10 anni e un viaggio da Beirut ad Atene per una nuova scommessa nel design da collezione

Realtà conosciuta nel mercato del 'collectible design', Carwan Gallery festeggia i suoi primi 10 anni con l'apertura di un secondo spazio al porto del Pireo.

Nata a Beirut nel 2011 dal curatore canadese Nicolas Bellavance-Lecompte e dall'architetta libanese Pascale Wakim, un anno e mezzo fa si trasferisce ad Atene grazie alla spinta del nuovo socio, l'architetto francese di base in Grecia Quentin Moyse.

Le scommesse sono nel dna della Carwan, che negli anni ha scoperto e promosso talenti come India Mahdavi, Lindsey Adelman, Philippe Malouin, Roberto Sironi e Carlo Massoud. Circa settanta le opere commissionate e realizzate da zero, nate dalla stretta relazione tra i creativi e il curatore Bellavance-Lecompte che, dotato di grande intuito, è stato capace di spingere l'identità progettuale di ciascuno oltre la propria confort zone.

Per Carwan la scommessa oggi è anche la destinazione: Atene, che sembra al centro di un nuovo rinascimento e crocevia tra est e ovest, in una geografia economica che pare abbia spostato il suo asse. Così, vicino alla galleria elegantemente délabré, ricavata da un ex-cantiere navale, apre un piccolo 'spazio-magazzino', meno formale, dove vedere più da vicino i pezzi della collezione.

Nel primo ambiente è allestita una personale del norvegese Sigve Knutson, con cui Carwan collabora dal 2017. Qui l'esplorazione di materiali come l'alluminio o il legno è portata a livello concettuale, alla ricerca di ciò che non appare, come i pezzi realizzati in 'wood mud', un composto di polvere di legno e colla, che ci appaiono come antiche sculture di argilla.

Nel secondo spazio, invece, è allestita su casse da trasporto una mostra sui pezzi più rappresentativi degli ultimi 10 anni (“Carwan Annex”), quando tutto è partito dalla Milano Design Week, con una collettiva che giustapponeva il coreano Kwangho Lee a designer occidentali come Lindsey Adelman e Philippe Malouin, uniti dalla ricerca nell'artigianato tradizionale.

Alla luce di questa mostra sui dieci anni, come potrebbe riassumersi il lavoro della Carwan?

Sicuramente all'insegna della ricerca - spiega Bellavance-Lecompte. Abbiamo cercato interpreti nel panorama mondiale con un'identità unica nel modo di affrontare, ad esempio, l'assemblaggio o la lavorazione dei materiali, il concept progettuale o il processo creativo. Ci distinguono la qualità e il rigore dei progetti, mai decorativi fine a sé stessi. E una ricerca sul portato culturale dell'artigianato, riletto attraverso strade alternative.

Negli anni avete fatto talent scouting.

Ho girato molto nel mondo e fatto visite agli studi dei progettisti per scoprire nuovi talenti, che abbiamo poi coltivato cercando di spingerli verso nuove strade espressive. Perché gli oggetti che realizziamo sono sviluppati insieme su commissione. Credo si possano contare sulle dita di una mano le gallerie che fanno una ricerca tanto non convenzionale; così come la nostra scelta geografica, più 'remota' rispetto alle grandi metropoli del design.

Quali sono stati gli esordi in Libano?

Quando siamo arrivati a Beirut non c'erano gallerie di design, mentre dopo due anni ne sono nate altre tre. Siamo partiti con opere che volevano mettersi in relazione con l'artigianato libanese, ripensandone le tradizioni secolari. Poi, dopo cinque anni circa, abbiamo voluto avvicinare quel limite sottile tra il design e l'arte concettuale per andare verso l'espressione della creatività, pur mantenendo un forte aspetto di artigianalità. Mi piace l'idea di 'educare' alla cultura del design da collezione: dietro le nostre opere c'è lo stesso sforzo concettuale dell'arte che, se vogliamo vederne solo la materialità, è solo tempera su tela!

Perché avete scelto Atene?

Atene è un ponte tra est e ovest, facilmente raggiungibile da Istanbul, dall'Europa o dal Cairo. Ha una cultura millenaria e prossima alla Turchia, Libano o Cipro, con cui ha condiviso svariati momenti della sua storia. I Greci sono appena usciti da un'importante crisi finanziaria ed economica, ma stanno ripartendo; mentre a Beirut, nel boom ai primi anni 2000, sta accadendo il contrario. C'è da dire, però, che non ci rivolgiamo solo al mercato locale ma a quello globale dei collezionisti, che raggiungiamo con le fiere e gli eventi internazionali.

Ma, come a Beirut ci siamo legati a designer di area libanese perché ci interessava costruire un legame con il territorio ospitante, così vogliamo fare ad Atene. Dopo il duo greco Objects of Common Interst, nel 2022 includeremo uno o due designer greci nella collezione, lavorando con i mastranze locali. Siamo già partiti anche con un progetto con un produttore di marmo, che realizzerà una serie di pezzi iconici di India Mahdavi. Lei che ha sempre lavorato con il colore, vedrà i suoi oggetti trasformati dal bianco assoluto della pietra, così come è successo ai templi antichi, una volta colorati.

Atene, secondo Bellavance-Lecompte è da tenere sott'occhio: “nei prossimi anni può diventare un incubatore a partire dal design contemporaneo, che speriamo venga letto attraverso la contaminazione”.

E questi segnali si iniziano a vedere. Negli ultimi cinque anni non sono pochi gli spazi per il contemporaneo che hanno aperto nella capitale: dalla straordinaria Fondazione Neon, che ha trovato luogo in un'ex-fabbrica di tabacco dell'inizio del XX secolo, giustapponendo artisti greci contemporanei a noti esponenti dell'arte internazionale; alla Fondazione Takis, che invita a scoprire le opere del celebre interprete greco dell'arte cinetica dentro la sua abitazione-atelier.

Anche la città è tutta da riscoprire: storiche gallerie di alto artigianato e antichità trasferiscono il proprio know-how nella selezione di pezzi di design o di raro modernariato, quali Martinos Antique Store, Antiqua Gallery e Ten Carpets. Dall'impronta del recente design hotel Perianth, progettato dal noto K Studio, nel vibrante centro cittadino sono nati boutique hotel come il Blend, sviluppato da Athanasiadis Architects, che mostra un interior design curato ma non mainstream, capace di giustapporre un linguaggio moderno a materiali più tipici del contesto locale quale il marmo, onnipresente in città, perfino nella pavimentazione urbana.