Luca Beatrice e Amina Melikova mettono in scena un ritratto poliedrico della produzione artistica azera, incentrata sui temi di identità, migrazione e immaginario

Un viaggio introspettivo attraverso i concetti di identità, migrazione e immaginario. Si può riassumere in questo modo il senso ultimo del Padiglione Azerbaigian alla Biennale di Venezia.

Intitolato "From Caspian To Pink Planet: I Am Here”, curato a quattro mani da Luca Beatrice e Amina Melikova, si pone in perfetta linea con il tema della 60esima esposizione d’arte "Stranieri ovunque” e offre un ritratto poliedrico della produzione artistica azera, ancora poco nota a livello internazionale eppure vibrante e quanto mai intraprendente.

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“È bastata una veloce visita a Baku per capire l’effervescenza culturale e artistica di questo antico Paese, dove l’architettura contemporanea dialoga con la storia, la tecnologia e l’industria compiono rapidissime accelerazioni e l’arte diventa lo specchio più fedele di questo atteggiamento proiettato verso il futuro”, ha spiegato un entusiasta Beatrice.

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Saranno tre gli artisti in scena, per altrettante visioni. Si tratta di Vusala Agharaziyeva, Rashad Alakbarov e Irina Eldarova. Tutti, utilizzando poetiche diverse, si interrogano sul significato di sentirsi a casa in un mondo sempre più globalizzato.

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Vusala Agharaziyeva, classe 1990, originaria di Baku, con il suo dipinto "Pink Planet” trasporta il pubblico in un immaginario surreale, dove figure enigmatiche atterrano su paesaggi lunari dalle tonalità rosa più o meno shocking.

"Immaginate di sbarcare su un pianeta rosa completamente sconosciuto”, racconta Agharaziyeva. "Come vi sentireste? È questo che voglio che le persone si chiedano di fronte al mio dipinto”. L'artista azera trae spunto dalle sue esperienze personali e mette su tela tutto il senso di spaesamento e di estraneità che accompagna l'esperienza del migrare.

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Rashad Alakbarov, 45 anni, presenta l'installazione "I Am Here”: un labirinto di pareti bianche che, da diverse angolazioni, compongono la frase "Io sono qui".

Un'opera che porta inevitabilmente a far luce su quello strano link che unisce individuo e luoghi che ha abitato, sottolineando come la nostra identità sia in continua evoluzione e dipenda dalla prospettiva con cui ci approcciamo al mondo.

"Il luogo di nascita non è solo un punto sulla mappa," spiega Alakbarov. "È anche un insieme di ricordi, esperienze e culture che ci formano come persone”.

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Infine Irina Eldarova, moscovita sessantanovenne grazie alla serie di dipinti "Girls Prefer Oilmen”, realizzati fra il 2013 e il 2023, narra una storia d'amore immaginaria tra un lavoratore petrolifero del Mar Caspio e Marilyn Monroe. Un'opera surreale e ricca di simbolismi che celebra sia l'incontro tra culture diverse che l'importanza dell'accoglienza, in un'epoca dominata dall’intolleranza.

Ma il progetto espositivo del Padiglione dell’Azerbaigian, disegnato all’atelier veneziano OSTUDIO, non si limiterà solo a rispondere al tema della Biennale, ma cercherà di andare oltre. I lavori in scena sono infatti anche un invito a riconsiderare il concetto di straniero, non come una minaccia, ma come un'occasione di arricchimento e di confronto. Esiste oggi un messaggio più attuale di questo? Probabilmente no.