A Milano, lo studio dell’artista-architetto come ideale rappresentazione del suo modo di abitare l’arte e il mondo, tra luce, materia e parole poetiche

"Architetto, la città è buia", gli ripeteva Emilio Vedova agli inizi degli anni Ottanta, spronandolo ad agire. Le ‘parole dell’architettura’ di Marco Nereo Rotelli, artista-architetto di origini veneziane e statura internazionale, tra i protagonisti della nostra mostra-evento Creative Connections al FuoriSalone, hanno messo radici probabilmente così, durante gli anni della formazione nella sua Venezia, quando ancora era imprevedibile quanto sarebbero state incisive nella sua opera. Della sua ricerca costante sulla possibilità di una 'materializzazione' della parola poetica e della luce hanno poi raccontato i più importanti critici d’arte, oltre a poeti, scrittori, filosofi e personalità della cultura, da Massimo Cacciari ad Achille Bonito Oliva, da Gilles de Bure a Fernanda Pivano.

Noi ci limitiamo a presentarvi il suo nuovo atelier in via Quintiliano 24 a Milano, la città dove l'artista si è trasferito, ricavato mediante un restauro spartano in una ex fabbrica di giocattoli. Battezzato Art Project, è una sorta di Factory partecipata, abitata da un insieme di ‘frammenti’ che acquisiscono subito nuova vita e significato attraverso il pensiero delle sue mani. Questo spazio incarna infatti lo sguardo sul mondo di Rotelli, quello generato dal dialogo e dall’incontro tra linguaggi e saperi diversi in nome di un’arte in cui lui crede “come volano dell’essere”.

Ci sono i suoi quadri blu, di quel blu intenso che trent’anni fa Fernanda Pivano l’ha esortato a non abbandonare. Ci sono le sue porte in foglia d’oro istoriate di geroglifici, che rappresentano punti di snodo in chiave simbolica; le sculture grandi o piccole appoggiate alle pareti o protagoniste sul pavimento; i prototipi delle installazioni a cui ha lavorato, con le parole incise nel marmo o pitturate su mosaici di vetro. Momenti stratificati nel tempo. Alla pièce di forme, colori, materiali partecipano anche gli arredi vintage, l’isola centrale con le poltrone, i tavolini e le lampade scompagnate. Ciascun elemento a suo modo, alla stregua della tavolozza di pigmenti naturali e resine usate per le opere, restituisce infatti la percezione di un paesaggio decostruito/ricostruito, altamente interiorizzato e pronto a cambiare immagine e concatenazioni di giorno in giorno.

Il teatro mentale” di Marco Nereo Rotelli, come l’ha definito Renato Palazzi, è difatti un luogo destinato a contenere parole e luci, le materie prime con cui l’artista compone e comunica al mondo il suo punto di vista, abbinando grandi installazioni urbane molto tecnologiche e pitture a mano più tradizionali. “Per me il comune denominatore è sempre la parola poetica, il filo che unisce la mano alla mente”, spiega. “Ho iniziato a lavorare con i poeti negli anni Novanta, chiedendo loro di dedicarmi dei versi su progetti specifici. Mario Luzi ed Edoardo Sanguineti, tra gli altri. Credo nella magia della parola, nel fatto che gli uomini debbano perdersi nel labirinto della parola per poi ritrovarsi, nelle parole che diventano spazio e nelle architetture delle parole.”

Mi interessa che sia leggibile la loro propensione verso una dimensione ulteriore di conoscenza, in grado di cambiare il rapporto con le cose. Mediante le installazioni di luce cerco poi un altro tempo, che è l’istante di stupore generato dall’azione di riscrittura. La luce è essa stessa il contenuto del messaggio, soggetto/oggetto della rappresentazione, perché si declina in forma di poesia visiva, si trasforma, come le parole scritte su un foglio, in altro, dialogando con palazzi, città, spazi interni ed esterni. Un incontro che segue il filo energetico di diversi pensieri tra meraviglia e razionalità, archetipo e domotica, dualità che abitano la realtà dell’essere umano”.

Quell’immenso open space di luce ed energia che è l’atelier di Rotelli si prolunga idealmente nello spazio sottostante del laboratorio condiviso con Roberto Ongaro, che si occupa prevalentemente dell’organizzazione, produzione e comunicazione dei progetti della Factory rotelliana e di Art Project diretto dall’architetto Elena Lombardi. “Abbiamo iniziato una quindicina d’anni fa, testando la nostra affinità elettiva con la complicità di qualche brainstorming improvvisato da Gattullo, lavorando insieme a un’installazione sulla bellezza promossa dalla Ferrero Rocher al Palazzo Reale di Milano: la costruzione di tre quadri teatrali con temi narrativi differenti in cui interagivano e dialogavano tra loro video mapping, grandi proiezioni e action painting”, spiega Ongaro.

Per poi proseguire, tra gli altri, con Mondo Terracqueo a Portofino: la declinazione di un pontile al centro del quale un globo di circa quattro metri di diamentro contenente un video raccontava del mare e della sua relazione con il territorio, come una fonte luminosa. Ne abbiamo creato uno simile lo scorso maggio a Milano, in occasione delle celebrazioni dei 700 anni dalla scomparsa di Dante Alighieri, per la mostra patrocinata dal Comune presso il parco di City Life”, continua.

Ora siamo alla soglia della creazione di un’altra importante opera, che possiamo realizzare grazie alla prestigiosa richiesta di BAT che ha chiesto a VMLYR di pensare a un’opera che potesse al FuoriSalone rappresentare Glo con l’idea di Falso Autentico”. Più recentemente il valore dell’arte e dello sconfinamento alla XVII Biennale di Architettura di Venezia, dove l’artista è ospite del Padiglione di San Marino all‘Ateneo Veneto. “Quando mi hanno invitato mi son ben ricordato che questa è una storica Biblioteca della mia città e mi sono detto che dovevo visualizzare l’idea di un luogo come logos”, racconta.

Così ho realizzato un’architettura di parole luminose che si intersecano nello spazio e all’immaterialità ho contrapposto figure: dei piccoli grattacieli fatti di libri in marmo riciclato, con indecifrabili versi come finestre del linguaggio. Alla fine sempre della stessa idea si tratta: rendere un concetto in un concerto di lingue”. Un tema questo centrale anche nella mostra-evento "Experiri" che Rotelli ha ideato a Palazzo Reale a Milano. L'opening questo mese, come un incontro tra arte, poesia, musica, scienza: un’opera totale.

Progetto di Marco Nereo Rotelli - Foto di Massimo Dall’Argine/courtesy Art Project