato spiega in 90 secondi come fare una torta a quattro piani completamente vegana. Ma il punto, evidentemente, è avere cura di sé e di quello che ci sta intorno.

Il design italiano è impeccabilmente in trend. La cucina a queste latitudini si traduce sempre nel cuore della casa, perlomeno da quando la borghesia ha sdoganto l’idea di trasformare lo spazio intorno ai fornelli in un luogo di convivialità. Probabilmente con un sospiro di sollievo dalla parte dei più: a tutti piace stare vicino a un fuoco, persino uno a induzione. I brand italiani continuano a dare attenzione ai materiali naturali. Le pietre, i marmi e il legno sono sinonimo non solo di durata e qualità, ma anche di una certa attenzione ai valori della sostenibilità e della cura dei prodotti locali. E, ovviamente, la transizione a dei modelli di produzioni attenti al ciclo di vita del prodotto, dall’origine dei materiali fino al disassemblaggio delle complesse parti che compongono la cucina.

Modulnova interpreta l’estetica lineare del progetto Blade con i blocchi funzionali di pietra piasentina nella finitura millerighe e il legno di cedro per le parti frontali delle colonne attrezzate Frame. I mobili a parete riprendono la matericità e la solidità degli anni ’50 e usano i materiali della tradizione, come il noce Milano. Il lavabo, poco profondo ma ampio, cita la cucina delle case coloniali e una tradizione contadina che è alla radice dei movimenti per un’alimentazione più sana, a chilometro zero e capace di esaltare i prodotti del territorio. Lo Slow Food, che qualche anno fa sembrava una nicchia pergourmet etici e ispirati, sta diventando sempre più patrimonio culturale collettivo. Esattamente come il radicarsi, ancora una volta, in un progetto di cucina geometrica e lineare, ma profondamente legata ai valori della tradizione e alle sue forme.

Nei modelli più recenti di Veneta Cucine si ritrova il gusto per la boiserie, per le nicchie e le pareti che interpretano la funzione dell’antico buffet. E l’immancabile presenza del legno nei piani e nei tavoli a penisola, come a dire che il tavolo di legno è ancora un pezzo irrinunciabile di una cucina calda, da usare davvero per riunirsi e prendersi cura del cibo. C’è attenzione anche per le finiture naturali, che rilanciano l’aspetto grezzo del legno. Milano, una delle proposte più architettoniche del brand veneto, è proposto anche in rovere nodoso chiaro, un materiale poco elaborato che mostra bellezza delle venature naturali. In un ambiente contemporaneo è la presenza visiva che riporta quotidianamente l’attenzione a un’estetica che ammette poche sofisticazioni.

In apertura, oggetti per la tavola di Memòri studio realizzati a mano in Marocco secondo tecniche artigianali ancestrali, utilizzando solo materie prime locali. Ph. Eve Campestrini; Set & Flower Design: Amy Humphreys. 

Nell'articolo, nipple pasties ideati dalla designer italo-tedesca Ava Wolff come micromondi gustosi. Ispirati dall’etimologia della parola pasties, ovvero pasticcini, Foro Studio, nuovo art director del brand, ha inscenato una sofisticata pasticceria mignon.