Design Zaha Hadid Architects
Project director Gianluca Racana
Project architect Maurizio Meossi
Foto courtesy di Zaha Hadid Architects
Testo di Laura Ragazzola
I numeri: 45 mila metri quadrati di rivestimento in alluminio verniciato e legno, più di 2 milioni e mezzo di pezzi singoli assemblati in opera e realizzati in officina.
Ecco in sintesi le cifre record della tecnologica facciata che, come un abito su misura (solo il 12% degli elementi-puzzle ha una quantità superiore o uguale a 10 pezzi), riveste i sette nuovi edifici firmati da Zaha Hadid Architects per CityLife, progetto di riqualificazione urbana dell’ex polo fieristico (oggetto di una gara indetta nel 2004 da Fondazione Fiera Milano). Il cantiere delle “Residenze” di Zaha Hadid, avviato nel 2009, si è recentemente concluso con la consegna di 230 appartamenti. “La sfida è stata dialogare con volumi tra loro diversi (si passa dai cinque piani dell’immobile più basso ai quattordici della torre), riconoscibili come un organismo unitario e coerente”, spiega l’architetto Maurizio Meossi, lead architect dello studio di Zaha Hadid. “Attraverso un software di modellazione parametrica”, continua, “ci siamo inventati un catalogo di elementi che disposti in maniera diversa, alternata, propongono un risultato formale differente anche se poi i “mattoni” sono sempre gli stessi, noi li chiamiano celle di Dna a conferma del loro legame, diciamo, familiare”. Questo approccio progettuale, elemento cardine degli scultorei e fluidi volumi che caratterizzano l’architettura avanguardista di Zaha Hadid, ha richiesto in fase di produzione uno sforzo notevole. Come spiega l’ingegnere Davide Mangini, project manager di Permasteelisa Group, multinazionale italiana acquisita dal colosso industriale giapponese Lixil, che ha realizzato il rivestimento di facciata degli edifici milanesi. “Non ci sono prodotti di serie ma singoli elementi su disegno, customizzati, per poter assecondare al meglio le specifiche richieste dello studio Hadid. Su più di due milioni di pezzi, realizzati in Italia nella sede di Vittorio Veneto, il 60 per cento ha un codice singolo, caratterizzato da un’unicità produttiva. Il risultato è una facciata-puzzle che riveste come una pelle lo scheletro in calcestruzzo armato degli edifici. Uno schermo del tutto indipendente rispetto alla struttura interna che funziona come una sorta di sandwich tecnologico organizzato secondo tre diversi layers. Il reticolo in alluminio estruso, connesso ai solai in calcestruzzo, che contiene vetri e serramenti; il sistema oscurante avvolgibile realizzato in doghe di alluminio; il rivestimento ventilato opaco caratterizzato da pannelli in alluminio verniciato bianco, alternati a pannelli in cedro canadese”. La facciata si trasforma così nell’elemento protagonista e caratterizzante del progetto, diventando elemento strategico per sperimentare nuove forme, nuovi linguaggi e tecnologie d’avanguardia. E, in linea con il profilo ecologico di tutto il quartiere CityLife, impiega solo fonti di energia rinnovabile, fa proprie quelle soluzioni di ecoefficienza e di sostenibilità, che hanno garantito a tutte le residenze il raggiungimento della certificazione in Classe A e l’obiettivo ‘zero emissioni’.