Ci vuole una grande potenza visionaria, per fare questo. Un ‘disegno’ che non è solo mezzo ma sostanza stessa di cui è fatto l’atto creativo, una forza trasfigurante che genera vita e mostri come in una primavera perenne. Non a caso la parola “madre” ha lo stesso etimo di “materia”: il latino mater, poiché madre è colei che, letteralmente, ‘si fa’ corpo da donare al figlio, ‘scorporato’ da sé come parte di sé. È, questa, la stessa forza primordiale che pulsa nella terra, che in greco classico ha due nomi: Ctonia, l’abisso infero rivolto verso il basso, e Gaia, la superficie terrestre che affaccia verso il cielo. Ctonia è arida, oscura, non coltivabile. Gaia è rigogliosa, fertile, fruttifera. Ma restano sempre le due facce di una stessa medaglia, perché è il ribollire oscuro di Ctonia ad alimentare la solare creatività di Gaia. E tutto questo è strettamente intrecciato al disegno. Narra infatti il mito che, quando Zeus si unisce in matrimonio a Ctonia, la ricopre con un “manto grande e bello”, un velo ricamato di campagne, boschi e colline che ne disegnano il volto sorridente facendone così Gaia. Questo velo ricamato è il ‘disegno’ della terra (il design delle cose, se si vuole), grazie al quale Ctonia si trasfigura in Gaia e la massa magmatica diventa forma.