Cinque firme del design contemporaneo propongono, con le loro opere grafiche e multimediali, una rinnovata interpretazione dell’erbario inteso come selezione creativa del mondo vegetale. Dove il rapporto tra uomo e natura sfuma in territori sempre più ibridi e sfocati

Creare collezioni di piante e catalogarle è una pratica antichissima. Con gli erbari, i cosiddetti horti sicci, le raccolte di specie botaniche hanno permesso per secoli la trasmissione di conoscenze scientifiche, di credenze magiche, di proprietà curative, ma anche la creazione di immaginari grafici.

Inoltre, guardando la storia degli erbari, è possibile seguire il filo del cambiamento di una storia più complessa: quella del rapporto tra uomo e natura. Stabilire un ordine tassonomico nel mondo vegetale è sempre stato un modo di affermare un potere razionale sulla natura, di separare l’animale senziente – l’uomo – dalle altre specie, comprese quelle vegetali.

In certi casi queste raccolte botaniche escono dalla dimensione del libro e prendono forme multiple; motivo per il quale diviene più appropriato usare il termine di 'florilegi'.

Il nome viene dal latino e significa 'raccolta di fiori', indicando per estensione il concetto generale di 'selezione', rivolta anche a mondi non esclusivamente vegetali. I florilegi contemporanei prendono spesso la forma di opere grafiche e multimediali che raccontano una natura ibrida, modificata, in continua metamorfosi per poter sopravvivere alle efferatezze che l’umano ha compiuto sul non-umano del pianeta, soprattutto nel corso degli ultimi decenni.

Se prima l’azione dell’uomo si limitava alla convivenza con gli altri esseri viventi, al massimo sfruttandone le proprietà a suo beneficio, negli ultimi secoli, con un’accelerazione dell’antropizzazione dell’ambiente mai conosciuta prima, è divenuta prevaricante.

Questo il tema sotteso a molti florilegi contemporanei, opere di designer e artisti che hanno voluto dare forma e comprensione a questo rapporto sempre più sbilanciato.

Caroline Rothwell, per esempio, ha proposto un erbario non fisico, ma digitale, che supera i limiti della natura stessa, creando connettività con le piante e i loro ecosistemi minacciati.

Infinite Herbarium sfrutta l’infinita capacità combinatoria del calcolo computazionale attraverso un apprendimento interattivo di produzione artistica.

Il pubblico può qui incontrare le piante del mondo reale filtrate attraverso set di dati e archivi storici presenti in rete, tra cui quello della Biodiversity Heritage Library, che utilizzano una combinazione di tecniche di Machine Learning.

Le connessioni tra botanica, dati e arte danno così vita a incontri fantastici con curiose specie ibride, creando un mondo parallelo vegetale realizzato dall’intelligenza artificiale.

Anche i designer austriaci mischer’traxler hanno realizzato, per una nota azienda di champagne, Embodied Nature, un’installazione che mira a colmare la frattura tra genere umano e ambiente naturale, ridimensionando l’uomo come componenete di un tutto. Nell’opera, che mostra una parte fisica e una digitale, più di cento specie globali sono rappresentate tutte nella stessa scala, per sottolineare la pari importanza dei loro ruoli all’interno dell’ecosistema, proponendo un ordine tassonomico non realistico, ma simbolico e concettuale.

L’installazione è interattiva e i visitatori si vedono come in uno specchio, ma, al posto del loro riflesso, ciò che appare è una silhouette fatta di piante e fiori. Questa ‘natura incarnata’ diviene quindi un’esperienza individuale con una realtà collettiva dal forte impatto emotivo.

Non si può oggi parlare di mondo vegetale senza fare riferimento agli insetti e al loro ruolo determinante per la salvaguardia dell’ecosistema.

L’autore giapponese Raku Inoue, infatti, ricorre alla tecnica del collage e da materie prime naturali crea artificialmente una via di mezzo tra un erbario e una collezione entomologica. La sua opera ha inizio quasi come un esercizio meditativo, in cui l’artista di primo mattino raccoglie a caso materiali nel verde che lo circonda per poi dare vita a una serie di insetti floreali eseguiti a mano.

Ogni singolo pezzo di questi ‘puzzlea forma di insetto è organico ed è destinato alla decomposizione. Le opere, quindi, sono effimere e vivono per poco tempo, ma vengono immortalate nella fotografia.

Si tratta di un umile promemoria che ci rammenta che nulla è per sempre, specialmente in natura, e che il deperimento è qualcosa che la vita non può ignorare. Le opere, una volta decomposte, ritornano alla terra attraverso il compostaggio, completando così il ciclo naturale di vita/morte.

Tra tutti gli insetti, quelli impollinatori hanno un ruolo fondamentale nell’equilibrio naturale e proprio a loro è dedicato il lavoro di Matilde Boelhouwer.

La designer parte dalla considerazione che oggi nelle giungle urbane, fatte di cemento e pietra, la presenza dei fiori è diventata rara e ha portato a un drastico calo della popolazione di insetti.

Facendo fiorire di nuovo gli ambienti delle città con mezzi progettuali artificiali, gli insetti aumenteranno e i fiori saranno stimolati a rinascere. Ma come si può far fiorire un muro di cemento o indurre un’ape a mangiare qualcosa a cui non è più abituata?

Per rispondere a queste domande Boelhouwer progetta una serie di fiori artificiali che servono come fonte di cibo di emergenza per gli insetti impollinatori, riattivando così un ciclo naturale in forte crisi, ma di vitale importanza.

In passato si diceva 'ditelo coi fiori', alludendo a un codice galante che associava tipi di fiori a messaggi. Per esempio regalare una camelia, secondo il linguaggio dei fiori, porta con sé una dichiarazione di stima e ammirazione; una rosa gialla, invece, indica gelosia.

Così Elena Salmistraro fa un omaggio fiorito creando una pianta ibrida, una sorta di assemblaggio di componenti vegetali esistenti dedicate ad personam, pezzi unici di grafica botanica. In questo caso il messaggio si discosta dal linguaggio dei fiori della tradizione e ci rammenta che l’ibridazione e la metamorfosi sono la nostra sola via di sopravvivenza.

Cover photo: Raku Inoue, Natura Insects, 2020.