A Chicago, lo studio romano Alvisi Kirimoto ridisegna il 32° piano di un grattacielo, proiettando all'interno dello spazio, destinato agli uffici direzionali di una nota società internazionale, la griglia urbana sottostante e le sue sorprese migliori, l'arte prima di tutto

Quando, nell'ex quartiere industriale di West Loop a Chicago, gli ascensori si aprono al 32° piano di un grattacielo di recente costruzione, dove su 1000 metri quadrati (dei 2570 complessivi) è esposta, in un percorso condiviso e integrato alla vita quotidiana, una collezione di opere d'arte contemporanea e orientale, insieme a reperti di archeologia, diventa subito chiaro che questo spazio ad alta quota destinato agli uffici direzionali di una grande società internazionale presenta peculiarità davvero uniche.

La più importante rimanda alla possibilità di lavorare sospesi tra le nuvole, immersi nella trasparenza di vetrate perimetrali terra-cielo – come vuole la tipica struttura curtain-wall dell'edificio alto 224 metri – che regalano suggestive viste del fiume poco distante e della griglia urbana sottostante, introiettate da una prospettiva diversa.

Flessibilità e trasparenza sono infatti le parole chiave che definiscono il layout dello spazio interno, progettato dagli architetti dello studio italo-giapponese Alvisi Kirimoto, di base a Roma dal 2002, in collaborazione con CannonDesign.


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Alvisi Kirimoto è uno studio internazionale che si occupa di architettura, urbanistica, design. Fondato da Massimo Alvisi e Junko Kirimoto nel 2002, si distingue per l'approccio sartoriale alla progettazone, l'uso sensibile della tecnologia e il controllo dello spazio a partire dalla manipolazione dei “fogli di carta”. Il dialogo con la natura, la rigenerazione urbana e l'attenzione ai temi sociali rendono i loro progetti unici nel panorama dell'architettura internazionale.

“Dalla struttura musicale del Blues, che appartiene alla cultura della città di Chicago, abbiamo ripreso il concetto di tension and release, compressione e sospensione spaziale. E grazie alla ragguardevole altezza di un soffitto di ben 3,60 metri, abbiamo immaginato uno schema narrativo che orchestra episodi di respiro e temperature differenti, privilegiando l'input degli assi visivi e del dialogo ininterrotto con la città”, raccontano Massimo Alvisi e Junko Kirimoto, alle spalle un importante percorso di formazione con Renzo Piano e Massimiliano Fuksas, e una cifra linguistica che mixa le loro differenti origini – occidente e oriente – con proporzioni sapientemente misurate e tocchi di poetica manualità artigianale.

La zona d'ingresso rende subito percepibili le due geografie ambientali che animano questo interno, contrapposte rispetto al blocco centrale dell'edificio che racchiude ascensori, impianti e servizi sullo sfondo di un perimetro vetrato continuo: da un lato la reception e dall’altro la playroom.

La reception introduce le funzioni più corali sviluppate lungo il fronte sud: la sala riunioni, il winter garden, i percorsi espositivi e la zona ristorante, mentre il retro orientato a nord costituisce il fondale della playroom, degli uffici privati e di altre aree comuni.

Questa articolata promenade, in cui tutto è studiato nel dettaglio, dagli scorci agli arredi su misura fino ai punti-luce, vive una dinamica relazione di pieni e di vuoti declinata con una puntuale palette materico-cromatica: pareti in legno naturale e partizioni vetrate a tutta altezza identificano le diverse isole di lavoro, mentre soffitti arancioni nella playroom, pannelli rossi sulle pareti grigie nel ristorante, carta da parati color ruggine nell'ingresso e un total white per le postazioni operative costituiscono il ritmo serrato di una partitura musicale che alterna elementi sospesi a imponenti oggetti scultorei poggiati a terra.

Ciascun ingrediente, caratterizzato da una propria compiuta separatezza, concorre a una chiara e armonica composizione di texture, superfici orizzontali e verticali. Fino al winter garden che rappresenta il cuore dell'intero progetto e l'elemento percettivo disrupting dell'insieme: un volume a doppia altezza destinato a spazio per la musica, l'arte, gli eventi, la meditazione e la lettura.

Una scatola nella scatola, vetrata e luminosa, foderata dentro e fuori, alle pareti e al soffitto, da un sistema di lamelle verticali lignee, sospese e sfalsate tra loro, realizzate con grande cura tecnica, che permettono di calibrare il grado di privacy degli scenari proposti all’interno e all’esterno dell'involucro, rendendosi protagoniste, a seconda dei punti di vista, di effetti di dissolvenza, opacità rarefatte e suggestioni sensoriali.

La mise-en-scène, definita dalla scultura in bambù appesa al soffitto, un'opera site-specific dell’artista giapponese Ueno Masao, e dal tavolo finito in lacca giapponese disegnato da Junko Kirimoto, diventa in questa cornice la cartina al tornasole dello spirito dell'intervento: una riduzione linguistica unita a una ricchezza e qualità di contenuti, dove la rispondenza a un programma funzionale ascende fino alla sfera più alta del distacco e della contemplazione. Oltre la mera necessità, l'atmosfera dilatata e rarefatta di una galleria d'arte.

Dalla struttura musicale del Blues, che appartiene alla cultura della città di Chicago, abbiamo ripreso il concetto di tension and release, compressione e sospensione spaziale. E grazie alla altezza di un soffitto di 3,60 metri, abbiamo immaginato uno schema narrativo che orchestra episodi di respiro e temperature differenti."

Progetto d'interior Alvisi Kirimoto - Local architect and executive architect CannonDesign
Foto Nic Lehoux / courtesy Alvisi Kirimoto studio