Parlare di icone significa entrare in un tipico ginepraio della cultura progettuale. Tipico perché il concetto di icona è la tentazione, manifesta o no, dei designer e delle aziende. Disegnare un’icona, produrre un’icona. Consegnare alla storia un pezzo capace di parlare dal passato, del presente e al futuro grazie a misteriose qualità indefinibili e ineffabili. Chiara Alessi lo dice nel suo “Le caffettiere dei miei bisnonni”: le icone comprimono il tempo. “Gli autori delle nostre icone lavoravano immersi nel presente, erano in grado di instaurare delle relazione con esso, ma le loro idee non coincidevano perfettamente con le istanze del tempo”. Nello scarto si inserisce la distanza che rende possibile l’interpretazione, il racconto di un momento. Il passaggio simbolico è talmente complesso e variabile da risultare misterioso.