Gli oggetti non vivono solo nel presente, sono frutto di una storia e figli di altri progetti prima di loro. Per capirli davvero bisogna conoscerli a fondo e uno showroom è l’intervallo, di tempo e di spazio, disegnato per questo. “Un oggetto di design è una scelta di vita, serve a riconoscersi e ad abbracciare delle idee e delle funzioni. L’omologazione è pericolosa per il design, appiattisce valori e differenze che invece sono nell’identità dei brand e vanno rispettati, in ogni modo” afferma Monica Mazzei. Un invito a tornare alla ricerca di percorsi individuali, in un solco culturale che non confina, ma dà basi solide per continuare a essere un’espressione antropologica oltre che un’impresa.
Un pensiero condiviso da Cappellini. Elena Salmistraro ha disegnato per lo showroom milanese una scenografia intitolata Amor Fati. Nasce da un’idea desueta di accettazione e di amore per il proprio destino. Una remissività che brilla di coraggio e forza. E allude al pensiero stoico e nitzschiano. Molti concetti per un allestimento che parla del coraggio narrativo del brand. Una strada rischiosa percorsa con costanza, che negli ultimi anni ha trovato i toni più riflessivi della maturità. Ma la ricerca è appunto nel dna di Cappellini e il continuo mettersi alla prova in autorappresentazioni sfidanti fa parte di un’attitudine storica ben precisa.