Progetto Gehry Partners
Foto di Iwan Baan, Marc Domage, Todd Eberle
(courtesy by Louis Vuitton), Matteo Vercelloni
Testo di Matteo Vercelloni

“Un sogno divenuto realtà”, secondo Bernard Arnault, Presidente della Fondazione Louis Vuitton e artefice dell’idea di questo nuovo centro delle arti affidato dal punto di vista architettonico alla gestualità di Frank Gehry che, ripercorrendo temi propri alla sua ricerca progettuale, dall’alto dei suoi 86 anni, ancora non rinuncia alla passione dell’inventare in piena libertà.

La Fondation Louis Vuitton è stata descritta come un veliero calato tra le chiome degli alti alberi del parco storico, ma è forse alla tradizione delle folies architettoniche che un tempo popolavano con acuto senso teatrale il palcoscenico del giardino paesaggistico che occorre ricondursi per capire l’effetto sorpresa e l’inserimento  nel contesto con cui si rapporta l’intera costruzione.

A cominciare dal limitrofo Jardin d’Acclimatation, creato nel 1860 dall’Imperatore Napoleone III e dall’Imperatrice Eugenia, primo giardino pubblico d’agrèment et de loisirs in Francia con sviluppi legati all’esibizione di fauna e flora, e il costituirsi poi di una vera e propria menagérie, cui in parte l’edificio della nuova Fondation LV si riconduce nel ricordare anche una grande voliera, ma in questo caso aperta verso il cielo, e nel custodire al suo interno – nel ristorante Le Frank del piano terreno – come in un acquario en plein air, dei grandi pesci volanti disegnati appositamente da Frank Gehry.

La Fondation è isolata nel parco e dal verde emerge con decisione, superando le chiome degli alberi e proponendosi come passeggiata sospesa sulle terrazze a vari livelli organizzate sopra i volumi degli “Iceberg”, elementi plastici che restituiscono nel paesaggio volumetrico organizzato sotto le vele vetrate il dinamismo delle coperture delle undici gallerie sottostanti. Composti da ben 19.000 pannelli di Ductal (fibra di cemento ultra ad alta prestazione) gli “Iceberg”, insieme alle grandi vele composte da più di 3.500 pannelli di vetro con rete metallica microforata interposta, formano i due layer sovrapposti della sintesi architettonica complessiva.

Ritroviamo qui il sapiente procedimento dadaista del collage, che supera almeno nell’immediato ogni semplice riferimento funzionale; rintracciamo la ‘visione sferica’ dell’edificio dove tutte le superfici sono in comune perché a contare, più che un fronte e un retro, sono le relazioni e le interpolazioni tra gli elementi e quanto si trasmette e si intromette tra loro.

Ancora, leggiamo l’idea dell’edificio-città capace di proporsi come percorso-scoperta e in questo caso di organizzare il racconto delle sale espositive, di accogliere opere site-specific come “Inside the orizon” di Olafur Eliasson che nel piano interrato affianca su un lato lo specchio d’acqua su cui poggia virtualmente l’intero edificio, rispecchiandosi e specchiando il suo intorno nella sequenza spezzata e ritmica dei pilastri allineati. O i colori delle tele di Ellsworth Kelly chiamate a caratterizzare l’auditorium affacciato sulla cascata, ulteriore omaggio alla tradizione del giardino ottocentesco disegnato da Alphand e da Barillet-Deschamps.

Descritta da Frank Gehry come un desiderio di “disegnare un magnifico vascello per Parigi in grado di simbolizzare la profonda tradizione culturale francese”, la Fondation LV – passibile di felici contaminazioni artistiche nelle intenzioni del suo creatore e basata sull’idea di progettare edifici non come creazioni statiche, ma dinamiche e mai finite – si sviluppa per una superficie di 11.000 mq. di cui 7.000 accessibili al pubblico.

Al suo interno, nell’epifania delle undici sale-gallerie, accoglie una collezione permanente di arte moderna e contemporanea, cui si affiancano esposizioni temporanee e l’apertura a concerti ed eventi musicali, che occuperanno molti momenti dell’auditorium. Particolare attenzione è stata rivolta anche ai temi della sostenibilità ottenendo il grado HQE (Haute Qualité Environnementale) nell’ottimizzazione delle performance energetiche dell’opera, nel recupero delle acque piovane, conservate e impiegate per il lavaggio delle dodici vele di vetro e per l’irrigazione delle zone a verde sulle terrazze da cui osservare, come dalla Tour Eiffel, il profilo della città.

Costruita in questa specifica zona del Bois de Boulogne, di cui Louis Vuitton detiene la concessione del Jardin d’Acclimatation sin dagli anni ’50, quando Marcel Boussac se ne riservò i diritti grazie ad un accordo tra pubblico e privato, la Fondation che si erge su terreno pubblico tornerà tra 55 anni nelle piene facoltà dell’Amministrazione cittadina che avrà così un nuovo museo per la città e una ormai sedimentata icona della Parigi del XXI secolo.

 

Matteo Vercelloni

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Vista della Fondation Louis Vuitton tra le alberature del Bois de Boulogne. L’architettura iconica e dal forte andamento dinamico è composta da due layer di riferimento sovrapposti: il sistema degli iceberg rivestiti da pannelli in curva di Ductal che formano il sistema delle undici gallerie e le dodici grandi vele di vetro fissate ai volumi con una complessa struttura mista di acciaio e legno lamellare. (foto Todd Eberle)
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Uno schizzo di Frank Gehry
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Vista della Fondation Louis Vuitton dalla cascata prospiciente. (foto Todd Eberle)
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Vista della Tour Eiffel da una delle terrazze in copertura (foto Matteo Vercelloni).
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Il sistema di ancoraggio delle vele vetrate alla struttura portante (foto Matteo Vercelloni).
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Il sistema di ancoraggio delle vele vetrate alla struttura portante (foto Matteo Vercelloni).
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Particolare di una scala interna (foto Matteo Vercelloni).
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In molti punti l’accostarsi delle vele di vetro incornicia brani e viste del paesaggio urbano dell’intorno.
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Inside the orizon di Olafur Eliasson, opera site-specific realizzata al piano interrato nel percorso che costeggia l’auditorium (foto Iwan Baan).
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I grandi pesci disegnati da Frank Gehry fluttuano nello spazio all’interno del ristorante Le Frank al piano terreno, gestito dallo chef Jean-Louis Nomicos (foto Matteo Vercelloni).
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Uno scorcio dell’auditorium principale a doppia altezza con l’intervento di Ellsworth Kelly; è dotato di 340 sedute su disegno di Frank Gehry prodotte da Poltrona Frau Contract (foto Marc Domage).
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Planimetrie del piano terra, della galleria al quinto livello e del livello terrazzato.