Una casa che funziona bene come modello abitativo proatttivo perché può aprirsi e chiudersi alla bisogna in modo dinamico declinando stanze trasformabili, versatili e adattabili, in grado di accogliere incontri di lavoro e di studio con altri professionisti e pensatori concettuali, installazioni, rumorose feste di compleanno con tanti bambini ma anche isole riservate e personali. “In realtà, l’idea di una differente dimensione di domesticità e anche di un rallentamento dei ritmi della quotidianità che l’epoca covid ha reso molto critici ma anche votati a un’opportunità di crescita”, riconosce Luciana, “per noi era maturata prima che il virus, con i suoi drammatici risvolti, stravolgesse innegabilmente le abitudini e i confini di tutti, dal modo di abitare e lavorare a quello di viaggiare e relazionarsi con gli altri. Lo spartiacque positivo ha coinciso con l’arrivo di Virginia, a cavallo tra il 2015 e il 2016, che ci ha portato a ragionare meglio su certe dinamiche di cambiamento, anche rispetto al piano fagocitante dell’attività professionale con tutto ciò che gli gravita intorno, oneri e onori”.
Così il nuovo ‘ciak si gira’ tra interno, esterno, spazio, tempo, luogo, città e mondo si snoda ora attorno al grande tavolo rettangolare, il cuore simbolico della casa, tra una cucina ipertecnologica, una parete attrezzata che quando è chiusa diventa un armadio occultando le apparecchiature per gli esperimenti di arte culinaria dei designer e le altissime finestre che inquadrano la città del passato, del presente e del futuro. “Non è un interno grandissimo nella metratura, ma in base alle nostre esigenze funzionali l’abbiamo ottimizzato in ogni centimetro, prevedendo una zona notte organizzata con due camere da letto, una cabina armadio e un bagno, e ambienti comunicanti e multifunzionali nella parte giorno, dove il living può diventare una zona di lavoro oppure un ambiente più intimo per la lettura o per guardare la tv”, continua la progettista.