Dai giardini al (sempreverde) brutalismo, ecco cinque libri per gli amanti del design e dell'architettura per non rinunciare alla cultura del progetto neanche in estate

Cerchi qualcosa da leggere sotto l'ombrello o nel bosco in montagna? Ecco 5 libri da non perdere, ovviamente a tema design e architettura, per chi non ne può fare a meno nemmeno in vacanza.

The Last Grand Tour Contemporary phenomena and strategies of living in Italy di Michael Obrist e Antonietta Putzu (editore Park Book, 50 euro)

Nel periodo dell’anno in cui l’Italia è meta di viaggio per migliaia di stranieri in vacanza, vale la pena di aprire questa rubrica con un libro che -anche dal punto di vista grafico - ricorda più un atlante geografico. Dove gli autori, due architetti italiani che insegnano all’estero, riprendendo la tradizione ottocentesca del Grand Tour, viaggio di formazione artistico-culturale dei rampolli dell’aristocrazia europea, si sono immersi nell’architettura e nell’urbanistica dell'Italia di oggi.

Capitolo dopo capitolo, hanno così esplorato il Bel Paese su scale diverse: dalle regioni alle città, dalle abitazioni alle vie di comunicazioni, fino alle risorse del territorio e del paesaggio.

Perché il presupposto degli autori è che l’abitazione sia sempre parte di un corpo più grande e complesso, sul quale possono agire interessi, bisogni, ma anche eredità storiche differenti. Che vale la pena di conoscere.

A chi piacerà: un libro che può essere considerato una moderna bussola per architetti ed urbanisti. Ma che può interessare anche a chiunque di noi (cittadini, giovani, associazioni o amministratori), voglia avere una visione d’insieme per saper leggere e affrontare i temi contemporanei più urgenti, come il costo degli alloggi, la gentrificazione e l’equilibrio uomo-natura.

Giardini. L'arte della natura da Babilonia all'ecologia urbana di Mariella Zoppi (Carocci editore, 35 euro)

Se i giardini sono da sempre lo specchio delle civiltà che li hanno generati, tracciarne la storia vuol dire compiere un viaggio nel tempo per comprendere gli ideali di bellezza che nei secoli ne hanno plasmato le forme, stabilito le essenze, disegnato i percorsi. E molto altro ancora.

In questo volume Mariella Zoppi, urbanista e docente di architettura del paesaggio a Firenze, racconta la storia dei giardini fra Oriente (che li trasforma in luoghi spirituali) e Occidente (dove prevale la fusione tra architettura e natura), fra il rispetto delle regole, l'affermazione del potere e un profondo desiderio umano di riconciliarsi con la natura.

Perché, alla base di un giardino c’è il bisogno inconscio di tornare al Paradiso perduto.

Un libro che accompagna i lettori fino ai nostri giorni, quando il progetto del verde è diventato ormai parte integrante della strategia di contrasto al cambiamento climatico e all’inquinamento. E segno di attenzione alla biodiversità e al benessere delle persone attraverso la creazione di spazi pubblici gradevoli e confortevoli.

A chi piacerà: agli storici, perché comprendere l’evoluzione dei giardini nel tempo significa anche affrontare temi legati al potere, all’economia e alla politica. E a tutti quelli che, per lavoro o per passione, sono alle prese con la progettazione di un giardino: leggerlo favorisce la consapevolezza di contribuire a una presenza capillare e diffusa del verde, in cui ogni giardino diventa la tessera di un mosaico più grande e necessario.

Le tre linee d'acqua: challenge under 35, case study, sguardi di Alfonso Femia (55 euro, Edizioni Biennale)

Largo ai giovani (finalmente). Dalla Biennale dello Stretto, nata nel 2018 come luogo permanente di ricerca e confronto internazionale per cogliere le reali potenzialità di rilancio dell’area mediterranea, un volume che pubblica i risultati della Call to action rivolta agli architetti under 35 ai quali è stato chiesto di associare la parola acqua a un progetto.

A firmarlo, Alfonso Femia, ideatore e direttore artistico della Biennale dello Sretto e architetto che, con il suo studio, si occupa da sempre della relazione tra acqua e architettura.

Il titolo, “Le tre linee d’acqua”, ha una doppia chiave di lettura: da un lato si riferisce alle tre tipologie d’acqua (di piana, di crinale e di costa) che accomunano i territori di Sicilia e di Calabria che si affacciano sullo stretto di Messina. Ma rappresentano anche l’incontro tra l’acqua mediterranea con l’architettura, il paesaggio e l’arte.

Le tre linee d’acqua, dunque, come minimo comun denominatore per una riflessione contemporanea, aggiornata ai temi del clima.

A chi piacerà: a chi ha compreso che, per affrontare le emergenze di quest’epoca (una delle quali, importantissima, riguarda proprio l’acqua), occorre il contributo di tutti. Soprattutto dello sguardo fresco e vivace dei più giovani, in Italia spesso poco ascoltati, capaci di idee innovative e allo stesso tempo sostenibili.

Concrete Jungle. Tropical architecture and its surprising origins (AA.VV, 55 euro, Gestalten editore)

L’incontro tra architettura modernista e vegetazione tropicale ha prodotto nel corso del tempo alcune delle case più visionarie, futuristiche e senza tempo della storia dell’architettura.

A raccontarle, un fotolibro che accosta alcuni classici dell’architettura moderna come la Casa da Canoa di Oscar Niemeyer, la Cuadra San Cristóbal di Luis Barragán o i progetti di Paulo Mendes da Rocha a costruzioni più contemporanee come le case progettate dagli architetti brasiliani Marcio Kogan, fondatore dello Studio MK27, e Angelo Bucci, di Spbr. D

imostrando la potenzialità di questo dialogo e le possibilità innovative, come l'uso di materie prime lasciate a vista, per esplorare la funzionalità piuttosto che l'estetica.

A chi piacerà: a chi, a partire da una selezione di alcuni tra i più importanti esiti di questo incontro, ha compreso come la sfida di far dialogare l'architettura razionale e la ricchezza della vegetazione tropicale possa produrre modelli abitativi utili anche per la sperimentazione e l’innovazione nell’architettura urbana del futuro.

The Brutalists: Brutalism’s Best Architects, di Owen Hopkins (60 euro, Phaidon)

Non c’è niente da fare: o la si ama o la si odia. È l’architettura brutalista, quella del cemento armato in bella vista e niente fronzoli, tornata oggi al centro dell’attenzione, di cui questo libro appena uscito per Phaidon racconta la storia attraverso 350 immagini di 250 edifici brutalisti.

Da quelli iconici a quelli meno conosciuti, più nuovi e sorprendenti, in un viaggio (attraverso i cinque continenti) che va dal 1936 ai giorni nostri. Per questo, il volume rappresenta anche l’indagine più completa e documentata ma pubblicata prima su uno degli stili più divisivi ma anche celebrato della storia dell’architettura.

Oltre ai diversi edifici, Owen Hopkins affronta anche lo stile personale e la biografia di oltre 250 architetti (organizzati in ordine alfabetico) accostati ad alcuni selezionati esempi del loro lavoro, dando così finalmente spazio anche alle personalità troppo a lungo trascurate. Si va da John Andrews a João Batista Vilanova Artigas; da Lina Bo Bardi a Bertrand Goldberg; da Agustín Hernández Navarro a Le Corbusier; da Oscar Niemeyer a William L. Pereira: impossibile citarli tutti.

A chi piacerà: A chi, studenti di architettura o progettisti, ha voglia di cogliere le diverse anime di uno stile tornato oggi al centro dell’interesse e che, nel nostro Paese, è stata declinata soprattutto nell’edilizia popolare (come la Rozzoli Melara di Trieste e il complesso del Nuovo Corviale a Roma).

Cover photo: uno scatto dalla cerimonia di premiazione dei NABA, NABA Design Award, il concorso nato da un’idea di Claudio Larcher, NABA Design Area Leader, che premia i migliori progetti realizzati durante l’Anno Accademico appena trascorso: un’occasione per celebrare i lavori degli studenti del Triennio in Design e dei Bienni Specialistici in Product and Service Design, Interior Design e Social Design. Durante la cerimonia di premiazione che si è tenuta ieri sera presso AriAnteo Chiostro dell'Incoronata a Milano e in diretta streaming sul canale YouTube di NABA, oltre al Miglior Progetto dell’anno e al Premio della Giuria, sono state premiate molte altre categorie in concorso: dal miglior Progetto Interior Triennio alla miglior Tesi Product and Service Bienni.

Il Miglior Progetto dell’anno è “Niente da vedere” di Chethra Iotti, Matilde Martegani e Andrea Motta, nato dall’esigenza di evidenziare un controsenso presente a Milano, nel quartiere Giambellino: case vuote e urgenza abitativa. L’intervento consiste nel mettere in risalto le finestre murate/laminate: varie installazioni posizionate in punti chiave, infatti, le rendono visibili. Il progetto ha l’ambizione di segnalare e dare speranza, intrigando e stimolando alla piena consapevolezza del valore politico e sociale della situazione.

 Il Premio della Giuria, volto a valorizzare l’approccio progettuale della ricerca, va a “UP” di Lucrezia Bellandi, Niccolò Binotto e Giuseppe Caputo. Il progetto parte dallo studio del palloncino come strumento che offre numerose possibilità di utilizzo per merito delle sue qualità elastiche, plastiche e di sostenibilità. UP è un kit che, grazie a una semplice tecnica, permette di comporre un apparecchio luminoso le cui forme sono in parte casuali, poiché date dal gonfiaggio di un palloncino e da un incastro che lo lega alla fonte di luce: una lampada colorata e sempre diversa.