Per la prima volta sarà la personale di un artista indigeno, Jeffrey Gibson, di origine Cherokee e Choctaw, a rappresentare gli Stati Uniti alla prossima Biennale di Venezia

Sarà l’artista Jeffrey Gibson, di origine Cherokee e Choctaw, a rappresentare gli Stati Uniti alla prossima Biennale di Venezia. Si tratta di una primizia assoluta.

Mai prima d’ora un indigeno americano era stato scelto per coprire, con una personale, questo ruolo. 51 anni, originario di Colorado Springs, anche si è stabilito da tempo a Brooklyn, Gibson appartiene alla Mississippi Band of Choctaw Indians, la sola tribù indiana americana riconosciuta a livello federale nello stato del Mississippi.

E proprio dalla sua esperienza personale, ogni giorno trae linfa vitale per dare vita a opere in cui plasma le tecniche più disparate invitando il pubblico a riflettere su temi attualissimi come identità e storia, soprattutto dal punto di vista dei nativi.

“Attraverso il mio lavoro, cerco di creare spazi di dialogo e di riflessione sulle questioni di appartenenza e appropriazione culturale”, ha spiegato Gibson.

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Noto per le sue sculture sospese a forma di sacchi da boxe ma anche per le sue tele formato extralarge dai colori intensi, l’artista porterà in Laguna un percorso piuttosto fluido, capace di superare i confini interni della struttura del padiglione e di coinvolgere anche l’area del cortile esterno.

Il progetto, condotto da Abigail Winograd, curatrice indipendente, e Kathleen Ash-Milby, curatrice d’arte nativo-americana al Portland Art Museum e membro della Navajo Nation, unirà performance e installazioni multimediali e porterà il pubblico all’interno di un itinerario multisensoriale dal forte impatto emotivo.

“Questo progetto ci spingerà a guardare il mondo con occhi nuovi - racconta Ash-Milby, prima curatrice indigena a lavorare al padiglione statunitense -. L’approccio inclusivo e collaborativo di Jeffrey celebra da sempre la forza e la persistenza delle culture indigene americane”.

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Accanto all’allestimento in scena ai Giardini, sarà poi realizzato un programma educativo, organizzato in collaborazione con l'Institute of American Indian Arts di Santa Fe e il Bard College di New York, che permetterà agli studenti delle istituzioni americane di visitare Venezia e approfondire la cultura indigena grazie ai temi sviluppati dall’artista Cherokee.

“L'opera che verrà esposta - fa sapere Winograd - sarà un catalizzatore di cambiamenti positivi e offrirà la prospettiva di un futuro inclusivo.

Per questo tutti noi speriamo che grazie alla Biennale, il pubblico recepisca il messaggio e lo viva come sorgente di gioia, di ottimismo e di guarigione. Tutti elementi sempre più fondamentali in un'epoca profondamente segnata dalle crisi e dai conflitti”.

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