Nella mostra internazionale itinerante Created in Italy dedicata agli scenari industriali italiani, Odoardo Fioravanti, Giulio Iacchetti e Francesca Picchi mettono in luce le eccellenze produttive del Bel Paese. A partire dai materiali

Addentrarsi nel mondo dei materiali significa uscire dal settore design e procedere in ambiti adiacenti ma sostanzialmente ostici: scienza e tecnologia. È un percorso inaspettato, perché costringe ad adottare un sistema di pensiero diverso. È quello che hanno fatto Giulio Iacchetti, Francesca Picchi e Odoardo Fioravanti per la curatela della mostra “Created in Italy. L’attitudine per l’impossibile”, un excursus fra le aziende che producono innovazione in modo consistente sia dal punto di vista tecnologico che della visione industriale. La Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese è il committente della mostra che viaggerà attraverso la rete degli Istituti di Cultura Italiani nel mondo (è partita a dicembre da San Francisco, la prossima tappa sarà Melbourne).

Eccellenze tecnologiche

L’obiettivo è parlare di un made in Italy non solo manifatturiero o semi industriale. Per scoprire sostanzialmente due cose: il panorama industriale italiano è fatto (anche) di eccellenze tecnologiche; e queste sono storicamente e indissolubilmente legate alla capacità di rimediare all’errore, alla mancanza di economie significative per la ricerca e a una capacità generativa che nasce dalla fiducia nella sperimentazione. Come è nata “Created in Italy”? Lo spiega Giulio Iacchetti: “La scelta è stata fatta cercando di rappresentare tutta l’Italia, dal Friuli sino alla Puglia e alla Sicilia. Non c’è stato alcun fee da parte delle aziende, solo un appoggio logistico per il prestito gratuito dei loro pezzi. Noi curatori ci siamo mossi in totale libertà e la presenza di aziende legate al design (Pedrali, Magis, Foscarini) è finalizzata a raccontare vicende mirabili di prodotti meritevoli di attenzione”.

Industrie hi-tech

Si tratta per la maggior parte di industrie hi-tech che brillano per prodotti sorprendenti, utili e sostenibili. C’è la Gemar, leader nella produzione di palloncini in lattice biodegradabile, al ritmo di sei milioni di pezzi al giorno. O la Petroceramics, spin-off della Facoltà di Geologia dell’Università di Milano, che da quindici anni lavora su un processo di infiltrazione di silicio liquido chiamato LSI, che svolge un ruolo chiave nella progettazione di materiali carboceramici destinati all’uso in condizioni estreme, come i voli aerospaziali. Oppure ancora Terre Davis, azienda di riferimento nella produzione di terra rossa per i campi da tennis ottenuta dalla macinazione dei detriti provenienti dalla demolizione di strutture agricole e abitative tipiche della valle del Po. O la Fizik, che produce selle con resine liquide programmabili, modellate da un sistema digitale che sfrutta la proiezione di luce ultravioletta. Eumakers è invece un’iniziativa di Sfregola Materie Plastiche (sacchetti compostabili per il settore nettezza urbana e rifiuti speciali) volta al riutilizzo degli scarti di lavorazione per la produzione di materie prime destinate alle stampanti 3D. Per finire, Directa Plus, l’azienda che produce Grafysorber, un dispositivo a base di grafene capace di decontaminare l’acqua da petrolio e idrocarburi, con una capacità assorbente 90 volte superiore al suo peso.

Attitudine al progetto

La scoperta e la selezione di queste aziende e dei loro prodotti da parte di un trio di professionisti del design è peculiare. Nessuno di tali brand ha a che fare con il settore. Ma deve tutto a una certa attitudine al progetto e ad alcune similitudini con le discipline del design. Lo spiega bene Telmo Pievani, filosofo della scienza e dell’evoluzione. Nel 2021 ha dato alle stampe Serendipità, l’inatteso nella scienza (Raffaello Cortina Editore), frutto di una ricerca voluta dall’European Research Council per comprendere il ruolo dell’imprevisto e dell’errore nella ricerca e nello sviluppo scientifici e tecnologici. Pievani apre il libro raccontando un’antica fiaba persiana: tre saggi partono da Serendippo per andare alla scoperta del mondo e imparare cose nuove. L’inaspettato è il loro maestro più importante, alla fine. Da qui il concetto di serendipità, usato già da tempo per definire un processo che parte da una domanda e trova una risposta inattesa, magari inadeguata, ma funzionale a risolvere in modo efficace e nuovo dei problemi diversi.

Sorprendente serendipità

Per quanto nota alla scienza, teorizzata dai filosofi e documentata da esempi, la serendipità sorprende. Perché è utile solo quando si è in grado di afferrare ciò che è imprevedibile, forse anche errato, ma generativo. Le storie dei brand italiani sono un esempio inequivocabile di serendipità, intesa non solo come modello scientifico, ma anche come capacità, tipicamente italiana, di usare l’intuizione per cogliere le occasioni e creare bisogni, desideri, visione. Il grande favore che Iacchetti, Fioravanti e Picchi hanno fatto al mondo del progetto con questo lavoro di ricerca è di trovare analogie e similitudini nel modus operandi in settori completamente diversi tra loro. I materiali sono la frontiera tecnico-scientifica del design. Ma ci vogliono dei progettisti e degli imprenditori allenati alla serendipità per capire quali sono gli usi e le finalità inattese dei nuovi materiali.

I percorsi del made in Italy

La tenacia dei percorsi del made in Italy è guidata dalla disponibilità nell’investire e spendere tempo e risorse per vedere dove si va a finire. Un privilegio sempre meno diffuso presso chi lavora nell’ambito della ricerca in modo più formale. La finalizzazione delle risorse economiche allo sviluppo di nuovi materiali spinge infatti a focalizzarsi sul risultato previsto, non su quello imprevisto. Ed è per questo che le storie raccontate o accennate nel catalogo di “Created in Italy” sono pietre miliari, esempi lampanti di processi creativi e contesti che accelerano l’invenzione. I temi che emergono dialogano con la contemporaneità e aprono un orizzonte in cui riuso, sostenibilità, cura, riparazione sono le parole chiave. Qualcosa, pur nella complessità delle diverse specializzazioni, ha parlato ai tre curatori di “Created in Italy”, ed è il segnale che esistono assonanze potenti, una prossimità che può essere coltivata nella reciproca curiosità.

Le qualità del grafene

È un percorso complesso che richiede una certa dose di pazienza. Un esempio: Directa Plus, che usa il grafene, un materiale esistente in natura che però ha fruttato il Nobel ai due scienziati che lo hanno usato per creare il materiale artificiale più sottile al mondo. È più resistente dell’acciaio, conduce l’elettricità meglio del rame, è modellabile quanto la plastica. Le sue applicazioni sono ancora indefinite, ma è utilizzato in molti settori produttivi come i tessili e le batterie. Giulio Cesareo, cofondatore di Directa Plus, ha studiato i processi produttivi degli Stati Uniti ed è tornato in Italia con in mente un modello industriale in grado di eliminare la presenza di agenti chimici, per privilegiare un processo di espansione al plasma che rende il grafene un materiale non inquinante.

Territori inattesi

Questo viene usato per un dispositivo che depura l’acqua dagli idrocarburi, ma in realtà l’invenzione di Giulio Cesareo ha possibilità e potenzialità ancora inespresse. E, come spiega Enrico Morteo nel testo introduttivo del catalogo, “Talvolta basterà isolare in quella abbondanza un elemento e svilupparlo per farne la chiave di un nuovo percorso progettuale; in altre occasioni una tecnica ben conosciuta potrebbe rivelarsi innovativa in un settore diverso”. Per concludere che spesso basta muoversi in orizzontale, per costruire un dialogo fra territori inattesi o immettere nuovi linguaggi in settori apparentemente definiti e maturi.