Lo spazio di vendita è il luogo dell'incontro fra aziende e pubblico, dove inizia una relazione di reciproca curiosità

Ci sono molti pensieri da fare intorno all’idea di showroom, ultimamente. Per un attimo, ma davvero solo un attimo, abbiamo pensato con ansia che non sarebbero più stati l’habitat ideale del design. Abbiamo pensato che saremmo finiti tutti on line per sempre, un popolo del design senza più una casa e senza incontri e parole che servono a capire i progetti. Ora sappiamo che non succederà, perché i brand continuano a investire energie nei propri spazi. Nei luoghi in cui si incontrano le persone e si trova il tempo per entrare nella complessa literacy di un’azienda di design. La seduzione commerciale sembra l’ultimo dei problemi. Il design è pensante, parlante, ha bisogno di concetti e di condivisione. Gli showroom sono mondi molto diversi fra loro, non sono luoghi di vendita ma di scoperta e di reciproca conoscenza.

“Abbiamo davvero bisogno di ritrovarci e guardarci negli occhi, ma soprattutto di tornare a definire le identità, il linguaggio che ogni brand di design ha costruito e che, spesso, viene dimenticato per inseguire risultati commerciali” esordisce Monica Mazzei, founder di Edra, assieme al fratello Valerio Mazzei. “Edra annuncia due aperture a Milano: in via Durini a Palazzo Durini con Vago Furniture e in via Turati, al secondo piano di Interni”. Sembra una strategia espansiva, ma non lo è. “Mi interessa l’intensità, una presenza forte del prodotto, che ha il diritto di parlare e raccontarsi senza grandi narrazioni a confondere la relazione che nasce fra persone e oggetti”. Fra tutti gli oggetti domestici, i divani sono fra quelli che più entrano in una relazione col corpo. “Un progetto ben fatto incontra le abitudini di chi lo usa, del suo pensiero sulla casa. A noi interessa avere uno spazio in cui Edra si fa conoscere attraverso il proprio il proprio prodotto, il proprio pensiero”.

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Gli oggetti non vivono solo nel presente, sono frutto di una storia e figli di altri progetti prima di loro. Per capirli davvero bisogna conoscerli a fondo e uno showroom è l’intervallo, di tempo e di spazio, disegnato per questo. “Un oggetto di design è una scelta di vita, serve a riconoscersi e ad abbracciare delle idee e delle funzioni. L’omologazione è pericolosa per il design, appiattisce valori e differenze che invece sono nell’identità dei brand e vanno rispettati, in ogni modo” afferma Monica Mazzei. Un invito a tornare alla ricerca di percorsi individuali, in un solco culturale che non confina, ma dà basi solide per continuare a essere un’espressione antropologica oltre che un’impresa.

Un pensiero condiviso da Cappellini. Elena Salmistraro ha disegnato per lo showroom milanese una scenografia intitolata Amor Fati. Nasce da un’idea desueta di accettazione e di amore per il proprio destino. Una remissività che brilla di coraggio e forza. E allude al pensiero stoico e nitzschiano. Molti concetti per un allestimento che parla del coraggio narrativo del brand. Una strada rischiosa percorsa con costanza, che negli ultimi anni ha trovato i toni più riflessivi della maturità. Ma la ricerca è appunto nel dna di Cappellini e il continuo mettersi alla prova in autorappresentazioni sfidanti fa parte di un’attitudine storica ben precisa.

Molti showroom intraprendono la strada dell’individuazione, come se la pausa forzata della crisi pandemica avesse aiutato a sondare le inevitabili domande esistenziali sulla propria origine e la propria identità. C’è chi produce cucine e ospita mostre d’arte. Euromobil espone le opere di Jorrit Tornquist, Alberto Biasi e Lor’Ma, che sintetizzano, in modi diversi, le atmosfere e le finiture delle innumerevoli novità dell'azienda. Scic Italia collabora con l’artista Daniele Sigalot e ospita un’installazione in cui la tecnologia 3D entra in relazione con le superfici dello store. L’arte non nobilita lo spazio per far dimenticare la dimensione commerciale del luogo. Ma è un pretesto per parlare della propria brand identity e delle scelte che ne scaturiscono in modo spontaneo, se autentiche e ponderate.