L’azienda che ha reinventato il divano classico ha una storia recente, ma la forza e la visione perché le sue collezioni siano davvero senza tempo. Come un’opera d’arte

Ritrovarsi davanti a un mobile Edra vuol dire finire in una dimensione senza tempo, dove ciascun ingrediente - la tecnologia, il materiale, il segno d’autore - riflette un momento storico preciso ma un attimo dopo lo trascende. Come succede con un’opera d’arte. Il che rende ancora più sorprendente la poetica di questa azienda dalla storia recente, fondata in Toscana nel 1987, cui però l’anagrafe non impedisce di rimandare all’esterno un’immagine realmente timeless, come se le sue creazioni esistessero da sempre.

“Penso che sia innanzitutto una questione di visione”, dice Monica Mazzei, vicepresidente e fondatrice di Edra con il fratello Valerio, presidente dell’azienda. “Da quando Edra è nata, si è posta un obiettivo ben preciso: produrre oggetti belli e fatti bene, di altissima qualità, che unissero la tecnologia e l’innovazione alla tradizione artistica. Siamo sempre rimasti fedeli a questa dichiarazione di intenti e questo ci ha permesso di dare vita a prodotti che anche dopo venti o trent’anni sono ancora in collezione. Basti pensare alla Flowers Collection, al Tatlin o al Flap solo per citarne alcuni. La chiave, forse, è un concetto di classicità radicato nella cultura italiana che abbiamo sempre cercato di coltivare e curare con il massimo impegno. La nostra non è quella classicità che guarda al passato con nostalgia, ma ha a che ha fare piuttosto col guardare alla bellezza del nostro territorio, con l’eleganza e la raffinatezza delle nostre architetture e della nostra arte. Una classicità che va di pari passo con l’umanesimo, con la voglia di innovazione e di spingere lo sguardo oltre il conosciuto”.

Grande Soffice by Francesco Binfaré for Edra

La scelta di Palazzo Durini a Milano come nuovo show-room è un’ulteriore conferma di questa vocazione: cercavate un luogo simile o è capitato per caso?

“L’anno scorso abbiamo cercato un luogo milanese e non ci piaceva l’idea di una vetrina su strada. Volevamo una ‘dimora’ che ci accogliesse e che ci rispecchiasse. Da sempre abbiamo portato le nostre collezioni all’interno di palazzi storici perché ricerchiamo la bellezza, nel passato come nel presente, e pensiamo che questo sia un modo di restituire valore. Palazzo Durini Caproni di Taliedo è magnifico, siamo rimasti affascinati dalla luce e dai suoi affreschi, dalla bellezza delle sale e dalla sua storia. Al suo interno l’incontro tra storia e modernità, architettura e arredamento, restituisce un’immagine di straordinaria armonia. È un tributo all’arte e alla sapienza manuale, ai progetti sviluppati da artisti o autori per rendere più belle e confortevoli le dimore di una volta come quelle di oggi”.

Come è cambiata In questi due anni difficili l'idea di comfort di Edra e del vostro pubblico?

Il concetto di benessere relativo all’arredo, e più in generale all’abitare, ha acquisito nei secoli diverse connotazioni. È stato legato in passato a una dimensione più fisica, che ha a che fare con l’ergonomia e la funzionalità di un oggetto o di un’architettura. Oggi lo associamo sempre di più a un concetto di piacere che è sia fisico, sia mentale. La ricerca di Edra è sempre andata in questo senso. Il tempo che abbiamo passato in casa negli ultimi due anni ha portato a guardare con occhi diversi l’habitat domestico. Abbiamo passato molto più tempo in casa, e l’abbiamo riadattata a funzioni ‘speciali’, rendendola ufficio, scuola, palestra, dando vita a un processo di riappropriazione e reinvenzione degli ambienti. Questo è un dato di fatto. L’aspetto inedito è come questa reinvenzione sia avvenuta soprattutto attraverso gli oggetti che la popolano. Abbiamo capito che il concetto di comfort che un singolo arredo offre investe tutta la dimensione dell’abitare, con ricadute sul benessere fisico e psicologico della persona. Sui divani, per esempio, oggi ci rilassiamo, leggiamo, conversiamo, ci lavoriamo anche. La nostra filosofia di progetto è sempre stata quella di pensare non solo a un divano per sedersi, ma a un sistema di sedute che sa adattarsi all’ambiente e alle persone prendendo più forme e assumendo funzioni varie a seconda delle differenti esigenze”.

On The Rocks by Francesco Binfaré for Edra

E qui entra in gioco la tecnologia, il brevetto.

“Sì: il ‘cuscino intelligente’ che abbiamo brevettato nel 2013 rende gli schienali perfettamente adattabile al supporto di appoggio richiesto in quel determinato momento, con un semplice gesto della mano. Le basi di On The Rocks si modulano e creano dimensioni diverse per ogni momento. Il Grande Soffice è un’esperienza unica per raggiungere livelli assoluti di comfort. Ma gli oggetti sono anche strumenti attraverso i quali la casa si indentifica fortemente: è una, ma può diventare tante. Edra pensa alle proprie sedute anche come paesaggi domestici, da sempre. La Flower Collection del 1990, l’On The Rocks del 2004 o il Pack del 2017, le rocce naturali o l’orso come schienale, sono un mondo naturale che ci appartiene e riconosciamo e che attraverso questi oggetti entra negli spazi domestici. Oggi tutto questo acquista un valore molto più profondo”.

Edra è l’azienda che ha destrutturato il divano classico, quando Francesco Binfarè ha eliminato l’incrocio tra l’orizzontalità della seduta e la verticalità dello schienale: quanto ancora si può innovare in un campo come quello degli imbottiti dove non mancano per forza di cose le mediazioni?

“La destrutturazione del divano è il risultato di un lungo percorso di ricerca. Quando gli autori entrano in azienda, spesso non hanno in mano neanche un disegno. Ma hanno in testa un’idea. Dal loro racconto alla presentazione del prodotto a volte passano anni. E sempre intervengono più voci. In questo processo, il progetto prende vita, grazie al dialogo, al confronto e alla sperimentazione, che si traducono in un indefinito numero di prototipi per tendere alla perfezione. Nel nostro Dna c’è sicuramente l’esplorazione di nuove strade, questo sì. Lo abbiamo sempre fatto e continueremo a farlo. Alcuni anni fa la giornalista Alice Rawsthorn sul New York Times ha chiesto se ‘abbiamo davvero bisogno di un’altra sedia’. Io penso di sì, almeno ogni volta che quella seduta sia effettivamente ‘innovativa, bella, sostenibile, espressiva, utile’, e soprattutto faccia stare bene chi si siede, in modo così profondo da voler essere tramandata di generazione in generazione, senza mai ‘passare di moda’”.

Edra mantiene da sempre una relazione speciale con i suoi designer: che cosa avete dato voi a loro e che cosa avete preso?

“In Edra non usiamo il termine designer, preferiamo autori. Le nostre creazioni sono associate a nomi conosciuti, ma alcuni di loro, quando abbiamo iniziato, non lo erano ancora. Non è però questo che conta. Prima del loro tratto stilistico, a noi interessa il ruolo che hanno avuto come pensatori. Solo così si innesca il processo che ha dato vita a prodotti senza tempo. Ci siamo riusciti grazie alle loro intuizioni, alle loro idee. Grazia alla nostra volontà di guardare oltre. La nostra storia è fatta di esperienze e culture, coltivate e curate ogni giorno. Rapporti che sono certamente professionali, ma soprattutto umani. I nostri autori ci raccontano i loro sogni, e questo ci piace ancora tanto. Massimo Morozzi, il nostro primo art director, in un’intervista disse che dietro ogni progetto c’è una storia che nasce da esperienze di vita, ‘queste esperienze, poi, diventano mobili’”.