progetto di Arnaldo Pomodoro con Studio Architetti Giorgio e Luca Pedrotti
foto di Boutique Creativa
testo di Katrin Cosseta

“Questo progetto rappresenta per me un’esperienza completamente nuova perché si è trattato di fare un’opera che fosse allo stesso tempo architettonica e sculturale.

La tenuta è immersa in un ambiente naturale straordinariamente suggestivo che ricorda i paesaggi raffigurati nei quadri degli artisti del Rinascimento, che sono affini ai luoghi del Montefeltro dove io sono nato. Il mio intervento non doveva turbare la dolcezza di queste colline dove protagonisti sono i vigneti. Ho avuto l’idea di una forma che ricorda la tartaruga, simbolo di stabilità e longevità, che con il suo carapace rappresenta l’unione tra terra e cielo”. Così Arnaldo Pomodoro, Maestro della scultura contemporanea, racconta la genesi dell’opera, frutto di un lungo rapporto di amicizia con i committenti. La tenuta Castelbuono (30 ettari vitati nei comuni di Bevagna e Montefalco) è espressione del progetto della dinastia Lunelli, da tre generazioni alla guida delle Cantine Ferrari, di costruire alcune tenute al di là del Trentino, in cui creare vini fermi che condividano la stessa tensione all’eccellenza delle famose bollicine. E forte è stato il richiamo di una terra antica come l’Umbria e di un vitigno autoctono, il Sagrantino, unico per potenza e longevità, già citato da Plinio il Vecchio. Complice forse la suggestione culturale e naturalistica dei luoghi, la cantina è sorta, dopo ben sei anni di cantiere, come risultato di un’opera corale minuziosa, artigianale armonia di maestranze diverse, da bottega rinascimentale. Tant’è che non esistono (quasi) disegni tecnici ed esecutivi. Figurarsi rendering. Tutto è nato da uno schizzo, quasi leonardesco, in cui Pomodoro ha stilizzato l’idea della testuggine, poi tradotto in scultura-maquette in scala 1:20, progressivamente ingrandita – ogni dettaglio studiato nella sua espressione spaziale. Allo studio di architettura trentino Giorgio e Luca Pedrotti, il compito di mediare tra utopia artistica e concretezza funzionale, di tradurre gli elementi sculturali in termini costruttivi codificando questa architettura, letteralmente plasmata, nei canoni tecnici del progetto. Il carapace è una enorme cupola ovoidale di 2500 mc (il costolone centrale è lungo 35 metri) con struttura in legno lamellare. All’esterno, la cantina pare emergere dal terreno come un animale mitologico, la cui corazza in rame è spaccata da tagli che richiamano i solchi della terra e da cui sgorga materia, come lava incandescente in atto di solidificarsi. Un caposaldo del lessico artistico di Pomodoro, sempre teso alla ricerca del ‘dentro’ tramite la tormentata rottura della materia. Una saetta rossa che trafigge il terreno segnala l’opera, mimetica per profilo curvilineo che cita i dolci colli umbri e cromie terrose, nel paesaggio. L’interno è un trionfo di espressività plastica, con aggetti drammatici, nervature, forme dure e spigolose esaltate dall’intonachino materico in rame “per ottenere un riflesso profondo e calmo”. Riflesso acceso dal progetto illuminotecnico della light designer Barbara Balestrieri, realizzato da Osram con fonti led, che ha saputo coniugare le diverse esigenze di luce ambientale e di luce artistica, per esasperare ombre, lambire i segni scultorei, intepretare la poetica del Maestro. La frastagliata incombenza dell’interno del carapace (vi si svolgono le funzioni di accoglienza, esposizione, degustazione e vendita) è metafora in forma scultorea del carattere del Sagrantino: un vino dalla struttura importante, tannico, ruvido, potente e longevo. L’interno carico di tensioni si stempera nella bellezza del paesaggio circostante, di cui si gode una vista a 360 gradi. La cantina, per antonomasia luogo buio, umido e sotterraneo, per mano dell’artista è rivoluzionata da una tensione ascensionale rovesciata: più si scende nelle viscere della terra, più i colori diventano eterei, l’atmosfera leggera. Una scala elicoidale, concepita come un simbolico Zigurrat bordato in corten che racchiude una sala degustazione, conduce alla barricaia. Le pareti e il soffitto color azzurro cielo assimilano questo ambiente a una sorta di paradiso dove le botti sembrano fluttuare in una calma quasi mistica. Uno di quei luoghi che Jay McInerney, autore de I piaceri della cantina, definirebbe “santuario per pellegrini del palato, devoti edonisti in cerca della prossima rivelazione estatica”. Che qui è tanto sensuale quanto intellettuale.