I materiali rappresentano un’intelligenza collettiva del progetto. In questo ultimo articolo, architetti e imprese italiane raccontano i materiali del futuro. Fra tradizione e innovazione. Sostenibilità, efficienza e durabilità ma anche bellezza, i paradigmi delle opere selezionate che declinano i grandi temi del nostro tempo: spazio e salute; economia circolare e ottimizzazione delle risorse; nuovi modelli dell’abitare. Oggi parliamo di materiali organici

Alessandro Melis / Heliopolis 21

Borboletta è un progetto transdisciplinare che riguarda l’integrazione tra architettura, microbiologia e biodiversità, finalizzato alla costruzione di un nuovo paradigma urbano inteso come ecosistema piuttosto che come artificio. Il team di ricerca, oltre a Heliopolis 21, comprende Eric Goldemberg / Monad Studio (anche per l’interazione sonora), Juhmur Gokchepinar, che ha coordinato l’integrazione tra architettura e microbiologia, Francesco Lipari / OFL, Jorge Cereghetti per la fabbricazione digitale. Hanno inoltre contribuito gli entomologi per l’allevamento dei grilli e i tecnici per il sistema Arduino. Nella versione che abbiamo presentato e che è stata premiata alla Biennale dell’Architettura di Buenos Aires (2019), Borboletta prevedeva alcune componenti materiche integrate: una struttura scultorea di supporto in legno realizzata con macchine CNC; delle sfere in acrilico (due per le biosfere destinate all’allevamento dei grilli e una per un serbatoio d’acqua) controllate da un sistema di feedback Arduino (umidità e suono); un prototipo di aperture in acrilico con sistema frangisole realizzato con funghi mucillaginosi (slime mold). Quest’ultima componente rappresenta la principale novità del progetto. Si tratta probabilmente della prima realizzazione di un infisso che utilizza, in modo simbiotico, le caratteristiche di espansione e contrazione di un organismo inteso come ‘materiale da costruzione’ vivente. Il sistema è stato realizzato senza rinunciare alle qualità estetiche che vengono ottenute, per esempio, attraverso la colorazione della nutrizione dell’organismo”.

Tiziana Monterisi

Indicati sia per ristrutturazioni che per nuove costruzioni, i due biointonaci da finitura RH420 e RH120, così come l’intera linea dei prodotti 100% naturali realizzati dalla start up Ricehouse, offrono un approccio sostenibile e innovativo al mondo dell’architettura e del design. Innanzitutto perché sono leggeri, altamente termici, traspiranti, sani, atossici, formaldeide free e 100% made in Italy, frutto di un’accurata ricerca e selezione delle migliori materie prime ottenute dagli scarti della produzione risicola. Poi perché, essendo biocompostabili e biodegradabili, una volta arrivati a fine vita, non andranno a impattare sull’ambiente, costituendo così un modello completo di economia circolare. Nello specifico, il biointonaco RH420 (utilizzato per la ristrutturazione dello showroom Porro presso lo spazio Duriniquindici a Milano, foto courtesy Porro in alto) è una miscela derivante da pula di riso proveniente esclusivamente da risaie italiane, argilla di primissima qualità, calce idraulica naturale e calce aerea in forma idrata, che può vantare una pigmentazione stabile grazie all’impiego di terre colorate naturali e polveri di marmo. Il risultato è un materiale 100% naturale con una notevole resistenza superficiale e un’elevata capacità di evaporazione dell’umidità presente nelle murature, che mantiene nell’ambiente una temperatura confortevole durante tutto l’anno. Il biointonaco RH120 (adottato già nella mia casa-studio ad Andorno Micca (BI), foto courtesy Tiziana Monterisi in basso) si ottiene invece miscelando il legante principe della storia dell’architettura, la calce aerea, con la lolla di riso, prodotto agricolo derivante dalla sbramatura del risone dopo la trebbiatura. Levigabile, è particolarmente indicato negli interni”.

Luca Compri / studio LCA architetti

Abbiamo progettato questa casa a Magnago (MI) pensando a un’architettura sostenibile, a un’abitazione costruita con materiali naturali provenienti da fonti rinnovabili: il legno per la parte strutturale, la paglia di riso e il sughero per l’isolamento dell’involucro esterno. Tutti riciclabili e a impatto zero. La scelta costruttiva nasce dalla volontà di recuperare in ambito edile elementi spesso utilizzati per altri scopi produttivi oppure scartati e ritenuti privi di qualsiasi utilità, reinterpretando materiali tipici della cultura contadina del luogo. La paglia di riso è il principale scarto della filiera alimentare del riso. Recentemente è stato riscoperto e riproposto il suo impiego anche in ambito edile attraverso il riuso della lolla e della pula quali leganti per la realizzazione di massetti, intonaci e finiture. Invece qui sono state utilizzate le balle di paglia che, inserite e costipate nella struttura a telaio di legno, fungono da perfetto isolante, dando ampie garanzie anche per la resistenza al fuoco e agli attacchi dei parassiti e degli insetti. Quanto al sughero, oltreché per le sue ottime proprietà isolanti, è stato scelto anche per la possibilità di lasciarlo a vista e per la sua lavorabilità, che consente di creare motivi liberi e tridimensionali a pantografo. La sua produzione, che si riconduce nello specifico al know-how di Tecnosugheri, attinge da sugherete controllate di alberi che rigenerano la propria corteccia all’incirca ogni dieci anni. Un altro plus della casa, i serramenti ad alte performance: sono di SMP Serramenti”.