Durante il lockdown, poi, questa contorta ‘semiotica rovesciata’ dell’epoca digitale, in cui non è la rappresentazione ad adeguarsi alla realtà ma è questa ad affannarsi per stare al passo con l’immagine, si è ulteriormente esacerbata, poiché, costretti a interagire con il mondo solo attraverso uno schermo, sono cresciute negli utenti le aspettative (cognitive e sensoriali) nei confronti di ciò che un’immagine può dare, così che dal visivo ci si aspetta sempre più che sia in grado di offrire una relazione non solo piattamente tattile ma granulosa e persino ‘saporosa’. Come a dire che, essendo il rapporto con la realtà sempre più posizionato sulla superficie smart di un’interfaccia, ci si aspetta che questa assuma della realtà la dimensione carnale.