"L’altro tema è la necessità: la zattera parla sempre di un bisogno di andare altrove, di scappare, di salvarsi. Di un progetto inevitabile, di una questione di vita o di morta. E noi in realtà oggi parliamo molto poco di necessità, come designer.
Abbiamo bisogno di farci invece domande urgenti: è corretto quello che sto facendo nei confronti dei clienti, delle persone, delle aziende? Quando mai oggi si parla di necessità?
A forza di farsi domande non possiamo che rallentare la produzione in modo spontaneo. Perché per rispondere all’imperativo etico richiede tempo. Vedo ancora una coda di iperattività in molti colleghi e in molta industria: personalmente preferisco campare mettendo tante attività insieme pur di fare pochi prodotti. La mia ideologia mi impone di non entrare in dinamiche contraddittorie rispetto a una visione che ho del mondo, non solo del mio lavoro”.
Parlare di progetto allora significa parlare della natura degli esseri umani?
Francesco Faccin: “Scrivere Zattere è stato come tirare una linea, dichiarare a che punto sono nella mia pratica e nella mia vita. Non è un esercizio astratto, ma legato a azioni quotidiane, a scelte personali.
Spero che sia un invito concreto a ricominciare a sporcarsi le mani, ad avere coraggio di vivere nel mondo reale, di solcare terra e mare per capire davvero le cose, con ostinazione.
Mentre lavoravo a Zattere con Sistemamanifesto abbiamo contattato tutti i “progettisti”, gli autori delle imprese raccontate, per chiedere il permesso di usare le loro storie e le loro immagini. Uno di loro era introvabile. Non ha risposto alle nostre mail per un anno.
Uno dei ragazzi allora si è messo in viaggio, è andato fisicamente a cercarlo, si è informato nei bar, ha parlato con le persone. Quando finalmente l’ha trovato lui era ovviamente ostile all’idea di finire in un libro. Ma il ragazzo l’ha convinto. Se non si fosse messo fisicamente in viaggio, con coraggio e testardaggine, non ci saremmo mai riusciti. È la stessa radice dell’attitudine con cui Werner Herzog ha lavorato ai suoi film, a volte ferendosi, a volte rischiando la vita.
Dietro a questo aneddoto c’è il richiamo insistente all’esplorazione. La zattera è un oggetto che mi fa sognare, che mi ricorda che viviamo in un pianeta selvaggio, in cui si parte e non si sa davvero se si arriva".