Nell'ingegnosa trasposizione architettonica, gli scultorei 'petali' della rosa sono diventati 539 dischi in cemento color sabbia di differenti diametri e curvature, alcuni verticali e altri orizzontali, che si intersecano tra loro a disegnare piani anche inclinati e angoli a sbalzo molto aggettanti; perfettamente in grado di modulare e mitigare gli effetti dell'incidenza dei raggi solari.
Un tutt'uno, architettonico, spaziale e sensoriale: la pelle dell'edificio, interrotta solo da poche finestre e aperture arretrate, è stata infatti realizzata in cemento rinforzato con fibra di vetro ad alte prestazioni, sia dentro che fuori. In un continuum anche di nuance: finiture neutre e monocromatiche, pavimenti in cemento lucidato, pareti in stuc-Pierre, un intonaco tradizionale che imita la pietra, soffitti in intonaco microporoso spruzzato su lana minerale, vetrate con telai a incasso a tamponamento degli interstizi vuoti tra i dischi, dove si crea una massa termica che riduce i carichi di raffreddamento.
Se l'ascolto di un luogo ha dato vita all'interpretazione in scala architettonica e sostenibile di un elemento del paesaggio locale, che produce sorpresa, tensione e dinamismo, il racconto espositivo del Museo ne ha degnamente raccolto la dimensione temporale.