Sarà il Global South il protagonista della Biennale Arte 2024: il curatore Adriano Pedrosa spiega come ha messo al centro della ricerca il fatto a mano, l'artigianato e le lavorazioni considerate "estranee"
“Vi prometto tantissima bellezza”, ha rilanciato il direttore della Biennale Arte 2024 Adriano Pedrosa nel corso della conferenza di presentazione del progetto.

Leggi anche: Adriano Pedrosa è il curatore della Biennale Arte 2024

La sessantesima della gloriosa storia della kermesse lagunare che quest’anno si intitola “Stranieri ovunque - Foreigners Everywhere” e guarda oltre i confini dell’Occidente, oltre le frontiere dell’arte considerata da molti come  quella 'ufficiale'.

Il titolo è ispirato a una serie di lavori realizzati a partire dal 2004 dal collettivo Claire Fontaine, nato a Parigi ma con sede nel cuore della città di Palermo.

“Dovunque si vada - ha raccontato il curatore di origini brasiliane, che da circa un decennio coordina brillantemente il Museu de arte di Sao Paolo - in qualsiasi luogo cui si trovi si incontreranno sempre stranieri: sono, anzi, siamo dappertutto. A prescindere dal posto in cui ci si trova, in fin dei conti, nel profondo siamo tutti stranieri. Ecco, la Biennale Arte 2024 sarà una  loro celebrazione”.

Leggi anche: Di cosa parlerà la Biennale Arte 2024

Leggi lo speciale di INTERNI dedicato alla Biennale Arte 2024

Un concetto questo che sembra quasi la prosecuzione naturale della Biennale di Architettura (leggi qui l'articolo dedicato) appena conclusa, dove i concetti più dibattuti sono stati proprio decolonizzazione ed emigrazione.

Anche in occasione della kermesse che si svolgerà in Laguna dal 20 aprile al 24 novembre i temi saranno più o meno gli stessi. Declinati attraverso i lavori di grandi outsider, rappresentanti della cultura queer (come Evelyn Taocheng Wang o Louis Fratino), ma anche indigeni, folk, immigrati, espatriati, diasporici, émigrés, esiliati.

In tutto saranno 332, suddivisi in due maxi capitoli che compongono il  grande romanzo della storia della creatività extraeuropea.

Leggi anche: 5 artisti da tenere d’occhio alla Biennale Arte 2024

Leggi anche: Le polemiche sul Padiglione Italia alla Biennale Arte 2024

Il primo di questi capitoli, allestito nelle Corderie, è dedicato al contemporaneo e sarà raccontato attraverso pittura, scultura e arte tessile grazie a lavori di artisti come Yinka Shonibare, Pacita Abad e Liz Collins.

Il secondo, negli spazi del Padiglione centrale ai Giardini, punterà invece tutta la sua attenzione sul passato mettendo in scena lavori realizzati nel ‘900 in Sudamerica, Africa, Asia e Medio Oriente.

Proprio nel Padiglione centrale, la cui facciata sarà dominata da un gigantesco murales realizzato dal collettivo brasiliano Mahku, la mostra principale si ramificherà in altre tre sottosezioni: la prima è dedicata ai Ritratti e vedrà sculture e quadri ad alto tasso emozionale firmati da 112 artisti (fra cui Lee Quelle, Cìcero Diaz e Selwyn Wilson); la seconda, chiamata Astrazioni, raccoglierà le visioni di 37 esponenti come Eduardo Terrazas e Samir Halaby; mentre la terza, definita Diaspora artistica italiana del ‘900, porterà in scena tutti quegli artisti italiani - da Lidy Prati a Gianni Bertini - che hanno scelto di stabilire fuori dal loro Paese le loro basi creative.

A fare da leit motiv a quest’ultima area tematica, l’allestimento a cavalletto a vetro ispirato a quello elaborato dall’architettao italobrasiliana Lina Bo Bardi, a cui tre anni fa venne assegnato il Leone d’oro alla memoria.

In tutto saranno novanta le partecipazioni nazionali dislocate nei Padiglioni ai Giardini e all’Arsenale, oltre che in vari punti del centro storico di Venezia (due anni fa erano state ottanta).

Quattro le new entry: Etiopia, Tanzania, Benin, Timor Leste.

Attesissimo è poi il ritorno del Padiglione della Santa Sede che quest’anno sfoggerà uno dei progetti più attesi dell’intera manifestazione. Curata a quattro mani da Chiara Parisi e Bruno Racine, direttore di Palazzo Grassi, si intitolerà Come i miei occhi e sarà allestito nella Casa di reclusione femminile della Giudecca. Una trentina, infine, saranno gli eventi collaterali.

Fra cui brillano di luce propria la mostra City of Refuge III della grande scultrice belga Berlinde De Bruyckere all’Abbazia di San Giorgio Maggiore, quella del pioniere della street art europea Ernest Pignon-Ernest all’Espace Vuitton a due passi da Piazza San Marco e la personale della pittrice polacca Ewa Juszkiewicz con i suoi ritratti femminili ispirati all’Arcimboldo ai quadri fiamminghi dal titolo provvisorio Un ballo in maschera, allestita grazie alla Fundación Almine y Bernard Ruiz-Picasso di Madrid.