Qui, oltre allo spazio espositivo, l’artista - diventato famoso per il suo controverso Episode III: Enjoy Poverty, dove si afferma che il Congo commercializza la propria povertà come fosse una risorsa naturale - ha realizzato anche una scuola, una sala conferenze, una cucina, un luogo di incontro per la comunità e un laboratorio dove tutte le opere sono state realizzate.
Proprio grazie ai proventi ottenuti dalla vendita di questi lavori, il collettivo è riuscito a riacquistare negli anni oltre 200 ettari di ex terre di piantagione che stanno lentamente trasformando in agroforeste biodiverse. Ma non solo.
In previsione della Biennale il CATPC ha presentato anche una petizione per il prestito temporaneo di Balot, scultura ritenuta sacra dalla comunità, oggi conservata nella collezione del Virginia Museum of Fine Arts (VMFA).
Il collettivo africano, presieduto da René Ngongo e composto dagli artisti Djonga Bismar, Alphonse Bukumba, Irène Kanga, Muyaka Kapasa, Matthieu Kasiama, Jean Kawata, Huguette Kilembi, Mbuku Kimpala, Athanas Kindendi, Anti Leba, Charles Leba, Philomène Lembusa, Richard Leta, Jérémie Mabiala, Plamedi Makongote, Blaise Mandefu, Daniel Manenga, Mira Meya, Emery Muhamba, Tantine Mukundu, Olele Mulela, Daniel Muvunzi, Alvers Tamasala, Ced'art Tamasala, crede che una volta restituita la scultura verranno corrette le ingiustizie del passato. Il team artistico e il VMFA sono attualmente in contatto per realizzare il prestito.