Camminare sulle uova è più semplice che parlare di architettura Net Zero. La confusione è tanta, a partire dai termini. I dati sono molti, confusi e non sempre coerenti fra di loro. E l’aspetto più complesso è la percezione generale della promessa implicita di semplicità quando si parla di architettura sostenibile. Mettiamoci l’anima in pace: non è così.
La strada per la transizione architettonica e urbana è molto lunga, complessa e francamente meno paradisiaca di quello che immaginiamo.
Chiarezza sulle parole: cosa significa Net Zero?
Net Zero nel settore building è una chimera. Una parola che piace e consola, ma non porta da nessuna parte la conversazione su come costruire e restaurare gli edifici per diminuire l’impatto. Lo spiega molto bene qui Mario Cucinella. Lo ribadisce qui Cino Zucchi.
Net Zero è una chimera perché è molto difficile, quasi impossibile, valutare il reale impatto del ciclo di vita di una qualsiasi costruzione, vecchia o nuova. Secondo il blog BIMhow (dove BIM sta per Building Information Modeling, la base digitale e ingegneristica dell’architettura contemporanea) il settore costruzioni contribuisce al 23% dell’inquinamento dell’aria, al 50% della crisi climatica, al 50% dei rifiuti in discarica, quindi non riciclati.
Sono dati peggiori di quelli comunicati da altri enti, ma sono verosimili. L’uso del BIM nelle opere architettoniche permette di controllare con alta precisione l’effettiva dispersione di risorse. Ma non è sufficiente. Perché il calcolo non tiene conto (non lo fa mai, in realtà) del fine vita.
Quindi ha senso parlare di architettura Net Zero?
L’idea di Nearly Zero Energy Buildings è più precisa e corrisponde a una realtà percorribile. Un edificio NZEB, preesistente o appena costruito, è pensato per non consumare energia e per alimentare le proprie funzioni con fonti rinnovabili. Non è semplice, ma è ormai imposto dalla legge nei paesi EU.
La palla quindi torna nel campo dell’architettura e, soprattutto dell’urbanistica. Perché le proiezioni del U.S Green Building Council dicono che entro il 2030 il settore dell’edilizia commerciale sarà più energivoro dell’1.8%. Non è una buona notizia e solo un’attenta pianificazione dei masterplan urbani può affrontare il tema della crisi climatica in modo impattante.
BIG LEAP: lo standard architettonico non è più la sezione aurea
Bjarke Ingels e il suo studio BIG LEAP (che sta per Landscape, Engineering, Architecture Planning and Products) hanno presentato a fine 2023 il masterplan di Gelephu, il nuovo centro economico e istituzionale del Bhutan.
Territorio minuscolo governato da un re severo che è riuscito, grazie a un apparato legislativo ad hoc e alle caratteristiche geografiche e sociali preesistenti, a fare del Bhutan l’unico paese ufficialmente carbon positive del mondo.
Definita la Mindfulness City, Gelephu si baserà sul concetto di Felicità Nazionale Lorda. Un termine coniato per descrivere l’impegno spirituale del Bhutan anche nella sua parte più istituzionale, che si concretizza in una visione di estremo rispetto per la natura, fra le altre cose. “Lo standard per un architetto contemporaneo”, spiega Bjarke Ingels, “non è più la sezione aurea ma i 17 principi dello sviluppo sostenibile dell’ONU”.
Il paradiso perduto del Bhutan
Va da sé che la nuova città, al cui progetto hanno collaborato anche Arup e Cistri, è ispirata all’architettura tradizionale bhutanese. Integrerà però gli obiettivi di carbon positivity. Nel complesso, la 'Mindfulness City' mira a promuovere la biodiversità dei suoi numerosi paesaggi Sarà un sistema di quartieri vivaci progettati per assomigliare a risaie e disposti intorno ai fiumi.
Facendo uso delle attuali infrastrutture agricole, si svilupperà in undici quartieri distinti con densità progressivamente mutevoli, tutti basati sui principi costruttivi del mandala.
L’affascinante e visionaria Gelephu nasce per essere, meglio ricordarlo, un'opportunità di sviluppo economico e sociale all’interno di un territorio sostanzialmente felice, ma di stampo medievale.
Un flagship store (quasi) net zero
Se Gelephu non è un’idea scalabile su qualsiasi megalopoli, è però la punta di diamante di un trend globale. Persino nella progettazione degli edifici a destinazione commerciale. Il negozio Ecoalf a Madrid, inaugurato nel 2022 e progettato da MVN Arquitectos, è uno dei nuovi NZEB retail che si è dato come obiettivo un’efficienza energetica carbon neutral. La committenza, un marchio di moda e lifestyle sostenibile, voleva un locale che esprimesse la filosofia no impact alla base di ogni sua attività.
Da MVN Arquitectos spiegano: “Sono stati installati un totale di 15 pannelli solari, per minimizzare il consumo di energia elettrica della rete generale. Il loro ciclo di vita è in media di 25 anni e impediscono che 2,95 tonnellate di CO2 entrino ogni anno nell'atmosfera. Realizzati in silicone, sono quasi completamente riciclabili”.
Durante la progettazione è stata effettuata un'analisi del ciclo di vita dei materiali, poi incorporata dinamicamente nella selezione di quelli in grado di raggiungere nel negozio l'equilibrio delle emissioni di CO2.
Foto di copertina: Mindfulness city, BIG Architects