Un’esperienza spaziale e materica di un borgo diffuso tra terra e mare, progettata da Alvisi Kirimoto

“Più che strutture concluse, sono un rifugio dal sole e dalla pioggia, proprio come gli straordinari edifici preistorici sardi. Quando siamo andati la prima volta con il cliente a visitare il sito, ci siamo ritrovati nello spiazzo in luce tra i ruderi esistenti e abbiamo pensato che il progetto dovesse nascere da lì, dal disegno della piazza e di percorsi naturali che assecondano la morfologia del luogo, con piccoli terrazzamenti che accolgono una volta il verde, una volta l’acqua. Gli edifici sono stati recuperati cercando di svuotarli il più possibile e integrandoli con lo scenario della natura.

Il progetto nasce anche dal dialogo con gli artigiani locali, artisti della materia che hanno saputo donare vita e ricchezza al granito locale, rendendolo il vero protagonista”, raccontano Massimo Alvisi e Junko Kirimoto, fondatori dello studio Alvisi Kirimoto di base a Roma.

La loro sintesi racchiude i significati più reconditi dell’intervento che hanno recentemente concluso a Porto Rotondo, una delle mete più esclusive della Sardegna.

Alvisi Kirimoto hanno interpretato il tema dell’architettura sarda con cui si sono confrontati, ciascuno a proprio modo, professionisti del calibro di Jacques Couëlle, Luigi Vietti, Michele Busiri Vici, attraverso un linguaggio contemporaneo immune da accenti vernacolari e privo di adesioni a schemi precostituiti, dando valore all’ambiente naturale di riferimento come essenza stessa del costruito.

Incastonata nel paesaggio collinare e silenzioso della Gallura e avvolta dalla macchia mediterranea, la villa sartoriale di alto profilo sorge su due ettari di terreno in dolce declivio verso il mare, in un panorama privilegiato sul Golfo degli Aranci.

Si è generata dalla trasformazione di tre diverse costruzioni frammentate tra loro che hanno preso il carattere unitario di tre bassi edifici separati e uniti a diverse quote dal giardino che li circonda, parte indissolubile dell’intero progetto.

“L’impossibilità di modificare i profili dei volumi preesistenti, a causa di vincoli paesaggistici, ha reso necessario ripensare la loro relazione”, spiegano i progettisti. Dunque, assecondando le curve di livello del sito, una scala in granito giallo di San Giacomo si snoda come una promenade dal punto più alto del lotto, in un rincorrersi di linee morbide e sinuose fino alla piazza centrale, attorno alla quale convergono i volumi.

La composizione integra un sistema di terrazze orientate verso il mare insieme alle piscine, di cui una a sfioro e l’altra con idromassaggio, riecheggiando la trasposizione di un borgo mediterraneo in una dimensione privata: la piazza come luogo d’incontro all’ombra di un maestoso albero di carrubo, le fasce verdi a petalo che alternano alberature recuperate e nuova vegetazione autoctona, il tessuto connettivo tra i corpi di fabbrica.

Quello principale accoglie in un continuum gli ambienti giorno – living, sala da pranzo e cucina – e in un angolo defilato del prospetto ovest il box di vetro che contiene la scala di accesso al nuovo livello seminterrato riservato alla sala playroom e ai locali tecnici. Gli altri due ospitano gli spazi notte e di servizio.

E se l’architettura cambia registro, diventando ortogonalità nelle linee asciutte ed essenziali degli edifici, la palette materico-cromatica ricorrente, dominata sempre dal granito giallo di San Giacomo abbinato al marmo di Orosei, al legno di iroko, all’ottone brunito e all’intonaco di calce naturale, dà voce alla nuova vita del costruito in modo sintetico e coerente nella percezione spaziale.

La posa dei blocchi di pietra a spacco naturale senza fughe, affidata a talentuose mani locali, ha trasformato i muri in superfici imponenti e sofisticate: una teoria di pareti e setti vibranti alla luce del sole, grazie alle generose vetrate con infissi a libro d’ottone brunito di sezione stra-contenuta, che ritagliano i prospetti aprendo visuali sulla piazza e sulle terrazze vista mare nelle zone giorno e verso il giardino nelle camere da letto.

L’utilizzo del marmo di Orosei per la pavimentazione, sia all’interno che all’esterno, dissolve ulteriormente il concetto di soglia, donando fluidità e lievità al paesaggio domestico.

Poi nel volume principale ripensato come un unicum al servizio degli ambienti giorno, con un passo dettato da quattro setti paralleli orientati in direzione est-ovest, l’inaspettato colpo di scena.

I soffitti in legno a quattro falde rivelano una struttura particolare che diventa anche suggestiva texture ad effetto decorativo nella sua immagine contemporanea. “È formata da quattro travi Duo in legno di iroko, con nodi centrali e laterali risolti con un elemento metallico”, spiegano i progettisti.

“Una sottostruttura in listelli di legno e un tavolato sempre in iroko, con la loro porosità, migliorano le prestazioni acustiche degli interni”. E se all’esterno le coperture tradizionali in coppi recuperati conservano il fascino degli edifici originali, in continuità con i soffitti interni, su entrambi i fronti principali si estendono degli ulteriori elementi di transizione tra dentro e fuori: le figure delle pergole che definiscono altri spazi riparati dai raggi solari.

“Abbiamo così ottenuto il risultato ricercato: una casa viva, che respira, come fosse parte del paesaggio con cui dialoga”, concludono Alvisi Kirimoto. In ogni stagione dell’anno, grazie alla domotica di ultima generazione che regola il riscaldamento a pavimento radiante, l’aria condizionata con fan coils integrati e l’illuminazione degli ambienti.

In copertina, la vista dell’architettura esterna: le terrazze belvedere delimitate  da muri curvi seguono l’orografia del terreno riprendendo il granito giallo di San Giacomo, leitmotiv dei prospetti e delle pareti interne, mentre il disegno del verde forma il tessuto connettivo del complesso.

Progetto di Alvisi Kirimoto; impresa 2C Ristrutturazioni.