Certo, questo modello abitativo, così chiamato in omaggio ai caratteri identitari del suo DNA (technology and clay / tecnologia e argilla) e anche in omaggio a una città immaginaria, descritta da Italo Calvino nel suo romanzo Le città invisibili come una “continua evoluzione urbana”, non risolverà i problemi della città o di una generazione.
“Ma può essere interessante soprattutto per i Paesi più in difficoltà, dove, anche sotto la spinta della crescita demografica, c’è necessità di nuovi spazi costruiti e non ci sono materie prime o risorse”, continua Cucinella. “Lì, invece di spedire dei container, delle lamiere di metallo o altro, sarebbe bello portare dell’innovazione tecnologica, cioè il meglio che sappiamo fare, inviando sul posto tecnologie, come può essere una stampante, con cui realizzare tutto. Il progetto alla fine è quello di trovare una modalità per creare un’empatia vera con il clima e con l’ambiente, perché è questo che detta le regole, impone la forma e il tipo di architettura: è una storia vecchia come il mondo”.