Un viaggio tra le architetture della Costa Smeralda: tra i gioielli del passato e quelli del presente

C’è un luogo in Italia che, 60 anni fa, ha visto alcuni dei nomi più importanti dell’architettura internazionale dell’epoca riuniti per far nascere, dal nulla, borghi, alberghi, strade e ville. Creando un paesaggio architettonico unico, innovativo e rigorosamente in armonia con la natura circostante.

Parliamo della Costa Smeralda, quel lembo di Sardegna tra Monti di Mola, Liscia di Vacca, Porto Cervo, Cala di Volpe, Capriccioli e Romazzino, destinata a diventare conosciuta in tutto il mondo grazie alla bellezza unica del suo paesaggio, al lavoro di architetti e designer come Luigi Vietti, Jacques e Savin Couelle e Michele Busiri Vici, ma anche ai vip e al glamour di un’epoca ormai scomparsa.

Cosa è cambiato da allora? In occasione dei 60 anni dalla nascita del Consorzio voluto dall’Aga Khan siamo entrati in questo angolo esclusivo, prezioso e protetto per conoscerne meglio la storia e intercettare le nuove tendenze guidati da Paolo Costanzi, editore e direttore del magazine Coast.

Come è iniziata la storia architettonica della Costa Smeralda?

Jacques Couelle progetta il primo hotel, il Cala di Volpe, nel 1963. Lui caratterizza uno stile, ma a vagliare ogni nuovo intervento architettonico fin dall’inizio c’era un comitato di architetti di fama internazionale che ha individuato in uno stile modello di architettura 'organica', in armonia con l’ambiente circostante: gli stessi tetti irregolari delle case rurali sarde, volumi che dovevano quasi scomparire nella natura, confondersi - con le loro linee morbide e sinuose - tra le rocce e i cespugli di macchia mediterranea, e utilizzo di materiali locali.

Cioè ginepro, granito, cotto, ferro battuto. Istanze stilistiche e tecniche frutto di un lavoro di ricerca sul territorio fatto da un fotografo dell’entourage dell’Aga Khan mandato in giro per documentare gli stili locali.

Cosa hanno portato i singoli architetti e artisti che hanno lavorato in questa parte di Sardegna?

Uno scenografo geniale come Jacques Couelle ha lasciato i suoi tocchi tra finestre rotonde, pareti di “cotizzo” di Murano e volumi inconsueti. Un’impronta seguita dal figlio Savin. Busiri Vici, invece, faceva case che sembrano colate dentro i massi, stanze bianche con inserti in ceramica a colori molto vivaci mentre Luigi Vietti, che veniva dal mondo di Cortina, ha portò il suo stile più “veneziano” nella maggior parte degli edifici della prima Porto Cervo e di Porto Rotondo, località fondata dai conti veneziani Luigi e Nicolò Donà dalle Rose dove artisti come Ceroli, Cascella avrebbero lasciato opere come l’anfiteatro e la Chiesa di San Lorenzo.

Chi frequentava gli hotel e le prime ville costruite negli anni Sessanta-Settanta?

Greta Garbo, Margaret d’Inghilterra, Gianni Agnelli, Jacqueline Kennedy, Ringo Starr e re Juan Carlos venivano qui dalla Costa Azzurra per scappare dai paparazzi e trovare un po’ di privacy. La Sardegna era facile da raggiungere, c’era un piccolo aeroporto, la marina, e un clima rilassato, piacevole: potevi ritrovarti a bere il cappuccino accanto a una star e, magari, essere invitato alla sua festa.

È questa la Costa che, dal 1997 a oggi abbiamo raccontato nel nostro magazine, senza tralasciare di fare ponte con l’interno della Sardegna per far scoprire anche la cucina, l’artigianato, le tradizioni e i tanti differenti paesaggi che l’isola offre oltre la Costa Smeralda. E, da quest’anno, con il progetto Coast is Home racconteremo ancora di più le case e le nuove tendenze nell’architettura delle vacanze di una zona che ormai comprende anche Porto Rafael, Puntaldia, Porto Rotondo.

Le ville dunque come luogo della sperimentazione e dell’innovazione?

Se i borghi e i primi hotel rappresentano la memoria storica della Costa, è nelle ville che si vedono le novità. Oggi la parola d’ordine è: svecchiare secondo uno stile più lineare, minimalista e luminoso, come i dimostrano i progetti dello studio parigino dell’architetto Stefania Stera tra cui Villa La Grintosa ma anche quello, dello Studio Olivieri, della nuova sede della Cantina Surrau.

Compaiono quindi le ampie vetrate che portano l’interno verso l’esterno e viceversa, più acciaio e meno ferro battuto, la pietra viene lavorata per comporre ampie superfici regolari e l’artigianato sardo si mescola al design ai nuovi tessuti e ai nuovi colori. Cambiano anche i volumi interni: non più enormi sale e camere striminzite. Oggi gli spazi privati si ingrandiscono e si aprono sul mare e sulla natura con grandi vetrate e affacci strategici. E la casa, da luogo di socialità, diventa un’oasi di tranquillità, relax e meditazione.

Photo Credits: Tiziano Canu

Cover photo: Veduta aerea del Pevero