Un parco agricolo dove vivere: Michel Desvigne racconta Seimilano, il nuovo parco “da abitare” che nascerà nel 2024

Michel Desvigne, paesaggista francese di fama internazionale, è impegnato a Milano su diversi progetti: dall’area del Villaggio Olimpico dell’ex Scalo di Porta Romana al Parco Seimilano, il progetto di rigenerazione urbana che Borio Mangiarotti e Värde Partners stanno realizzando su un’area di 330.000 mq un tempo occupata dalla cava Calchi Taeggi.

Con la partenza dei lavori del Parco Seimilano, abbiamo chiesto a Michel Desvigne di guidarci nella sua poetica per immaginare questo nuovo parco cittadino, che sarà terminato entro la fine del 2024.

Dove sarà il Parco Seimilano? Nella zona tra via Calchi Taeggi e via Bisceglie e occuperà 160mila metri quadrati.

Qual è l’idea progettuale del parco Seimilano?

Sono da sempre affascinato dal contatto che la città di Milano ha con il territorio agricolo. Amo da sempre il dinamismo e la propensione alla modernità di questa città eppure non perde la contaminazione con la campagna.

Anche vista dall’aereo si nota il prezioso disegno tra città e paesaggio.

Nel territorio periferico dove si sviluppa Seimilano, abbiamo voluto riportare le geometrie dei terreni coltivati e le proporzioni create dalla gestione dell’acqua. Abbiamo voluto evocare la relazione tra agricoltura e città e restituire questo spirito del luogo all’interno del parco.

Affidarci all’immagine delle parcelle dei campi e alle loro geometrie ci ha anche permesso di sfruttare a nostro vantaggio un problema: la zona presenta profondità di terreno diverse dovute agli interventi di bonifica. Giocare con le forme del paesaggio agricolo ci ha dato modo di trovare un equilibrio estetico tra filari di alberi, camminamenti rialzati, siepi e spazi vuoti.

Ovviamente non riportiamo il paesaggio agricolo in scala ma ne riproduciamo una miniaturizzazione, una composizione a stanze dove sviluppare una grande flessibilità di usi e di modi di vivere il parco: dallo sport al riposo, dall’intimità creata con filari di alberi da frutto accanto alle abitazioni fino a dare la possibilità di passeggiare secondo combinazioni di percorsi che, grazie agli infiniti incroci tra sentieri e zone del parco, saranno sempre diversi come una città che offre miriadi di possibilità.

Come sarà il parco Seimilano?

Ciò che andiamo a realizzare è un parco giovane ma subito abitato e centrale all’interno del quartiere e della città di Milano.

È per questo che deve avere da subito una leggibilità: le specie che pianteremo sono riconoscibili, appartengono alla grammatica del luogo, così come le cornici e i filari di alberi.

Seppur giovani, riusciamo a fare un salto di immaginazione e vedere quel bosco cresciuto.

Questa visione era condivisa anche da Claudio De Albertis, uomo che stimavo molto e dalla grande sensibilità. Volevamo fare un parco che avesse una chiara impronta ecologica: ci saranno zone densamente piantumate e oltre 1 ettaro lasciato a gestione forestale, a questo si sommano le zone destinate a ospitare praterie lasciate selvatiche, fondamentali per garantire biodiversità e asilo a uccelli e insetti.

Questo è forse il paradosso di questo parco: in apparenza può sembrare semplice, con piante comuni, ma è il suo funzionamento complesso e la sua aderenza al territorio ad essere ricchi di significato.

Più che un parco è un manifesto su come progettare in aderenza al territorio. A volte capita che nell’architettura del paesaggio il momento in cui si inaugura il parco sia la fine della progettazione, qui sarà l’inizio della storia: avremo un parco che crescerà insieme ai suoi abitanti.

Tra gli elementi naturali presenti nel suo progetto l’acqua è centrale, può raccontarci qualcosa in più?

Come il paesaggio della pianura padana anche questo parco è estremamente marcato dalla gestione dell’acqua.

Non solo perché sorge su un deviatore del fiume olona che impediva le inondazioni cittadine e non solo perché mette in pratica sistemi di raccolta e riuso di acqua piovana.

L’innovazione del progetto si basa su sistemi geotermici che, grazie al recupero e alla canalizzazione delle acqua come volano termico, fungono da sistema di riscaldamento e raffrescamento sia delle abitazioni che del parco.

Si potrebbe dire che questo è un’isola climatica dove parco e quartiere sono progettati con la responsabilità di chi guarda al cambiamento climatico e ricerca nuovi prototipi di abitabilità, tra potenza tecnologica e poesia.

Da terreno inquinato a luogo abitativo e di ristoro, coma ci aiuta la natura ad esprimere questo cambiamento?

Quest’area era storicamente una cava e come spesso accade dopo lo sfruttamento delle risorse e l’abbandono, era diventata luogo dove buttare scarti e rifiuti.

È stato fatto un importante lavoro per salvaguardare il terreno e, soprattutto, le falde acquifere da percolati inquinati e ridare vita al territorio.

La natura interviene nel dare - o ridare - identità ai luoghi. L’idea di portare un pezzo di campagna in città non voleva essere un esercizio pittoresco, nell’arte dei giardini non occorre più ricreare nature artificiosamente come se si dipingesse un quadro.

Ormai abbiamo tutti viaggiato, visto paesaggi diversi, non ci aspettiamo una visione enciclopedica nella natura. L’obiettivo per me è creare paesaggi autentici e, per farlo, è leggere e interpretare ciò che è già presente nello spirito del luogo.

In questo mestiere molta dell’energia deve andare nel coltivare la sensibilità per comprendere l’identità dei luoghi.

Al Parco delle Cave in estate si possono vedere le lucciole. Ci sarà questa magia in SeiMilano?

Lo spero. Mi ricordo di un’estate in Toscana, una sera ero con Umberto Eco e altri amici. C'era una radura, un po' di nebbiolina e sono comparse le lucciole.

Per me hanno un sapore di estate in Italia. Questa è una magia che non si può disegnare a tavolino ma si può creare un progetto aperto al selvatico, sperando che la natura lo faccia suo.