Un lembo di pendio sollevato per “nascondervi” sotto il volume che ospita le attività di un’azienda vitivinicola. Nasce così, incastonata nel paesaggio di Soave, borgo medievale nel Veronese, la Cantina Leonildo Pieropan progettata dall’architetto Moreno Zurlo - A.c.M.e Studio

In un contesto agreste, non lontano dalle mura medievali e dal Castello di Soave, in Veneto, vigneti e territorio, paesaggio e architettura dialogano con naturalezza per confondersi, letteralmente.

Qui, ad aprile è stata inaugurata la Cantina Leonildo Pieropan, la terza azienda vitivinicola della famiglia Pieropan, che diventerà un polo operativo caratterizzato da un storia che affonda le sue radici nell’Ottocento e da una visione volta al futuro, allinnovazione e alla sostenibilità, affidata alla quarta generazione: Andrea e Dario, figli di Leonildo e Teresita.

Frutto di cinque anni di lavoro, la cantina, in parte ipogea, è un’opera architettonica di grande impatto scenico e al contempo mimetico che si propone come “strumento di lavoro”. È è stata concepita sia per produrre vino sia per accogliere gli eno-appassionati ed entrare in contatto diretto con la filosofia della famiglia Pieropan, fatta di passione e profonda conoscenza, pazienza e ricerca continua della massima qualità.

Un progetto frastagliato e mimetico

Fortemente voluto dal nipote del fondatore, l’omonimo Leonildo Pieropan, e a lui intitolata, il progetto della cantina poggia su un’idea forte e al tempo stesso semplice (in teoria, si intende): sollevare un lembo del pendio (oltre 60.000 mc) per nascondervi il grande volume necessario allo svolgimento dell’attività vitivinicola, così da rispettare l’ambiente, incastonandosi nel paesaggio che lo accoglie e protegge.

La struttura del manufatto architettonico si compone di lastre di cemento di 28 metri senza colonne portanti, mentre il soffitto sorregge un terreno alto due metri, sul quale è stato realizzato un inedito vigneto carrabile.

Il fronte multisfacettato

Progettata dall’architetto Moreno Zurlo di A.c.M. Studio, la struttura, in parte interrata, presenta un’unica, lunga e sinuosa facciata calcarea multisfaccettata, affine alle affascinanti strutture lapidee naturali tipiche del territorio e contraddistinta da giochi di luci e ombre.

L’andamento del fronte frastagliato in pietra calcarea visivamente pare una una balza del terreno che avvolge lo scarto altimetrico generato dal salto di quota tra la nuova copertura a verde, il lembo di terra sollevato e il declivio naturale del terreno.

I materiali di provenienza locale

La selezione dei materiali e delle finiture per la struttura e i rivestimenti degli ambienti interni della cantina è stata molto accurata: è il fil rouge che cuce tutte le componenti dellarchitettura, interna ed esterna, in ogni dettaglio.

Ottone, pietra naturale di Vicenza, trachite euganea, calce: tutti di provenienza locale per ridurre al minimo l’utilizzo di mezzi di trasporto inquinanti, tutti che mutano con e nel tempo, proprio come il vino che si produce all’interno. 

Simbiosi...

La struttura vive simbiosi con l’ambiente: si rivela funzionale e razionale nella distribuzione dei locali di lavorazione (appassimento, vinificazione, imbottigliamento, laboratorio, confezionamento, vendita) lungo il prospetto sinuoso verso valle, mentre quelli di affinamento, che non hanno bisogno di luce naturale, sono ipogei. Alla parte dedicata alla produzione, un’infilata di enormi ambienti efficienti e al tempo stesso eleganti nella loro essenzialità ricercata, sono state affiancate alcune strutture per l’accoglienza, sale meeting e degustazione, per assaporare la realtà vitivinicola a 360 gradi.

... e sostenibilità

Ogni aspetto della progettazione è innovativo e sviluppato in chiave sostenibile: dal sistema di recupero delle acque piovane, alla regolazione naturale delle temperature in ambiente ipogeo fino all’utilizzo di materiali a km quasi zero per limitare l’impatto sull’ambiente esterno, così da omaggiare il nobile attaccamento alle origini del territorio di Soave, un territorio dove “non vi è vino senza paesaggio, né paesaggio senza vigneti”.

La pietra di Vicenza

Per realizzare la peculiare, lunga e ritmica facciata, è stata scelta la pietra di Vicenza estratta e lavorata da Grassi Pietre nella sua declinazione in Giallo Dorato, con finitura spazzolata e spessore 3 cm. Le lastre di pietra, intercalate da grandi tagli verticali di vetro, sono state montate con una soluzione sostenibile a parete ventilata, in grado, grazie a una maestria invisibile, di reggere i pesi e gestire la complessità del disegno progettuale.

Lazienda veneta ha fornito 1.400 mq di rivestimento e 2300 pezzi circa di pietra diversi, distribuiti in colonne sfaccettate, tagliati con macchine a controllo numerico da dove non esce un pezzo uguale all’altro e dove ogni pezzo è customizzato anche in unottica di sicurezza.

Se da lontano la facciata sfaccettata appare monumentale, compatta e uniforme nella sua cromia tendente al giallo, da vicino, tra lievi sfumature di un colore neutro, quasi bianco, emergono coralli, conchiglie, alghe, gusci degli organismi marini che popolavano i mari della Pianura Padana di quaranta milioni di anni fa: presenze primordiali animano così la superficie irregolare. La pietra di Vicenza, infatti, viene cavata nei colli Berici dove ha avuto origine dalla sedimentazione di una barriera corallina presente milioni di anni fa in questa zona del Vicentino.

La protezione

Fila Solutions è stata interpellata da Grassi Pietre proprio per trattare le colonne in pietra di Vicenza che dettano il ritmo della facciata. Un materiale naturale, la pietra, che proprio come il vino vive le stagioni e si modifica nel tempo, richiede una cura adeguata. 

Per la pulizia preliminare si è scelto di utilizzare il detergente neutro ad effetto naturale Cleaner Pro. Su richiesta del committente, desideroso di conferire un effetto riflettente alla materia e proteggerla da eventuali macchie, le superfici sono state successivamente trattate con Wet.

Finiture naturali

Anche gli ambienti interni della cantina, impregnati di sentori viticoli inebrianti, sono stati rifiniti con materiali naturali, apportando una migliore qualità dell’aria. Cadenzati da una scala cromatica armonica e ponderata, nei rimandi come nei contrasti, gli spazi ariosi ed enfatizzati da giochi di luce donano una miscela benefica di emozioni sensoriali.

Come un santuario divino, a dominare il percorso della Cantina Pieropan sono le sale Calvarino e la Rocca, quest’ultima impreziosita da uninstallazione evocativa di sculture luminose firmate Catellani & Smith bronzee e dorate.

Evocazioni territoriali tattili

Il vocabolario dei materiali che definiscono l’architettura della cantina è tutt’uno con l’aspetto e le caratteristiche dei terreni coltivati circostanti. In questa visione organica del progetto, dove le scelte non sono mai prima estetiche, ma ispirate da analogie con quello che succede intorno in natura, si inseriscono coerentemente le finiture murarie realizzate da La Calce del Brenta per diverse zone, come ingresso, uffici e ricevimento degli ospiti. 

Le tonalità imperfette e vellutate

A base di calce, la finitura Contrasto evoca il cemento. Scelta nellintensa variante Tabacco 5082 e tinta a campione in tono beige dà vita a una superficie dallapproccio essenziale, eppur ricercato nella sua semplicità. Ma anche le tonalità più neutre possono diventare vibranti quando con il loro aspetto irregolare richiamano antiche memorie, mentre al tatto sono lisce: si accendono inaspettatamente della carica energetica propria di una materia nuova. Come la finitura Riva di Calce del Brenta, che, nella sofisticata tonalità Cashmere illumina le pareti di ingresso e uffici.