In principio fu l’effetto wow: dettagli di capolavori dell’arte svelati su maxischermi, la realtà virtuale usata per entrare nel paesaggio della Gioconda o in un quadro di Vermeer. “Era l’epoca, non lontana, in cui il digitale veniva concepito come un valore aggiunto nel senso letterale del termine: qualcosa che arrivava dopo, e serviva soprattutto a stupire”, dicono Alessandro Masserdotti e Laura Dellamotta di Dotdotdot, studio multidisciplinare fondato a Milano nel 2004 e che da allora ha diffuso e fatto crescere con i suoi progetti la cultura dell’interaction design. “Quell’epoca non è del tutto finita, ma ne è già iniziata un’altra, più avanzata, in cui il contributo del digitale non è solo quello di fare spettacolo, ma di offrire un senso nuovo di scoperta, attraverso la creazione di contenuti. Per questo, il nostro lavoro non è semplicemente portare la tecnologia in un progetto, ma strutturarne il contributo dal principio, creare un linguaggio comune ai professionisti di settori e discipline diversi, perché l’apporto del digitale sia sostanziale”.