"Ka’a Pûera: siamo uccelli che camminano" è il titolo del padiglione del Brasile che celebrerà la cultura dei popoli indigeni e racconterà la loro storia di resistenza

Dal Padiglione del Brasile si prepara a levarsi nei giorni della 60esima Biennale d’Arte, un Canto De Ossanha - lo chiamerebbe Vinicius de Moraes.

Quest'anno, infatti, - come annunciato da Andrea Pinheiro, presidente della Fundação Bienal de São Paulo, in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e il Ministero della Cultura- ha scelto di diventare Padiglione Hãhãwpuá, dal nome con cui il popolo Pataxó chiama proprio il territorio del Brasile.

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Curato da Arissana Pataxó, Denilson Baniwa e Gustavo Caboco Wapichana, il progetto si intitola “Ka'a Pûera: nós somos pássaros que andam” (Ka’a Pûera: siamo uccelli che camminano) e celebrerà la cultura dei popoli indigeni.

“Si racconterà una storia di resistenza indigena in Brasile, la forza del corpo presente nella riconquista del territorio e nell’adattamento alle emergenze climatiche”, affermano i curatori.

Del progetto espositivo si sa che trascenderà i confini della semplice esposizione artistica diventando un'esperienza immersiva e multisensoriale. Il pubblico sarà infatti trasportato in un viaggio affascinante nella memoria della foresta amazzonica, un tempo rigogliosa e vibrante, ma oggi minacciata dalla deforestazione e dallo sfruttamento incontrollato.

In scena ci saranno opere di Olinda Tupinambá, Ziel Karapotó e soprattutto di Glicéria Tupinambá, artista imprigionata nel 2010 e vincitrice del Premio PIPA 2023, che da tempo collabora con la Comunità Tupinambá di Serra do Padeiro e Olivença, a Bahia (sua la videoinstallazione Dobra do tempo infinito dove con semi e terra, crea connessioni tra le reti da pesca e i costumi tradizionali).

Tutte insieme daranno vita a un racconto poetico di questi luoghi ancestrali e della gente che li abita praticamente da sempre.

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Il titolo "Ka'a Pûera”, che si allinea quasi alla perfezione al tema della Biennale "Stranieri Ovunque” scelto da Adriano Pedrosa, ha un doppio significato: allude sia alle antiche foreste disboscate sia alla capacità di rinascita delle comunità locali.

Seguendo questa dicotomia la mostra si svilupperà lungo due filoni specifici: il primo, legato alla memoria della foresta, comprende installazioni, video e oggetti d’artigianato locale che rievocheranno l'antico splendore dell’Amazzonia, la sua biodiversità e il profondo legame con le comunità indigene.

Il secondo coinvolge invece performance, musica e opere d'arte contemporanea che celebreranno la cultura locale e la sua capacità di sopravvivere e di rivendicare la propria identità di fronte alle avversità. Il messaggio finale sarà attuale e universale allo stesso tempo in nome di un futuro sempre più inclusivo.

La cultura indigena brasiliana non sarà però approfondita solo all’interno del padiglione nazionale ma anche al di fuori. Merito di un corposo programma di eventi collaterali, tra cui incontri con artisti e curatori, workshop, proiezioni di film e concerti.

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